(Antonina Cascio Presidente USEF Mendosa) Lavorare al mondo dell’ emigrazione non è mica tanto facile. Ci sono quelli che credono che per fare questo lavoro basta apparire ogni tanto in T.V., vestirsi elegantemente per andare ad una festa offerta dal Console d’Italia e apparire sorridente davanti ad uno stand della propria regione una o due volte ogni anno, ad offrire prodotti tipici. E chissà, forse hanno ragione. In verità c’è gente che si limita davvero a fare solo le cose che ho appena detto . Ma in effetti, oggi, lavorare in una associazione italiana, o nello specifico siciliana, è tanto difficile che ci vuole una forte dose di buona volontà per potere andare avanti. Per capire meglio, ci dobbiamo immaginare a Mendoza,Argentina, America Latina, a più di 13.000 km dell’Italia, con scarsi mezzi economici, pochissime speranze di aiuto che arrivi da qualche parte. Il nostro mondo dell’emigrazione è costituito da una minoranza di “vecchi” nati in Italia, ed una maggioranza di figli, nipoti, pronipoti d’italiani. Tra i primi, gruppo nel quale io stessa appartengo, sono una delle più giovani, ancora giovanissima, appartengo a un piccolissimo gruppo all’interno di quello dei vecchi:, siamo quelli che non abbiamo avuto spazio fino ai sessanta anni o quasi, perchè i vecchi dell’altra generazione, gli ottantenni, non ci davano occasione di partecipare, comportandosi come padroni, così come si sentivano depositari delle istituzioni, dei ricordi, delle tradizioni e della stessa cultura. Oggi, si prospetta per noi una pesante compito: partecipare ,incominciare a partecipare e nello stesso tempo accogliere i più giovani,i figli, i nipoti, ecc., e farli sentire parte delle istituzioni, delle associazioni, eredi anche loro della cultura, trasmettitori delle tradizioni, ma pure responsabili di creare nuovi metodi di partecipazione, nuove strategie per arrivare al cuore degli emigrati e per ottenere l’attenzione dei governi italiani,cercando pure di essere ben rappresentati al Parlamento. Ma come si può fare questo in un clima di permanente sfida tra la realtà economica del paese dove abitiamo ed i sogni che coltiviamo? Come si fa a trovare gente piena di entusiasmo tra tanta gente che cerca ogni giorno in se ed all’interno della loro famiglia un motivo per andare almeno al lavoro, per continuare a nuotare contro corrente e per mantenere dentro un alveolo di dignità la loro vita? E come si fa a dire a questa gente entusiasta che ci sarà un’altro taglio, questo ancora più grosso di altri, che finirà per sciogliere nell’acqua i progetti culturali, le pratiche per riottenere la loro cittadinanza, qualsiasi speranza di partecipazione a progetti di una regione il cui governo si avvia a lavorare a metà d’anno quando purtroppo si avvicinano le vacanze in Italia? Lavorare in queste condizioni richiede una forte dose di testardaggine ed un grande amore per la propria terra, per la Sicilia e per l’Italia, ma anche e sopratutto, per la gente, per gli emigrati per quelli che tante volte si lasciano vincere dalla stanchezza e lasciano cadere le braccia. Per fortuna, cari amici, ogni tanto appare un connazionale che sebbene non è emigrato, ama anche lui gli emigrati e che tira la corda dalla parte nostra.Ogni tanto questo connazionale ,per caso o per fortuna, può occupare un posto importante al governo, e ci aiuta ancora di più. Ma l’aiuto, il vero e profondo aiuto, il motivo per il quale continuiamo in questo lavoro, e dedichiamo la vita alla emigrazione, è nella stessa gente. Infatti, in momenti come questa sera, quando quelli che abbiamo lavorato insiemi quasi dallo stesso giorno, ci riuniamo, con la scusa di celebrare il Giorno dell’Amico e con piacere ed affetto possiamo condividere un bicchiere di vino ed un piatto di carne arrostita (siamo in Argentina, che altro?), quando vediamo che la gente se ne va con lo spirito più leggero e soddisfatta di PARTECIPARE, quando il risultato di anni di lotta in comune traspare nella cordialità e si trasfonde nell’interesse per gli altri, allora sappiamo che il lavoro è stato buono e sappiamo ancora che c’è tanto da fare insieme per noi e per quelli che verranno. Le sfide materiali che affrontarono i nostri nonni, furono grandi. I loro trionfi ci lasciarono un grosso capitale economico, tante volte disperso dalla mancata continuità o dalla cattiveria. Le sfide “spirituali” o del pensiero che dobbiamo affrontare noi in un ambiente depresso, indifferente e impoverito materialmente ed intelettualmente, ci danno ,quando si vedono risultati positivi, enormi soddisfazioni, profonde allegrie. Dunque, è difficile lavorare in questi giorni per l’emigrazione a Mendoza in Argentina, in America Latina, ma a me piace molto, chissà, forse di più quanto maggiori sono le difficoltà.