CITTADINI UE: “SÌ” AGLI AIUTI ALLO SVILUPPO BRUXELLES - Quasi nove cittadini UE su dieci sono favorevoli agli aiuti allo sviluppo: precisamente l’89%, con un aumento di quattro punti percentuali rispetto al 2014. Sono i nuovi dati di Eurobarometro,

da cui emerge che per più della metà dei cittadini europei l’UE deve garantire i livelli di aiuto promessi; la proposta di fornire più aiuti di quelli annunciati raccoglie, invece, il favore del 68% dei cittadini.
A presentarli oggi è stato il Commissario UE per la cooperazione internazionale e lo sviluppo, Neven Mimica.
I dati mostrano che la vasta maggioranza degli europei ha un atteggiamento positivo verso i benefici della cooperazione internazionale e dello sviluppo. Quasi tre quarti dei partecipanti al sondaggio concorda sul fatto che l’aiuto allo sviluppo sia un modo efficace per contrastare l’immigrazione irregolare (il 73%), mentre l’80% degli europei ritiene che lo sviluppo sia diretto interesse dell’Unione europea.
Per Mimica i risultati dell’Eurobarometro “dimostrano chiaramente che i cittadini UE conoscono il valore e l’importanza della attività dell’UE in materia di cooperazione internazionale e sviluppo. Quasi nove intervistati su dieci ritengono che aiutare i paesi in via di sviluppo sia importante, mentre più di sette su dieci convengono sul fatto che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo abbia un impatto positivo sui cittadini dell’UE. In un momento in cui l’Europa è chiamata a dimostrare la propria importanza per la vita dei suoi cittadini, dobbiamo cogliere questa opportunità, evidenziando i risultati di ciò che facciamo e il loro impatto sul terreno, richiamando l’attenzione sulla differenza che comportano per la vita delle persone e sui vantaggi che apportano ai valori e agli interessi dell’Europa”.
L’indagine si è svolta verso la fine del 2015, ovvero dell’Anno europeo per lo sviluppo.
Uno degli obiettivi dell’Anno europeo per lo sviluppo era proprio rafforzare la consapevolezza dei cittadini su come funzionano gli aiuti allo sviluppo dell’UE e per cosa vengano spesi i fondi. L’indagine dimostra che la campagna ha prodotto i risultati attesi: quasi una persone interrogata su cinque era infatti a conoscenza del fatto che il 2015 era l’Anno europeo per lo sviluppo (con un aumento del 50% circa rispetto ai risultati del 2014).
Principali risultati del sondaggio speciale Eurobarometro sullo sviluppo
In base ai risultati vi è un aumento della percentuale di cittadini secondo i quali la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere una delle principali priorità dell’Unione europea (69%, con un aumento di cinque punti percentuali,) e dei governi nazionali (50%, con un aumento di cinque punti percentuali).
Quasi sette intervistati su dieci si dichiarano a favore di un aumento degli aiuti allo sviluppo erogati dall’UE (68%), con una percentuale più elevata rispetto agli ultimi anni.
I cittadini dell’Unione ritengono poi che la pace e la sicurezza nei paesi in via di sviluppo rappresentino la sfida più importante dell’anno per lo sviluppo e la cooperazione (41%): probabilmente proprio perché la pace e la sicurezza possono essere considerate fattori chiave per affrontare alle radici il problema della migrazione irregolare. Al secondo posto vengono citate la sanità e l’istruzione (entrambe al 34%).
Oltre un terzo degli europei ha peraltro sentito parlare o letto qualcosa sugli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile (36%). Nell’indagine “Eurobarometro” del 2013 erano invece appena il 22% i cittadini che dichiaravano di aver sentito parlare degli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM). (aise) 

GENTILONI AL QUOTIDIANO TEDESCO "HANDELSBLATT": L’EUROPA È SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO

ROMA - "Il Ministero degli Esteri a Roma è un enorme palazzo bianco, con 1.300 stanze. Nello Studio del Ministro, le alti pareti bianche lasciano ampio spazio all’arte moderna. Gentiloni, esperto di comunicazione, ci pensa un po’ ma poi risponde all’intervista in modo diretto, pronto per la stampa". Al centro del colloquio del ministro Paolo Gentiloni con il quotidiano di Dusseldorf "Handelsblatt" soprattutto il futuro dell’Europa e la crisi dei migranti che l’ha investita. 

Di seguito il testo integrale dell’intervista.
D. Signor ministro, l’Unione Europea ha rinviato il tema dell’emergenza migratoria al prossimo vertice. L’Austria chiude le frontiere. È uno sviluppo preoccupante?
R. L’Europa è sull’orlo del precipizio. Mi auguro che non ci siano decisioni drastiche e irreversibili. Nelle ultime settimane ci sono stati maggiori controlli alle frontiere, ma sono ancora compatibili con le regole di Schengen. Una chiusura vera e propria avrebbe conseguenze e porterebbe ad una reazione a catena in diversi Paesi dei Balcani occidentali. Comprendiamo le difficoltà di Paesi come l’Austria, ma la risposta deve essere europea, non unilaterale.
D. La reazione a catena già si delinea, l’Ungheria per esempio vuole far votare sulle quote e se si guarda ad Atene…
R. Ho trovato singolare il fatto che alcuni giorni fa si siano riuniti a Vienna una serie di Paesi per parlare dei problemi della Grecia, in assenza della Grecia. Naturalmente Atene deve fare il possibile per la registrazione dei migranti, ma la situazione di quel Paese è la dimostrazione del fatto che le attuali regole europee dell’accordo di Dublino vanno aggiornate. Secondo queste regole la Grecia, che l’anno scorso ha accolto 850.000 migranti, avrebbe dovuto non solo registrarli – cosa fattibile – ma anche ospitare tutti coloro che avevano diritto all’asilo e ripatriare tutti gli altri. È irrealistico pensare che la Grecia possa farlo da sola. La geografia non può essere il fattore decisivo.
D. Quindi in sintesi salvare Schengen e cambiare Dublino?
R. Sì. Perché senza la libera circolazione non c’è il mercato unico. E su questo Italia e Germania sono concordi.
D. Ma come dovrebbe essere aggiornato esattamente l’Accordo di Dublino? Con nuovi contingenti?
R. I Paesi di primo approdo potrebbero assumersi la responsabilità della registrazione. Tutto il resto – dalla sorveglianza delle frontiere esterne al contrasto dei trafficanti, dall’accoglienza dei rifugiati al rimpatrio di chi non ha diritto all’asilo alle regole stesse dell’asilo - deve essere condiviso a livello europeo.
D. Lei teme nuove reazioni xenofobe?
R. Non bisogna illudere le persone e dire loro che il problema sarà risolto, ma bisogna invece lavorare affinché sia gestibile: controllare i flussi e limitarli – e ciò è possibile – e trovare una modalità comune di gestione europea. Se le due cose funzionano, una regione ricca come l’UE con centinaia di milioni di abitanti può ospitare centinaia di migliaia di migranti e richiedenti asilo.
D. Lampedusa. L’Italia ha una grande esperienza con i rifugiati. Si può prevedere una fine?
R. La crisi dei rifugiati non è nata nell’agosto 2015 e non finirà tra due mesi. È un fenomeno che durerà per una intera generazione, anche se con flussi ridotti e meglio organizzati.
D. Come andrà avanti con l’Europa?
R. È inevitabile andare verso una maggiore integrazione trai Paesi che sono disponibili e non saranno tutti i 28. Ci sarà un’Europa a cerchi concentrici. Alcuni Paesi puntano solo al Mercato Unico e non sono interessati all’unione bancaria o ad una politica estera comune. Ma chi vuole un’Europa integrata non può farsi fermare da quelli che non vogliono partecipare. L’Italia dice: per primo, dare slancio all’integrazione e, secondo, il motore di questo gruppo di Paesi non può essere costituito solo dall’Eurogruppo, dalle finanze. Deve essere recuperata la dimensione politica e culturale.
D. Il premier Matteo Renzi ha parlato di un allargamento dell’UE, menzionando Albania, Serbia, Montenegro. E la Turchia?
R. Con questi Paesi ci sono già negoziati in corso, ma il processo è molto lento. In particolare nei Balcani la prospettiva di adesione all’UE tiene insieme la società. Se ci sta la Croazia perché in futuro non l’Albania? Dobbiamo dar una speranza ai Paesi.
D. Come è la sua visione per l’Europa?
R. Dobbiamo evitare una "tempesta perfetta" tra le tre minacce del Brexit, della crisi migratoria e della stagnazione economica e dunque di una crescita debole. L’unica soluzione sta nella gestione comune della crisi migratoria. E per questo l’Italia chiede un cambiamento della politica economica che si allontani dall’austerità". (aise) 

3 Marzo: incontro dei volontari del Servizio Civile Nazionale con il Presidente Mattarella

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrerà il 3 marzo alle ore 18.15 al Quirinale i volontari del Servizio Civile Nazionale, in occasione del 15° anniversario della sua istituzione. E' prevista la partecipazione di oltre 200 volontari che stanno svolgendo l'anno di Servizio Civile Nazionale.

L'appuntamento, promosso dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituirà l'occasione per presentare il bilancio delle attività realizzate e i risultati ottenuti fino ad oggi e anche per illustrare le prospettive per il futuro.

Saranno presenti rappresentanti delle istituzioni e degli enti di servizio civile.

Durante l'incontro sarà presentato, in anteprima, il nuovo spot del Servizio civile nazionale per la campagna istituzionale Bando 2016. (Ufficio Stampa)

Dal 1° marzo aperta al pubblico la mostra "Il Palazzo del Quirinale: suggestioni d'autore"

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inaugurato al Palazzo del Quirinale la mostra fotografica di Massimo Listri "Il Palazzo del Quirinale: suggestioni d'autore" che sarà aperta al pubblico nella Sala di Augusto da martedì 1° marzo a venerdì 15 marzo 2016.

La mostra espone dieci fotografie tratte dal volume "Il Quirinale", edito dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, che oggi è stato presentato dal Presidente dell'Istituto, Franco Gallo e dal direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci.

L'ingresso alla mostra è gratuito. Occorre prenotarsi con le seguenti modalità: on line, tramite Call center, tel. 06 39.96.75.57, o presso l'Infopoint, salita di Montecavallo 15a.
L'orario di accesso è dalle 9.20 alle 16.00 (ultimo ingresso ore 15.20). (Ufficio Stampa)