(Antonina Cascio) - “Ho dato la mia parola”, diceva tante volte mio padre quando ero bambina. La parola impegnata serviva come una cambiale, firmata e bollata e non c’era nessuno capace di ribadire chi gliela ricordava. Essendo una piccola ragazzina attenta sempre al lavoro del padre, un lavoro che mi sembrava così importante¡

Costruire le case dove la gente ci abitava. Interi quartieri della Mendoza dei ’50 e i ’60, sono stati costruiti da mio padre e la sua piccola ditta, che stipolava ,di parola, il prezzo e le condizioni.Ricordo che dai setti , otto anni ero io a scrivere il preventivo che mi dettava mio padre, unica cosa scritta e senza firme, che si dava al padrone della casa o all’impresa che intraprendeva la costruzione del quartiere e che a sua volta cercava altre piccole imprese come quella di mio padre per lavorarci. Ricordo che a metà dei ’60, siccome c’era la crisi finanziaria in Argentina s’incominciò a stipolare, con la firma delle persone, in maniera scritta i termini del lavoro intrapreso. Anche sono stata io a intraprendere questa nuova strada accanto a mio padre, scrivendo le condizioni e le esigenze mutue, in copia dattilografica. C’erano già quelli che avevano perso il rispetto della parola, ma quasi sempre si trattava di gente che la crisi aveva lasciato in terribili situazioni e che non potevano far fronte alle promesse fatte, e c’erano quelli ancora capaci di finire per strada nel rispetto della propria parola. Certamente mio padre mai ha permesso una cosa simile e arrivava con loro a un accordo che rispettavano quasi sempre. A poco a poco i tempi cambiarono.Apparirone le cambiali, gli accordi firmati, bollati ed anche autorizzati dalle autorità giudiziarie. Niente risultò sicuro da quel tempo.Nei settanta prese posto in Argentina una situazione talmente insicura e tragica-quella della quale fà beffa il cavaliere, chissà nostalgioso dei tempi ed i luoghi dove l’opposizione si tagliava meglio e più facilmente che i soldi destinati agli emigrati-, che la parola passò ad essere una entità vuota di ogni senso, di ogni verità, di ogni possibilità di essere creduta. La democrazia è tornata, almeno di nome, almeno di fatto.Ma quanto tempo ci vuole perchè nella cultura di questa società prenda posto un’altra volta la parola, la qualità della parola, la parola piena di significato, piena di amore per noi stessi, piena di orgoglio dell’esistenza umana espressa attraverso la parola? Oggi la parola non esiste, in tanto è un simbolo vuoto , un continente senza contenuto. Non esiste nemmeno la parola che si vota in una assemblea. Non esiste la parola della gente della nostra collettività, non esiste la parola.O sì, esiste per fastidiare il prossimo, per cercare di cambiarla d’accordo al proprio interesse, per riempire di falsità il suo continente e farla diventare un articolo senza valore, nè morale, nè economico, nè intellettuale. La parola non significa onore e risponsabilità oggi. Non la parola di alcuni membri della collettività italiana di Mendoza, purtroppo la mia collettività.