Non é la parola disabile proprio quella giusta per indicare una persona che ha perso alcune delle sue capacità, ma é quella che si usa in Italia e non é mia intenzione discutere sull’aspetto linguistico della parola. Si parla spesso di disabili alla RAI negli ultimi giorni. Chissà forse è uno degli argomenti meno censurati, meno “tagliati”, di quelli che meno subiscono il controllo della direzione o ’autocontrollo .

Ho sentito pochi giorni fa delle manifestazioni di un giornalista, cronista di guerra, che ha perso un piede a causa del diabete. Quando si parla di diabete non posso fare a meno di ascoltare, essendo anch’io una diabetica. Questo giornalista sta scrivendo persino un libro, intenzionato com’é ad aiutare nel modo possibile quelli che soffrono le stesse o simili conseguenze della malattia. Mentre attraverso un video il programma ed il giornalista intervistato comunicavano le disgrazie e gli inconvenienti che deve soffrire un disabile a Roma e Milano, io mi misi a pensare alla mia situazione. E già da un anno che uso il bastone. E non proprio per eleganza. Sopratutto il mio ginocchio sinistro, ha perso la sua capacitá articolare(quello destro va per la stessa strada) ed io soffro alcuni , come dire, dolorini quando cammino., quando mi siedo, quando mi alzo e persino quando sono in posizione orizontale. Disabile? Non só se lo sono. Mi trovo in vere difficoltá per transitare dentro casa, fuori casa e sopratutto per la cittá. Non sono sopra una sedia a rotelle, ma a piedi, per strada, mi trovo con scalini di tutte le altezze immaginabili che quando devo salirli mi portano a ricordare il costruttore e la mamma, anche la nonna di questa egregia persona. Se voglio attraversare la strada mi trovo a volte con una macchina parcheggiata sul passaggio segnalato per i disabili, o mi trovo anche con l’assenza di questo passaggio. Scale? Poche a Mendoza, Nelle piazze che ormai non salgo piú e nelle quali cerco, se é stato fatto , il sentiero per disabili. Negli edifici ci vado se ci sono gli ascensori e quando pretendo entrare ai musei e le sale di arte dove organizziamo le nostre attivitá culturali, ci sono gli amici che mi aiutano a salire gli antichi ed alti scalini, pochi per fortuna, ma insuperabili per mé(non vorrei pensare ad una sedia a rotelle). In questi belli edifici dove si prevede che la gente vada a sfamarsi di cultura, non é previsto costruire sentieri di accesso per i disabile perche si potrebbe danneggiare la visione architettonica degli edifici¡¡¡ Come dice un mio amico, medico, che ha pressapoco lo stesso problema , mi conosco giá le caratteristiche delle strade e degli edifici sulle quali mai avevo prima puntato il mio interesse. Immaginate se dovessi andare al mio paesello in Sicilia¡ E da due anni che non vado in Italia per questa causa e sono d’accordo col giornalista italiano sul fatto che il mondo per i disabili sembra davvero capovolto, o al meno impossibile di transitare. Per mé c’é una speranza: spero presto poter collocare una protesi nel mio ginocchio e cosí, come una macchina che va a farsi aggiustare il motore, o meglio ancora una ruota, spero poter uscire dalle mani del chirurgo pronta per transitare normalmente le strade di Mendoza e del mondo. Ma per il mondo, c’é speranza di cambiare, di migliorare le sue caratteristiche in beneficio dei disabili? Me lo auguro davvero e credo che dobbiamo insistere e richiamare l’attenzione delle autoritá su questi problemi. Poco fá, allo Spazio Contemporaneo di Arte, dopo molto insistere al direttore, ed avendo organizzato l’evento del quale furono protagonisti Carlos Barocelli ed Adrián Abonizio (Invasión Canalla), mi trovai il giorno dell’innaugurazione con un sentiero di accesso- portabile- per i disabili. Una mia amica che mi conosce bene, mi ha chiamata dopo passare in macchina di fronte al Museo e mi ha detto: Sei stata tu ,no?, Ci sei reiuscita¡ Certemente é stato per pochi giorni. Ma ho capito che si potrebbe riuscire a migliorare la situazione se tutti guardassimo a chi abbiamo accanto. (Antonina Cascio)