dell'antichissima nobile famiglia catalana, trasferita in Sicilia dai fratelli Giovanni ed Olivero del Termes nel 1209. Il giovane barone volendo seguire l'esempio del suo illustre antenato Bernardino III Termini e Ferreri, fondatore di Calamonaci, sin dal 20 settembre 1628 aveva chiesto al Viceré di Sicilia, il permesso di fondare il Comune nelle terre della sua baronia.
Francesco Fernandez de la Cueva, duca di Albuquerque, Viceré di Filippo IV Re di Spagna, con provvedimento del 9 febbraio 1629, concesse a Gian Vincenzo Maria Termini e Ferreri la licenza di popolare la sua baronia, il permesso cioè di fondare il Comune. In data 10 ottobre 1629, con diploma rilasciato dal Re Filippo IV di Spagna, reso esecutivo con provvedimento vicereale del 25 febbraio 1630, Gian Vincenzo Maria Termini e Ferreri, venne insignito “ dell'eccelso titolo di Principe di Casteltermini” . Con questo titolo Gian Vincenzo, divenne il 33º principe siciliano. Questo titolo gli conferiva il diritto di sedere fra il braccio militare del siculo parlamento. Ottenuta la “ Licentia populandi”, cioè l'autorizzazione a potere popolare e contemporaneamente costruire il paese, il barone Termini, scelse come luogo da edificare e successivamente ampliare il paese, il posto un tempo occupato dall'antichissimo casale arabo di nome Chidia, casale che esistette nella parte più elevata dell'odierno abitato di Casteltermini e precisamente “ sutta lu Cravaniu”. Fu dunque dalla parte più alta della zona prescelta e poi giù a scendere verso la parte meridionale che cominciò a sorgere e crescere il paese. I primi abitanti del paese, furono i coloni che abitavano già nei vecchi casali arabi che circondavano il territorio e le genti dei vicini centri di Mussomeli, Sutera, Cammarata e Campofranco. Per meglio assicurare la serietà delle sue promesse volle che i patti che avrebbero regolato i rapporti tra il signore ed i vassalli e cioè tra il Barone e gli abitanti del paese, venissero stabiliti e fissati in un atto pubblico, come in una legge. E così il 5 aprile 1629, giorno sacro a San Vincenzo Ferreri, appartenente alla stessa antica famiglia del barone, della nobile casa Ferreri di Valenza, che poi egli scelse a protettore di Casteltermini, Il barone riunì i maggiorenti del paese e alla presenza del notaio Pietro Chiarelli da Sutera, sottoscrissero il “ Capitoli della Terra”, concedendo così delle condizioni vantaggiose ai nuovi abitanti, tant'è che furono molti i coloni delle terre vicine che trovarono molto più vantaggiose le condizioni imposte dal barone Termini che non quelle alle quali erano assoggettate.
Casteltermin per i primi anni della sua fondazione fu retta dai Segreti Baronali, nel febbraio del 1812, il Parlamento Siciliano, con la Costituzione che veniva concessa alla Sicilia, abolì le leggi feudali e quindi la feudalità, le giurisdizioni baronali, i privilegi del “ mero e misto imperio”. Nella seduta del 9 febbraio 1813, il Parlamento Siciliano approvò inoltre, la parte della Costituzione riguardante le Amministrazioni Comunali, che tra l'altro prevedeva che il popolo, per la prima volta, doveva essere chiamato ad eleggere i suoi amministratori. E così il 1º settembre del 1818, gli abitanti di Casteltermini eleggono il loro primo sindaco che fu Don Francesco Frangiamore.
Il paese ebbe il suo periodo di massimo sviluppo nella seconda metà dell'ottocento grazie alla presenza di numerose miniere di zolfo (Cozzo Disi), Roveto, Scironello, Mandravecchia e diverse altre).
Società
Evoluzione demografica
La città di Casteltermini, al censimento del 1861 contava una popolazione di 7549 abitanti. Con il passare degli anni, dato lo sviluppo dell’industria mineraria, la popolazione andò aumentando fino ad arrivare a 17116 abitanti al censimento del 1921. Dopo il primo conflitto mondiale, si riaprirono le vie dell’emigrazione e si ebbe il primo grande esodo legato al primo dopoguerra, quando la gente in massa partiva per le Americhe sia quella del Nord (USA) che quelle Latine (Argentina, Cile, Brasile ecc.)
Dopo un effimero aumento riscontrato nel censimento del 1951, dovuto alla ripresa dell’attività mineraria, la popolazione riprese a decrescere a causa dell’emigrazione di massa legato al secondo dopo guerra, al boom economico degli anni 60 che determinò lo spostamente di masse ingenti verso il triandolo industriale del Nord Italia e verso i paesi europei. Una numerosissima comunità di castelterminesi si trova in Belgio nella zona di La Louviere e comuni limitrofi.
Al censimento del 2011, Casteltermini conta una popolazione di 8422 abitanti, tornando ai livelli del censimento del 1871.
Tradizioni e folclore
Festa di Santa Croce
La festa di Santa Croce o sagra del Tataratà, è una festa che si svolge, da più di 300 anni, la quarta domenica di maggio. La festa ricorda il ritrovamento di una monumentale croce in legno, che secondo degli studi effettuati a Pisa negli anni settanta, con il metodo del Carbonio 14, risulta essere risalente al 72 d.C., e dunque agli albori del Cristianesimo.
Nella forma attuale i festeggiamenti nacquero nel 1667. Anteriormente a tale data, fin da quando fu trovata la croce, il 3 maggio di ogni anno, nella ricorrenza in cui la Chiesa celebrava l'invenzione della Croce di Cristo, all'eremo di Santa Croce si svolgeva una festa campestre alla quale accorrevano fedeli e devoti di tutte le terre vicine. Ma dopo la fondazione di Casteltermini, avvenuta nel 1629, gli abitanti credettero opportuno celebrare la festa in paese con la partecipazione di tutti, coinvolgendo i diversi ceti sociali del nuovo centro. Così le varie corporazioni paesane (i cosiddetti Ceti) organizzarono la nuova festa e stabilirono una di esse, quella delle Maestranze, la sera della vigilia si recasse all'eremo a prelevare la Croce con una processione che, data la distanza dal paese, doveva svolgersi necessariamente a cavallo, e che l'indomani, a festa conclusa, le altre corporazioni riaccompagnassero la Croce all'Eremo con un'altra sontuosa cavalcata.
L'altra denominazione, sagra del Tataratà, invece richiama una danza armata risalente, secondo alcune ipotesi di diversi studiosi, al periodo di dominazione islamica dell'isola. La festa ha la durata di 3 giorni, accompagnata da manifestazioni collaterali, in tutto il mese di maggio.
Settimana santa
La settimana santa inizia con la domenica delle Palme. Il giovedì Santo i fedeli in tutte le chiese preparano i “Sepolcri”, ponendo fiori e piatti colmi di germogli di grano color giallo pallido che simbolicamente presentano al Signore in atto di omaggio, affinché i contadini ricevano la benedizione e ricavino un buon raccolto. Nel primo pomeriggio del venerdì, viene condotto per le strade del paese Gesù Nazareno. Lungo il percorso che porta nella piazza principale, viene rievocata la Via Crucis. Successivamente le statue della Madonna Addolorata, Maria Maddalena, la Veronica e san Giovanni Apostolo, in processione con le confraternite, si dirigono verso la chiesa del Calvario dove viene rievocata la crocifissione di Gesù Cristo, con sentita e commossa partecipazione di tutti i presenti. Nella tarda serata Gesù viene deposto dalla Croce e adagiato nell'Urna, e con gli altri simulacri viene portato in processione.
La domenica di Pasqua si può assistere a “Lu‘ncuntru” fra Cristo Risorto e la Madonna. Questo avviene sotto gli Archi adornati da ramoscelli di alloro, rosmarino e ulivo, da cui pendono le “cuddure”, forme di pane rivestite di zucchero fuso e “diavulicchi”, circondate da tante arance che creano un grande effetto cromatico.
Archi di Pasqua
Gli Archi di Pasqua, sei o sette, distribuiti in prossimità di altrettante chiese, sono realizzati in strutture di legno che prevedono soltanto un rivestimento vegetale con rami di alloro, rosmarino e ulivo. Nella parte superiore si appendono ciambelle di pane, chiamate “cuddure”, che si distribuiscono ai fedeli dopo il giro degli “Incontri”, e relativi inchini del Cristo e della Madonna sotto ciascun arco. Gli Archi, che ricordano riti propiziatori pagani delle feste di primavera, esprimono in forme trionfali la vittoria della vita sulla morte. Subito dopo l'ultimo “Incontro” si odono in lontananza i suoni dei tamburi che scandiscono i ritmi della festa della Santa Croce. Iniziano così i preparativi per la Sagra del Tataratà, aspetto folcloristico che coesiste da sempre con quello religioso della festa dedicata al simbolo cristiano più importante: La Croce. (continua/1)