(Antonina Cascio) - Ancora chiudo gli occhi e vedo migliaia di luci dall’alto, come un uccello con grandi ale impiantate, di metallo. Roma mi saluta. Uscita dall’aeroporto di Catania sotto un sole abbagliante che dava al mare riflessi d’argento e faceva a Giardini nuotare in semplici due pezzi bianchissimi giovani e ragazze nordiche, a Fiumicino venni sorpresa dalla sera.

Lungo il viaggio, tanto come per dare tempo al distacco, a questa specie di trapianto trascontinentale che non vivo come un ingombrante pratica, né come dolorosa via crucis, ma come sorprendente azione di sparire ed apparire, sotto l’effetto di una bacchetta magica, come nei racconti delle Mille ed una Notte. Da Ezeiza ad Aeroparque-Buenos Aires, Argentina- mi colpisce al solito la profonda sensazione dello spazio. Un’enorme spazio che serve a rilassare il corpo ed a dare all’anima un vastissimo orizzonte. E capisco tante cose, tante situazioni della vita siciliana ed italiana in generale. E inutile ripetere che crescere davanti ad un orizzonte come quello Latino - americano, malgrado le rivoluzioni ed i dittatori, malgrado la oscillante situazione finanziaria che ci viene dagli Stati Uniti e dall’Europa, malgrado la lontananza delle culture greca e romana (più vicine a volte dei nostri abitanti che di quelli europei) , provoca uno sviluppo cerebrale diverso. Lo spazio, c’è, le risorse primarie ci sono, il clima si sopporta e c’è posto per tutti. Non Siamo più intelligenti affatto, quelli cresciuti qui, ma abbiamo la mente più aperta al cambio di situazioni, il nostro rapporto con culture anche queste millenarie e deprezzate ma di un valore culturale ed umano straordinario, ci fa capire che niente è irreversibile, che lo spirito è qualcosa (chiamatela come vi pare) che deve crescere libero ed in permanente contatto con la natura, fatto che purtroppo in Europa non accade. E per questo chissà che tutti quelli cresciuti nella ristrettezza di questi ambienti ristretti, fisicamente ristretti ed anche mentalmente, sono un po’ fondamentalisti, un po’ troppo razzisti, determinati su un punto malgrado capiscano ( e s’imbroglino fingendo di non capire) che questo sia sbagliato. E sbagliando c’impiegano la vita, ed anche impiegano la vita di altri. Il nostro problema non è invece questo. Noi siamo liberi, aperti e generosi, parlando riguardo un atteggiamento sociale, ma siamo, chissà, troppo indifferenti ai problemi , perchè c’è sempre la natura a risolverli, siamo troppo “innocenti”, nel senso di non riflettere sulle intenzioni altrui e perciò siamo sempre sotto governi malintenzionati, sotto paesi che ne approfittano della nostra mancanza di attenzione. In una parola, siamo più giovani, tutti. Dai bambini agli anziani. E credo infine, siamo in vantaggio, abbiamo un futuro, mentre gli europei se continuano sulla stessa strada, stanno distruggendo il passato senza previsioni per un futuro che non avrà protagonisti (giovani) nè risorse, e limitando le agevolazioni del presente ad una minoranza senza scrupoli mentre gli attrezzi alla testa, come quelli dell’asino non permettono alla popolazione guardarsi attorno e capire che viene sfruttata e da chi. Tornando in Sicilia, purtroppo, questa situazione si ripete e si moltiplica. Nessuno vuole saperne del fatto che abita in zona sismica e che il negozio della costruzione così come si fa e come viene sfruttato conduce soltanto ad altrettante “L’ Aquila” quante città ci sono nell’isola. Nessuno vuole comprendere che si inquina anche lasciando perdere le terre che gli antichi donarono con tanto sforzo, bruciando le piante che crescono naturalmente o lasciando abbandonati interi casolari che servono di rifugio ai topi, più grandi dei gatti, in Sicilia. E nessuno apprende dalle esperienze passate che ci vuole un po’ più di personalità, di presenza nella vita quotidiana della loro società, del loro governo regionale e della politica italiana in generale., che non si deve permettere più questa situazione e che se i politici continuano a litigare per un pezzo di potere e di lucro, mentre il loro mondo cade a pezzi, è arrivato il momento di mettere dei limiti, di manifestare apertamente il proprio disagio e chiedere più serietà ai politici regionali in primo luogo per continuare dopo con quelli nazionali. Ma c’è veramente questo disagio? O c’è il classico “laisser faire” che significa anche “laisser vivre”. Ma fino a quando? E come? Chissà, guardare ogni tanto verso il mare, servirebbe ai siciliani per ingrandire il loro orizzonte mentale, guardando anche più là del mare alla società latinoamericana. Così come a noi servirebbe guardare un po’ all’esperienza europea, capire che dagli emigrati può arrivare anche in Europa un soffio di gioventù e di energia, un’ aria di rinnovamento, servirebbe all’Europa e servirebbe significativamente ai siciliani, negli ultimi anni chiusi verso una realtà: l’emigrazione, che fu e continua ad essere parte della loro quotidianità ignorata.