(Antonina Cascio) - Ieri sera sono andata all’ECA, Spazio culturale Della Provincia di Mendoza, un bellissimo edificio sala a tre piani, dell’antica banca provinciale. Ci sono andata con la riserva mentale propria di una italiana cresciuta in America Latina nei tempi che si parlava della rivoluzione cubana, di Andrés Guillén il poeta negro,

bellissimo uomo che scriveva bellissimi versi interpretando i canti della sua stirpe afro-cubana, poeta che ho letto con attenzione e che ho conosciuto a 14 anni, quando conoscere lui, o conoscere Neruda, erano sì fatti straordinari, ma si credeva non fossero stati momenti unici, che potevamo sapere allora di quello che ci aspettava- e si credeva che sarebbe arrivato il giorno di poter lottare accanto al Chè. Chi sà, come si sognava , poter veder arrivare il Chè su un carro trionfale, eroico e grande ,portando con lui, con la sua sola presenza , quella libertà che si desiderava, non tanto per noi, che eravamo abbastanza fortunati nel riparto di risorse, ma la libertà e l’uguaglianza per tutte quelle persone che i poeti e scrittori latinoamericani ci fecero conoscere attraverso le loro pagine drammatiche e dolorose, piene di bellezza e di ribellione. Si trattava della presentazione di un video e di fotografie di Emilio Maroscia, un ragazzo italiano che è venuto a lavorare in queste terre per fare la sua tesi di Comunicazione Sociale. E questa presentazione è stato un lavoro tra il Consolato d’Italia a Mendoza che ha accolto Emilio da vari mesi, ed il Consolato di Bolivia a Mendoza, che apportò il lavoro di una intera famiglia boliviana che ha preparato bibite, e cibi boliviani, e che aggiunge il ballo della loro terra alla presentazione. Ma perchè questa unione, che appare un pò strana? Perché Emilio ha scelto la Bolivia, ed ha scelto la zona più politicizzata di Bolivia dal fenomeno di Evo Morales? O forse, come lui stesso sottolinea, sono stati loro a scegliere lui, dato che dall’altra tendenza nessuno ha voluto parlare con lui. Si capisce allora perchè la mia cautela. Lunga esperienza di europee sensibilizzazioni alla cultura latinoamericana che non vanno oltre gli articoli regionali ed il colorito delle usanze e degli abiti , o che pur andando più in là non riescono ad approfondire sotto la superficie di apparente ignoranza, o semplicità o innocenza. Ma Emilio ci è riuscito. La famiglia Garcia, con la profonda saggezza del suo lavoro e la bellezza dei balli tipici, ha aiutato abbastanza. Credo che ancora i presenti siano in estasi davanti alle immagini prese da Emilio, della gente che parla del proprio processo di cambiamento, di quello personale e di quello come paese, gente intelligente, gente che riflette e critica, analizza, progetta. Gente che ama la propria terra, di un amore che solo gli emigrati possiamo capire di più. Ho ringraziato Emilio e ho fatto gli auguri per il suo lavoro. Mi auguro anche,che abbia una lunga e bella carriera di comunicatore sociale, una carriera nella quale possa avanzare nella ricerca della democrazia.