L'epoca normanna (1061-1194) Ai fratelli d'Altavilla, Ruggero e Roberto il Guiscardo, per porre a compimento l'accordo di Menfi del 1059, con il quale il papa Niccolo' II in cambio dell'homagium e della fidelitas ri conosceva loro il governo

sull'Italia meridionale, si imponeva la necessita di uno sbarco in Sicilia per portare a termine il loro impegno nella lotta contro gli infedeli e per la liberazione de "li Christiani et li catholici", cioh dei cristiani di rito greco e di quelli di rito latino che abitavano nell'isola occupata dagli Arabi.

Ma la conquista della Sicilia ad opera dei cavalieri Normanni non fu molto agevole. I primi contingenti sbarcati nell'isola costrinsero alla resa la citta di Messina nel 1061, ma soltanto trenta anni dopo riuscirono a portare a termine l'operazione con la resa nel 1088 di Castrogiovanni e piu tardi, nel 1091, di Noto: ultime roccaforti arabe in Sicilia.

Quest'impresa fu resa possibile dallo stato di completa anarchia in cui si trovata l'isola a causa delle lotte intestine fra i tre Emiri che si erano divisi i territori siciliani dopo la ribellione da loro attuata contro il Califfo di Kaironan. E fu proprio Ibn al Thumnah, l'emiro che controllava la Sicilia sud-orientale, a richiedere l'aiuto, nel febbraio 1061, a 'Ruggero contro l'Emiro di Castrogiovanni. Ma dopo un periodo di facili vittorie i Normanni non riuscirono ad occupare Centuripe, un centro fortificato da dove si poteva controllare tutta la pianura catanese, ni ad espugnare Castrogiovanni.

L'arresto del processo espansionistico e' da imputare non solo alle difficolta' nel ricevere nuovi contingenti armati, o ai contrasti allora sorti tra i due fratelli a proposito della ripartizione dei territori calabresi, ma anche all'estraneita' dimostrata dalle popolazioni cristiane dell'isola diffidenti nei riguardi dei Normanni noti per la loro estrema violenza e disumana ferocia. Fra le varie testimonianze in merito e' da ricordare la ribellione degli abitanti di Troina dopo che gli invasori non avevano esitato a saccheggiare le loro terre e le loro case.

Sebbene la conquista fosse stata violenta e spesso crudele, ad essa fece subito seguito la riconciliazione. Fu a questo punto che si dispiego' il genio politico ed amministrativo di Ruggero, il quale riusci ad accattivarsi i vari gruppi etnici presenti nell'isola rispettandone la religione, le leggi e i costumi. Infatti egli seppe conciliare le esigenze delle popolazioni, diverse negli interessi, nelle aspettative e nella lingua, creando un nuovo regno molto ben amministrato e ritenuto da tutti gli storici come una delle piu' prestigiose pagine della storia siciliana.

E' ormai sicuro che i Normanni giunti nell'isola non furono tanto numerosi: alcuni indizi provano che a differenza della conquista araba che si era presentata come una migrazione di massa la conquista normanna non fu un grande esodo ma una lenta infiltrazione di gruppi sparsi e diversi fra loro per provenienza, usi e costumi. E' proprio questo carattere minoritario della presenza normanna che costrinse Ruggero, al termine della guerra di conquista, a dover reclutare la propria classe dirigente fra le varie componenti etniche e in specialmodo a far ricorso agli elementi arabi e bizantini. Uri esempio tra i tanti e' la nomina a primo vescovo della Sicilia, liberata dagli infedeli, di un uomo proveniente dal nord: Roberto, al quale affido' la diocesi di Troina.

Le fonti storiche invece non ci aiutano a capire quali furono i criteri utilizzati in Sicilia per la confisca e la ripartizione delle terre. Molto probabilmente i Normanni usarono una mano pesante la dove avevano incontrato delle resistenze da parte delle popolazioni, e rispettarono le antiche divisioni della terra, che erano state operate dagli Arabi, nei restanti territori.

Il caso di Butah e' forse esemplare. Il centro era poco popolato, come si evince dalla denominazione di casale, ed i suoi abitanti erano tutti di origine saracena. Come afferma lo storico Goffredo Malatesta, il conte normanno non aveva fatto ricorso alle armi per la conquista del casale, e quindi non pote' estendere alle proprieta' dei Saraceni il diritto di conquista, ni pote' asservire per lo stesso motivo la popolazione alla gleba. Gli arabi abitanti di Butah erano semplici pastori ed agricoltori, e certamente erano dei piccoli proprietari che possedevano delle universit', cioh delle terre comuni dove poter condurre al pascolo i propri animali o raccogliervi la legna. Ruggero, cosi come fece nel resto dell'isola, per non alienarsi gli animi della popolazione cerco' di rispettarne le leggi, la religione, i costumi ma anche il diritto di proprieta'.

Di certo in base alla scarsissima e frammentaria documentazione si puo' affermare che la distribuzione delle proprieta fondiarie e dei territori avvenne in base alla forza contrattuale dei vari cavalieri che parteciparono alla conquista e che ebbe inizio prima della caduta di Noto. Gia nel 1077 Ruggero aveva donato dodici castra ad altrettanti cavalieri ed alcuni favori furono concessi ai rappresentanti della Chiesa romana, come il vescovo di Troina e il Monastero di S. Filippo di Demenna. Il problema dell'organizzazione e della gestione della conquista fu risolto da Ruggero I con la creazione di un sistema di potere signorile e feudale, caratterizzato da un tessuto di rapporti personali che garantiva ai cavalieri privilegi, prerogative fiscali, amministrative e giudiziarie.

In campo ecclesiastico la politica di Ruggero I e' contrassegnata da una netta opposizione nei confronti di chiunque volesse limitare o in qualche modo contrastare la sua autorita'. Era il tempo della grande lotta per le investiture e la Chiesa non tollerava nessuna ingerenza del potere civile nella scelta dei vescovi, ma non in Sicilia dove Ruggero nominava personalmente i vescovi, decideva il territorio di ogni diocesi e il loro numero, faceva delle donazioni dal suo tesoro privato alla Chiesa. Quando il papa Urbano II era venuto in Sicilia per ratificare il suo operato e, spingendosi oltre, aveva voluto nominare il vescovo di Troina legato pontificio dell'isola, Ruggero rispose facendo imprigionare quest'ultimo, riuscendo cosi ad ottenere l'annullamento della nomina. Nel 1098 ricevette da parte della Santa Sede, con una bolla pontificia, la concessione dei poteri esclusivi di legato apostolico in Sicilia e in Calabria. Ruggero riusci cosi ad unire il potere ci vile ed ecclesiastico in una sola persona. Quest'ultimo privilegio fu sempre contrastato dalla Chiesa; ma in caso di un suo ripudio, da parte del pontefice, in qualsiasi momento la monarchia avrebbe potuto con facilita ritirare le donazioni reali che costituivano la quasi totalita delle entrate della Chiesa locale.

Carattere della concessione del conte Ruggero

Ruggero, in qualita di sovrano, diede a Roberto, arcivescovo di Messina, la "potesta' e la giurisdizione sul casale di Butah con tutto il suo territorio ed appartenenze secondo le antiche divisioni dei Saraceni"; aggiungendo inoltre che "s'egli avverra' mai che detto casale sia abitato da Cristiani e che si fabbricano Chiese dentro al Castello o nei luoghi d'intorno pertinenti a lui, voglio che quelle siano sottoposte al solo Vescovo di Messina e che da Lui elle sieno provvedute d'olio santo e d'altri sacramenti ecclesiastici". Quindi il sovrano nel concedere la signoria a Roberto donava da una parte la facolta feudale di imporre tributi agli abitanti del casale, e dall'altra la possibilita di riscuotere dalla popolazione le decime dovute alla Chiesa in cambio dell'amministrazione dei sacramenti e degli altri servizi spirituali. Non si puo' nascondere quindi il carattere feudale e nello stesso tempo sacramentale della donazione. Le decime e le mezze decime si presentavano con un carattere personale e non dominicale in quanto non vi era un dominio da parte dell'arcivescovo di Messina sulle terre possedute dagli abitanti ma un diritto giurisdizionale. Erano un tributo feudale che ricadeva sulla persona e non sul fondo.

Lo conferma anche il dispaccio datato 1347 del re Ludovico che impose all'arcivescovo Raimondo De Pizcolis di non imporre nuovi tributi oltre la sola decima che erano soliti pagare i Regalbutesi.

Anche Ludovico Fulci nella sua opera Le decime con speciale riguardo alla Sicilia, afferma di "aver consultato tutti i documenti reperibili intorno alle decime che venivano pagate alle diverse Chiese in Siracusa, Catania, Aci, Regalbuto, Alcaria, Lipari, Patti, Cefalu'; Palermo e Monreale mi sono convinto che tutte erano decime ecclesiastiche non derivanti da dominio".

Le decime erano chiamate prediali in quanto venivano pagate in natura e avevano un carattere spirituale perchi dovute dalla persona che riceveva i sacramenti all'ecclesiastico che li sommi nistrava. L'entita' della decima veniva accertata da agenti della mensa arcivescovile nel mese precedente il raccolto e veniva pagata in proporzione alla quantita' probabile dei prodotti della terra. Gli arcivescovi di Messina si servirono di questa concessione del re normanno per poter imporre ai Regalbutesi il pagamento delle decime sui prodotti delle loro terre ed inoltre per obbligare i coloni a pagare le mezze decime sui terreni fuori territorio. Quest'ultime si presentavano, usando le parole de La Lumia, "come una delle piu tiranniche estorsioni della feudalita, la piu crudele e la piu' angarica delle ruberie che l'avidita' signorile seppe un quemai speculare". A testimonianza sono presenti nell'Archivio parrocchiale due scomuniche verso coloro che non pagavano i tributi datate una 28 marzo 1638 e l'altra 27 agosto 1654.

La distruzione di Butah e la costruzione di Regalbuto

Federico II di Svevia divenne re di Sicilia all'eta' di tre anni. Durante il periodo della sua minore eta singoli privati avevano usurpato titoli e diritti regi. Nel 1220, di ritorno dalla Germania, il sovrano volle riaffermare le leggi feudali: i vassalli dovevano presentare i loro titoli che potevano essere ratificati o aboliti, e qualsiasi concessione ottenuta nel periodo di interregno fu abrogata. Federico mostro' una certa autorita' in Sicilia dove si comporto' come un vero sovrano feudale. Fra le varie iniziative che prese va ricordata la revoca dei privilegi che erano stati concessi alla citta' di Messina e che erano incompatibili con il suo concetto di stato autoritario.

Nel 1232 Riccardo Montenegro, in qualita' di maestro giustiziere del regno svevo, impose dei dazi che restrinsero il libero commercio specie della seta. Queste misure furono avversate dalla popolazione messinese che si rivolto' nell'agosto dello stesso anno provocando la fuga dalla citta' del Montenegro. Altre citta' e comuni dell'isola si unirono nella rivolta, tra quest'ultimi anche Centuripe che tento' vanamente di resistergli. Il re svevo si reco' a Messina riuscendo ad avere ragione, senza alcuna fatica, dei rivoltosi, quindi si diresse verso Centuripe e sdegnato per la resistenza dei suoi abitanti, la cinse d'assedio e espugnatala ne rase al suolo l'abitato. I cittadini superstiti furono costretti a stabilirsi in una nuova patria cui fu imposto il nome altisonante di Augusta (Fazello dee. 2, lib. 8, cap. 2).

Tutto cio' fu fatto in quanto Federico credeva che la sua autorita' provenisse da Dio e ogni ribellione' essendo un peccato giustificava le pene piu' severe. Abbiamo voluto raccontare quest'episodio della storia siciliana in quanto il Fazello ci informa che i Saraceni di Butah parteciparono al fianco del sovrano svevo all'assedio e alla distruzione di Centuripe e in cambio ne ottennero la sua protezione. "Per tali servigi ottennero dall'Imperatore che al nome del loro paese fosse accoppiato il titolo di Reale, nominandosi da quell'epoca in poi Regalbuto". Sempre il Fazello afferma, nella dec. 1, lib. 10, cap. 2 della Storia della Sicilia che circa trenta anni dopo, nel 1261 sotto il regno di Manfredi, figlio di Federico II, gli abitanti di Centuripe ribellandosi al sovrano si portarono nel vicino comune di Regalbuto dandolo alle fiamme e distruggendolo sin dalle fondamenta. Come e' testimoniato dal Fazello e dal Pirro l'anno seguente, con il diploma del 12 settembre 1262 il paese fu fatto ricostruire dal re Manfredi.

Il nuovo abitato fu edificato "in un lato declive del medesimo colle (Fondo del Monte) scelto un terreno adeguato, nel qual tempo in vero :or molti maggiori incrementi fondossi e divenne pella fecondita del territorio caricatoio interno di frumento. (continua/2)