la leggenda diede origine alla vasta diffusione del culto di Demetra e Persefone in tutta la Sicilia centrale. Altra ipotesi è l'origine dal termine arabo Ayn dun, nel significato di "sorgente superiore", etimo che sarebbe giustificato dalla notevole presenza di sorgenti di acqua in tutto il territorio.
Esistono ancora altre due ipotesi, una di origine greca e l'altra di origine germanica. Quella greca deriva dall'etimo ?????? (Aidóni) che significa "usignolo" (Luscinia megarhynchos)[3]. Altri sostengono che il toponimo Aidone provenga da un antroponimo (nome di persona) germanico Aido-onis[4]. Le tre ipotesi sono concorrenti e le fonti storiografiche disponibili non consentono di avere certezza sul tema[5].
Il dialetto galloitalico
Ad Aidone, come a Piazza Armerina, Nicosia, San Fratello, Sperlinga, si parla un dialetto che da sempre è suonato estraneo all'orecchio dei siciliani; già i primi studiosi che si occuparono di storia siciliana, da Tommaso Fazello a Rocco Pirri a Vito Amico, evidenziarono la parlata peculiare di questi paesi e la misero in relazione con la loro origine lombarda che affonda le sue radici nella conquista normanna della Sicilia. Nel tempo questi dialetti sono stati definiti lombardo-siculi, gallo-romanzi, gallo-siculi e infine galloitalici di Sicilia per distinguerli dai galloitalici settentrionali.
In Aidone, in modo particolare, già dagli inizi del secolo scorso il galloitalico è stato visto come un elemento di inferiorità perché in effetti rendeva difficoltosi i rapporti con i paesi vicini; già da allora il vernacolo conviveva con una forma sicilianizzata, che pian piano ha sopraffatto la forma antica; gli aidonesi sono stati bilingui per necessità e poi trilingui con l'affermarsi dell'italiano.
Oggi sono rimasti pochissimi parlanti ed è nata l'esigenza di conoscerlo; sono tuttavia rimasti i testi scritti dei poeti Vincenzo Cordova, Francesco Consoli, Antonino Ranfaldi, che hanno conservato una facies credibile, nonché i risultati di importanti inchieste sul campo condotte da Gerhard Rohlfs per l'A.I.S. nel 1924, da Giovanni Tropea per l'A.L.I. nel 1962 e dallo stesso Tropea per la Carta dei Dialetti Italiani. Di seguito una poesia di Vincenzo Cordova.
« P’ fè na puisia aidunisa
sau ggh’ n’ vo nto pignattingh
fucusita divira ièja sta mprisa...
e poi nzina ch’ fa virsitt siciliaj
e fors’ fors’ ch’ gghià po spuntè:
cudd ssu cos’ a purtara d’ mai
e ogn’ tint’ scecch’ i po ncucchiè.
Ma p’ putir scrivr’ aidunis’
s’ ghhiada studier giurn e nujtt’… »
(traduzione: per fare una poesia aidonese ce ne vuole sale in zucca, è veramente un’impresa improba… finché scrivi versi in siciliano magari ce la spunti, quelle sono cose a portata di mano e ogni asino ne è capace. Ma per poter scrivere aidonese si deve studiare giorno e notte!)
Cenni storici
Le origini: l'epoca normanna
Secondo alcuni studiosi, Aidone fu fondata alla fine dell'XI secolo dai Normanni, durante la conquista della Sicilia e la cacciata degli arabi; ma è molto più probabile che i Normanni si siano limitati a rifondare e ripopolare un borgo già esistente strappato ai Saraceni. I fratelli Altavilla, che guidarono la conquista, condussero a ripopolarlo i lombardi, che avevano contribuito all'impresa e che in buona parte provenivano dal Monferrato.[6]. A questa sorta di colonizzazione si fa risalire l'origine del dialetto aidonese.
All'epoca normanna risalirebbe la fondazione del castello che dominava la città, della chiesa madre (dedicata in seguito a San Lorenzo martire), della chiesa di San Leone dedicata al papa Leone II e, fuori dalle mura, della chiesa di Sant'Antonino Abate.
Aidone passò successivamente in possesso di Adelasia, nipote del Gran Conte Ruggero, che la tenne fino alla sua morte nel 1160. Adelasia diede impulso al suo sviluppo con la costruzione di diversi mulini sul fiume Gornalunga e la fondazione, nel 1134, del monastero benedettino di Santa Maria Lo Plano, con chiesa dotata di una torre campanaria.
Adelasia sposò nel 1118 il conte Rinaldo d'Avenel ed ebbe un figlio di nome Adam che gli premorì; nel 1142 in un documento della corte normanna sono entrambi citati e successivamente in un altro del 1154 compare solamente lei devota al Re Guglielmo I il malo. La citazione più antica di Aidone risale al 1150 e si trova nel "Libro di re Ruggero" del geografo arabo Idrisi.
Dal XIII al XVII secolo
All'epoca di Federico II, Aidone faceva parte, molto probabilmente, dei possessi diretti del re[7]. Nel 1240 era rappresentata al parlamento di Foggia[8]. L'imperatore concesse ad alcuni soldati, provenienti da Piacenza e guidati da Umberto Mostacciolo (anche detto Ubertino Mostacciolo di Piacenza), di stabilirsi ad Aidone; questa testimonianza conferma l'arrivo, ancora nel XIII secolo, di coloni provenienti dall'area padana.
Nel 1229 ai Cavalieri templari fu permesso di edificare la chiesa di San Giovanni e per il suo mantenimento furono concesse le rendite di alcune tenute[9]. Dopo la morte di Federico II, nel 1255, Aidone si dichiarò libero comune e riuscì a resistere all'assalto di Pietro Ruffo e del conte di Catanzaro, che agivano in nome del re Manfredi; nel 1257, tuttavia, fu presa e saccheggiata dall'esercito svevo, guidato da Federico Lancia. Aidone partecipò alla rivolta dei Vespri siciliani, cacciando la guarnigione francese. Fu nominato capitano Simone Fimetta di Calatafimi e vennero inviati al campo di Pietro III di Aragona arcieri e vettovaglie. In seguito il capitano Fimetta passò dalla parte degli Angioini e dovette fuggire dal castello. Il re Pietro III di Aragona allora concesse Aidone in feudo a Manfredi III Chiaramonte per premiarne la fedeltà.
Nel quadro delle lotte tra angioini e aragonesi emerse la figura di fra' Perrone, il frate dell'Ordine domenicano che combatté gli aragonesi tra il 1284 e il 1287; quando fu catturato dall'ammiraglio Ruggiero di Lauria si uccise in carcere. Nel 1296, durante il regno di Federico III di Sicilia, il feudo di Aidone venne ceduto da Manfredi Chiaramonte a Enrico Rosso che prese il titolo di conte di Aidone. Nel 1299 il capitano Giovenco degli Uberti aprì le porte del castello agli Angioini, ma questo venne riconquistato nel 1301 da Federico, che si era sistemato con il suo esercito nel vicino castello di Pietratagliata. Nel 1320 il feudo passò a Rubeo II Rosso, e quindi al figlio Enrico III Rosso, cancelliere del regno aragonese.
Il conte Enrico Rosso Senior fu uno dei più potenti feudatari del regno di Sicilia e divenne l'ago della bilancia fra le fazioni latine capeggiate dai Chiaramonte e quella catalana degli Alagona. Nel 1153 sposò Luchina figlia di Manfredi Chiaramonte e quindi entrò in conflitto con Artale Alagona che di fatto era il tutore del giovane re Ludovico. Questo pugnace Conte Enrico aveva un certo ascendente per la sorella maggiore del Re, la cosiddetta madre badessa Eufemia. Dopo l'aspra lotta sostenuta dalla rocca di Motta Sant'Anastasia contro Artale Alagona il gran Giustiziere, Enrico Rosso Conte di Aidone, capo dell'esercito reale, stipulò la pace a Catania e con i suoi bellicosi soldati aidonesi divenne il braccio armato della Corona, dopo la prematura morte di re Ludovico e la successione del fratello Federico IV il semplice, un altro ragazzo inesperto. Ma il volubile Enrico Rosso fu anche il protagonista della conquista di Messina e della morte di Matteo Palizzi e poi in seguito provocò la morte di Antonia del Balzo moglie del re Federico IV. Per questo motivo venne dichiarato fellone dal Re e nel 1373 fu costretto a cedere il feudo di Aidone (compresi il castello di Pietratagliata, il feudo di Fessima e i casali Baccarato, Asmundo e Pietralixia) a Perrone Gioeni, in cambio del feudo di Castroleone (Castiglione di Sicilia).
Il castello di Aidone ospitò nel 1396 la regina Maria e il marito, Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che vi soggiornò a lungo protetta dal Gioieni. Nel 1427 il conte Bartolomeo III Gioeni firmò l'atto "Privilegi e consuetudini per gli Aidonesi", concedendo il potere locale al "baiulo" Giovanni Caltagirone, coadiuvato da un "capitano di giustizia".
Nel 1531 Giantommaso Gioeni introdusse la venerazione per san Lorenzo martire facendone il santo patrono della città al posto di san Leone. Il feudatario ringraziava così il santo per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza (è una delle ipotesi, per l'altra vedi la nota sulla chiesa di San Lorenzo).
Nel 1602 Tommaso Gioeni venne nominato dal re Filippo III di Spagna pari del regno e principe di Castroleone, ed entrò a far parte del parlamento siciliano. Il principe fondò ad Aidone la "Confraternita dei Bianchi", composta esclusivamente di nobili.
Nel 1667 venne fondata la confraternita del Santissimo Sacramento, legata alla chiesa di San Leone. I membri, al massimo 72, dovevano avere almeno vent'anni di età. Tra questi c'erano 13 "officiali" (governatore, consigliere maggiore, consigliere minore, cancelliere, tesoriere, due mastri di novizi, due visitatori d'infermi, due sacrestani e due nunzi). In seguito, per la prevalente presenza al suo interno di artigiani, la confraternita fu conosciuta come quella della Maestranza
1693: dal terremoto al colera (1837)
Nel 1693 il terremoto che colpì tutta la Sicilia orientale provocò in Aidone cinquanta morti, la distruzione del paese e il crollo di numerose chiese ed edifici, tra cui la chiesa Madre di San Lorenzo. Il 1693 in Aidone, come in gran parte della Sicilia, segna un discrimine nella sua storia architettonica. Alcune chiese furono restaurate o ricostruite, pertanto quasi tutti gli edifici di Aidone sono, tranne che in alcune parti, settecenteschi o con notevoli elementi risalenti a questa epoca (i cantonali di san Domenico, la facciata di santa Maria La Cava, i portali di San Leone, dell'Annunziata, etc), il loro stile è influenzato dal barocco imperante in Sicilia ma con tratti sobri e classicheggianti. Altre chiese e conventi sono stati demoliti, come il convento e la chiesa di santa Caterina, la chiesa e il convento di san Michele Arcangelo, la chiesa e il convento di san Tommaso apostolo, la chiesa di san Giacomo e molte altre chiese di cui ormai si è persa ogni traccia.
Con il matrimonio dell'ultima discendente dei Gioeni con Marcantonio V Colonna, il feudo passò ai Colonna, principi romani. A quest'epoca nel territorio di Aidone esistevano sei baronie: Spedalotto-Cugno, Mandrilli-Toscano, Fargione-Baccarato-Feudonuovo, Dragofosso, San Bartolomeo, comprendente Pietratagliata-Prato-Tuffo-Gresti, e Raddusa-Destra. Altre tre baronie si erano costituite con i terreni comunali dell'"università" (Giresi-Pali-Malaricolta, Belmontino e Menzagno).
Nel XIX secolo le famiglie Boscarini, Scovazzo, Cordova, D'Arena, Profeta, Minolfi, Ranfaldi e Calcagno, produssero due generazioni di borghesi liberali e colti (tra i quali Filippo Cordova e Gaetano Scovazzo) che impressero un notevole impulso culturale alla cittadina.
Nel 1795 il Comune acquistò la chiesa di San Tommaso Apostolo, con l'annesso "Ospedale", per realizzare un teatro municipale; nel contempo iniziarono i lavori per la costruzione del Palazzo municipale, destinato a sede amministrativa e politica del "detentore" (sindaco).
Dal 1805, a seguito della scoperta del primo giacimento di zolfo, iniziò per Aidone un periodo di prosperità alimentata dall'industria estrattiva. La popolazione ebbe un notevole incremento, con l'immigrazione di minatori provenienti dai paesi viciniori, che si prolungò anche nel secolo successivo fino al secondo dopoguerra (la fase di chiusura della miniera Baccarato cominciò nel 1960).
Dopo l'abolizione della feudalità (1812), Aidone entrò a far parte della provincia di Caltanissetta (1820).
In una planimetria redatta dal regio agrimensore Lorenzo Correnti, il territorio comunale risultava avere un'estensione di 6884,12 salme (di vecchia misura) ed era suddiviso in varie contrade tra cui: Ciappino, Grottascura, Bosco, San Bartolomeo, Gresti, Pietrapiscia, Mendola, Giresi, Spedalotto, Calvino, Malaricolta, Casalgismondo, Toscano, Baccarato, Dragofosso, Montagna, in parte corrispondenti alle baronie. Esistevano ancora diversi latifondi di proprietà, soprattutto, dei Colonna-Rospigliosi.
In base alla documentazione dell'archivio storico comunale Il centro abitato venne suddiviso nel 1832 in sette quartieri storici:
- San Lorenzo
- San Leone
- San Giuseppe
- Santa Maria
- San Giovanni
- Cappuccini
- San Giacomo-Annunziata
Dai dati desunti dal dazio sul vino si rileva che la popolazione complessiva era di 4.550 abitanti. In occasione delle festività in onore del Santo Patrono S.Lorenzo martire uscivano le Confraternite con i Gonfaloni dei sette quartieri.
Nel 1837 anche Aidone fu colpita dal colera che imperversò in tutta la Sicilia e che causò la morte, tra gli altri, del pedagogista Nicolò Scovazzo (1783-1837). Pare che il colera fosse del biotipo El Tor (caso unico e quanto mai singolare, in quanto fu isolato ad Aidone prima che nella località del Sinai, da cui prende il nome).(continua/1)