Altri cenotafi sono stati ritrovati nelle contrade "Porco Spino" e "Birriggiolo". Con l'avvento dei greci provenienti da Agrigento il territorio fu ellenizzato infatti dai ritrovamenti archeologici sono emersi alla luce elementi appartenenti a cascine dell' età ellenica. I Romani prima e i Bizantini poi vi approdarono cosicché le fattorie si immiserirono per cui i popoli si diradarono e quando la sicilia fu conquistata dagli arabi, questi si imbatterono in un luogo disabitato e trascurato perciò lo chiamarono Rahal-Met cioè "casale abbandonato". Dopo che i Normanni conquistarono la terra siciliana, essa venne spartita e donata dal Gran Conte Ruggero a discendenti e a quei cavalieri distintisi in battaglia. A Piazza Armerina, insieme a Butera e ai casali di Mazzarino e Garsiliato, fu conferita la potestà territoriale di Riesi poi concessa ad Enrico Aleramico. Nel 1296 Giacomo II di Aragona concesse i feudi di Riesi e Cipolla a Federico di Moac, per poi affidare nel 1300 la loro proprietà a Francesco Ventimiglia, dopo a Ludovico d'Aragona, Palmerio de Caro e ritornare nuovamente al casato dei Ventimiglia. Giovanni Roys de Calcena, cancelliere di re Ferdinando, che aveva ottenuta il territorio di Riesi e Cipolla dalla moglie Giovanna Eleonora Castellar e Ventimiglia nel 1513, acquisì la "licentia populandi" dal sovrano assieme al "mero e misto impero", anche se egli non rivendicò mai questo diritto poiché non si recò mai in Sicilia ad assumere possesso delle sue terre. Riesi, pertanto, rimase inalterata, continuò ad essere quel piccolo borgo di contadini, per la maggior parte stagionali, e coloni che si insediarono tra i piedi del "Monte Veronica" e la "Capreria". Tuttavia, questo tentativo di popolare Riesi da parte dei coloni si rivelò fallimentare perché i terreni erano paludosi e inoltre mancava la presenza di un castello che provvedesse a difendere il villaggio dai continui saccheggi dei briganti. Il paese rimase quindi disabitato per circa un secolo finché, tramite una molteplicità di passaggi il feudo, a Pietro sopraggiunse Altariva il quale decise di farlo riabitare. Questa decisione era suggerita dai privilegi politici che un nobile acquisiva nel momento in cui faceva nascere un nuovo paese con più di ottanta famiglie. Risiedendo in Spagna, Altariva gestì le sue terre siciliane attraverso un amministratore e un sostituto. Il curatore Pietro Gil stabilitosi a Caltanissetta, rimase al servizio di Altariva solo un biennio; nello stesso tempo Cristoforo Benenati, in un primo momento colui che faceva le veci del Gil per la stipula di contratti, successivamente fu designato procuratore generale ed è grazie a lui e al suo spirito di iniziativa se il signore di Riesi riuscì a deliberare nel 1647 la licenza di popolamento del feudo concessa a Giovanni Roys 134 anni prima, rendendola esecutiva. Il nuovo casale non sorse nello stesso punto dove era nato nel 1513 perché l'insediamento colonico si distanziò dalla palude. Le prime case furono costruite al "canale" e si estesero di fronte il Monte veronica fino a un punto chiamato "Pietra-piatta". Da quel momento in poi diversi contadini, artigiani e burocrati dei vicini paesi di Butera, Mazzarino e Pietraperzia cominciarono a trasferirsi nel nascente paese. Ad appena due anni dalla sua fondazione, nel 1649 Riesi passò di proprietà a Beatrice, figlia di Pietro Altariva e consorte di Diego Moncajo. Il paese assunse un nuovo nome: Altariva, per volontà di Beatrice, in onore del padre, nome che detense fino al 1700, anno in cui prese di nuovo l'antico nome. Nel 1700 in Sicilia si verificarono una serie di tristi avvenimenti bellici che però non si fecero sentire a riesi che continuò la sua regolare crescita. Nel 1714 Riesi passò al demanio del re; invece nel 1777 si trovò sotto il dominio della signoria di Luigi Maria Pignatelli e Consaga. L'ultimo barone ad essere investito del territorio di Riesi fu Giovanni Ermando. Nel 1812, con la nuova costituzione, venne abolito il sistema feudale in Sicilia. Nel 1819 comparve per la prima volta la figura del sindaco aiutato nell'amministrazione del paese dai primi due eletti. I moti rivoluzionari del 1820 e del 1848, che recarono gravi danni alla Sicilia, incocciarono i cittadini riesini preparati a lottare per la causa siciliana e parteciparono alla lotta antiborbonica seguendo gli ideali del risorgimento italiano. Il XIX secolo, portò non solo alle rivoluzioni, ma anche malattie quali colera, tifo, carestie, febbre petecchiale che determinarono la morte di parecchi cittadini. A queste piaghe si aggiunsero anche la disoccupazione e la fame. I generi alimentari diminuirono e il carovita aumentò vertiginosamente, tanto che fu necessario istituire nel 1886 il monte frumentario per attenuare le sofferenze dei cittadini più bisognosi. Nel 1879 la fillossera devastò per intero i vigneti causando nuovi inconvenienti alla già debole economia riesina. La situazione parse peggiorata per quegli agricoltori che, non potendo adempiere al pagamento delle tasse, furono privati dei loro terreni, confiscati dallo Stato, e per gli zolfatai che con il loro stipendio esiguo non erano in grado di sfamare le famiglie; gli animi esasperati erano pronti a tutto. Nel 1893 vennero fondati i Fasci siciliani a cui presero parte contadini, braccianti, zolfatai che riuscirono a reclamare i loro diritti ottenendo condizioni di lavoro più umane e retribuzioni adeguate. Gli inizi del secolo XX furono pervasi da altri gravi episodi: nel luglio del 1914 un assembramento di fanatici mise in atto un tentativo di ribellione e proclamarono la "Repubblica di Riesi" che però terminò nel giro di un paio di giorni poiché l'ordine pubblico fu tempestivamente ripristinato. L'8 ottobre 1919 accadde un altro triste fatto, quando i contadini, stufi dei soprusi, si radunarono per scioperare occupando le terre dei latifondi e gridando: "la terra ai contadini", però pure questa rivolta, culminata con la morte di dodici riesini, fu presto repressa. Anni dopo il paese fu travolto dall'avvento del fascismo e dalla seconda guerra mondiale, mentre dal 1946 fu istituito il concorso del sindaco, valido ancora oggi. Fino agli anni ottanta molti degli abitanti della città lavoravano nelle vicine miniere di zolfo di Trabbia e Tallarita. I proprietari sfruttarono molto la popolazione impoverita. Molte famiglie per sopravvivere furono costrette a mandare i loro figli a lavorare in miniera, che era ad un'ora di cammino dal paese. Entrando nella città si vede un grande monumento che ricorda la sofferenza dei minatori. Nel 1961 il pastore valdese Tullio Vinay fondò il Servizio Cristiano per combattere la povertà . All'inizio, lo scopo principale era promuovere l'alfabetizzazione tra bambini e adolescenti, poi si aggiunse quello di favorire l'agricoltura e la formazione. Oggi la Chiesa Valdese gestisce un asilo nido, una scuola elementare, una pensione, un consultorio familiare e una piccola fattoria.[1]