Tra gli insediamenti risalenti ad epoca antichissima riveste particolare importanza quello esistente in località di Cuddaru d' Crastu (Tornabé-Mercato d'Arrigo), una fortezza in parte intagliata nella pietra che ha restituito ceramiche della Cultura di Castelluccio. Secondo recenti studi [1] tale sito corrisponde all'antica città di Krastos dove nacque il fondatore della commedia greca, il filosofo e poeta Epicarmo.
L'antico nome è Petra, popolata dai Sicani che controllavano il fiume Himera inferiore (più il Salso) dalla sua "porta" di ingresso costituita da Sabucina e Capodarso su cui Petra domina come una fortezza.
A Pietraperzia è stata poi trasferita la popolazione di una colonia di Siracusa in Calabria chiamata Caulonia. Petra è citata da Cicerone nelle Verrine. Pietraperzia deve ai Romani il suo nome e ai Normanni, guidati dalla nobile famiglia Barresi, la sua prosperità.
Abbo Barresi, il capostipide della famiglia Barresi, edificò il Castello Normanno di Pietraperzia oggi in rovina.
L'illustre scultore Antonello Gagini per la famiglia Barresi realizzò nel 1523 i sarcofagi marmorei custoditi nella navata sinistra della Chiesa di Santa Maria Maggiore di Pietraperzia e nel 1527 alcuni preziosi manufatti marmorei per il Castello oggi in via di degrado.
Economia
L'economia pietrina si basa soprattutto sul settore agricolo, si coltivano e si producono infatti: ortaggi, frumento, olive, mandorle, uva, e angurie. A Pietraperzia ci sono 4 frantoi e 3 oleifici. È presente l'allevamento suino, bovino e ovino, con la produzione di latte e ricotta fresca, esportata in tutta la Sicilia e in Italia. L'artigianato si basa soprattutto sulla lavorazione di ferro, legno e marmo.
Persone legate a Pietraperzia
- Ludovico Ideo, vescovo di Lipari dal 25 giugno 1858 alla morte, sopraggiunta il 4 dicembre 1880, commemorato a Pietraperzia con un busto posto nella Chiesa di Santa Maria Maggiore realizzato dallo scultore Benedetto Civiletti;
- Roberto Speciale (1943), generale e politico;
- Damiano Nocilla, segretario generale del Senato della Repubblica.
La storia de Castello di Pietraperzia prende inizio dall’anno 1060, quando al seguito del conte Ruggero il Normanno, arriva in Sicilia Abbo Barresi, conquistata l’intera isola, il conte volle ricompensare il suo fedele alleato donandogli alcune terre tra cui territorio di Pietraperzia e Sommatino.
La famiglia Barresi ebbe cariche e ruoli assai importanti nel corso della travagliata storia di Sicilia.
Quando Pietro d’Aragona sbarcò a Trapani (1282) per rivendicare la corona in nome della moglie Costanza, i Barresi Enrico e Giovanni divennero suoi alleati.
Alla morte del re Pietro d’Aragona (1296), tra i suoi due figli, Giacomo e Federico, scoppiò una cruenta lotta per il potere; in questa occasione i Barresi, si schierarono con Giacomo dalla parte degli Angioini, mettendo a disposizione dei Francesi i propri castelli tra cui anche il castello di Pietraperzia, che si dimostrò un baluardo imprendibile. Federico d’Aragona mandò contro i Barresi i migliori capitani del suo esercito, ma il castello di Pietraperzia resistette egregiamente a tutti gli assalti fino a quando venne espugnato per fame da Manfredi Chiaramonte; i Barresi allora furono mandati in esilio.e le loro terre confiscate.
Con la pace di Caltebellotta ha termine la guerra; con questo trattato la Sicilia fu lasciata a Federico II il quale sposò Eleonora, figlia del re Angioino che divenuta regina, fece riabilitare i Barresi che ottennero la restituzione dei loro beni. Cosi nel 1520, Abbo Barresi, figlio di Giovanni entrava di nuovo nelle grazie di Federico II rimpadronendosi del castello e delle terre che erano state confiscate al padre.
Abbo Barresi abitò con la moglie a Pietraperzia ed iniziò la ricostruzione del castello. Alla morte di costui, l’edificio passò nelle mani del suo primo genito Artale , questi a sua volta lo diede al fratello Ughetto e cosi via di generazione in generazione.
Il maestoso Castello, che torreggia su una rocca addossata a Pietraperzia , fino ai primi anni del 1900, si era mantenuto quasi del tutto integro nelle sue diverse componenti architettoniche, poi vari terremoti e la colpevole incuria delle autorità competenti, lo ridussero a poco più di un rudere.
Lo sviluppo del castello avvenne in tre fasi successive, e completato nel 1526 dal marchese Matteo Barresi.
Il fronte nord, di 122 metri ed alto quattro piani, era suddiviso in tre distinte parti che rispecchiavano le diverse epoche di costruzione normanna, sveva e catalana.
Numerosissime erano le finestre, alcune delle quali offrivano all’interno, accanto agli stipiti, due sedili in pietra che invitavano a sedersi ad osservare lo stupendo panorama delle valli sottostanti.
L’edificio in origine racchiudeva un’area di circa 20.000 metri quadrati. Le mura si estendevano per 1.150 m ed in alcuni punti raggiungevano oltre 4 m. Lungo di esse si elevavano diverse torri e bastioni di cui non e rimasta traccia, ad eccezione dei resti di un torrione merlato detto "Corona del Re" e della Torre quadrangolare dell’ingresso, nonchè di alcuni bastioni a sud e a nord. Al centro, accanto alla "Corona del Re", si erge il "mastio". Questa struttura doveva servire come ultima difesa, era situato sopra la cima del colle ed in parte era stato ricavato nella viva roccia, costituendo così un inespugnabile baluardo di eccezionale robustezza . La porta d’ingresso al castello era rivolta a mezzogiorno, quella del mastio a nord-ovest; ad esse si poteva accedere dal cortile interno tramite gradini ritagliati nella roccia. Sotto al "mastio" sono ancora visibili i gradini, ritagliati nella roccia, che portavano alle prigioni sotterranee, ed alla torre della "Corona del Re"a base ottagonale. Una leggenda vuole che le stanze del castello fossero 365, quanti sono i giorni dell’anno; elevate su quattro piani, quante le stagioni dell’anno, esso aveva 12 torri, tanti quanti sono i mesi.