Sette donne in giunta - Lucia Borsellino (Sanità), Linda Vancheri (Attività produttive), Nelly Scilabra (Istruzione e formazione), Francesca Basilico D’Amelio (economia), Patrizia Valenti (Enti locali), Ester Bonafede (Famiglia e Lavoro). Era alle sette donne che si riferiva, annuciando il suo governo a “sette stelle” Rosario Crocetta?

E’ possibile che non fosse solo una battura, un modo per ribattere, senza confliggere, all’irruzione “inquietante” (per i partiti) del Movimento 5 Stelle. Che sia stato “pianificato” o meno, a questo punto, poco importa. Di sicuro c’è un fatto: Rosario Crocetta è nato con la camicia. La buona sorte non lo abbandona ormai da decenni. Ora si tratta di sapere se il vento favorevole è così forte e tenace da soffiare anche sulla Sicilia, che di fortuna ne ha un gran bisogno, oltre che di buone pratiche. Prendiamo atto del fatto che l’esecutivo siciliano è fatto di uomini e donne che non appartengono organicamente ad alcuno schieramento politico. Bene che vada, è possibile riconoscere la loro area politice e culturale. E qualche volta nemmeno quella, come nel caso di Antonino Zichichi, per fare un solo esempio. Prendiamo altresì atto che c’è una maggioranza di genere, più donne che uomini, che sulla carta non dovrebbe significare nulla, ma che pure rappresenta un indizio di straordinaria novità, a meno che non si ritenga che il genere non implichi diversità. E non è così. Una donna è una donna: ha comportamenti, pensieri propri. Su questo non ci piove. La “rottura” con il passato, di una preponderanza maschile in tutte le istituzioni e nel mondo dell’impresa e del lavoro, è inequivocabile. Che questo strappo sia arrivato dalla politica e dai partiti costituisce anch’esso un dato da non trascurare. Il ruolo di Rosario Crocetta in questo cambiamento è determinante, ma quello dei partiti non va derubricato: se si fossero messi sul serio di traverso, al governatore non sarebbe rimasto che prenderne atto o rovesciare il tavolo con conseguenze inimmaginabili. E invece è accaduto che sia nel Pd quanto nell’Udc sia prevalsa la necessità di lanciare segnali di “svolta”. E’ più facile mettere donne che uomini piuttosto che modificare i riti della politica, della burocrazia? Possibilmente sì, ma abbiamo l’obbligo morale di dare fiducia. In ogni caso, che sia facile mettere da parte i quadri dirigenti di un partito è tutto da vedere. Accreditare Crocetta, D’Alia e Lupo una volontà nuova è possibile senza per questo firmare cambiali in bianco. Le resistenze c’erano nei partiti e c’è chi ritiene che una scelta nel notabilato avrebbe prodotto più lacerazioni di quante ne provochi il mettere da parte tutti quanti. La prima conseguenza è che la scelta dei tecnici, con abiura finale di Raffaele Lombardo, è stata ripresa e resa ancora più marcata. Ciò vuol dire che fra il legislativo e l’esecutivo non ci sono “commistioni” diverse dalla normale dialettica istituzionale: il controllo dell’operato dell’esecutivo, attraverso l’attività ispettiva, e l’esame delle proposte legislative del governo, che godono, per consuetudine, di una corsia preferenziale non contemplata dai regolamenti interni dell’Ars. Nella prima settimana di dicembre il parlamento regionale riprenderà il suo lavoro con l’elezione degli organi interni – in pole position c’è Giovanni Ardizzone, Udc, deputato uscente e membro del consiglio di presidenza. Il governo delle donne dovrà misurarsi con l’Assemblea “senza rete”, non ha una maggioranza politica e deve guadagnarsi i galloni sul campo. E’ una scommessa. Difficile, ma non impossibile. Per ora godiamoci il fatto che qualcosa è cambiato e che la Sicilia è l’unica regione d’Italia ad avere dato una spallata al passato. L’abito è nuovo. Non fa il monaco, d’accordo, ma lascia sospettare che ne abbia voglia. Un poco di ottimismo non guasta, tanto che ci rimettiamo: più scuro di mezzanotte non può fare, no? (fonte: siciliainformazioni)