Aditya Chakrabortty Mentre i nostrani benpensanti si scandalizzano per la contestazione dei Gilet Gialli contro la raccolta fondi dei miliardari francesi per la chiesa di Notre-Dame, un articolo del Guardian denuncia l’impostura di questa operazione.

Le donazioni dei miliardari trasformeranno Notre-Dame in un monumento all’ipocrisia –

di Aditya Chakrabortty (da: The Guardian) - Nel 2017, erano comparsi sulla stampa internazionale numerosi articoli che sottolineavano il miserevole stato della chiesa di Notre Dame di Parigi. I funzionari della cattedrale avevano mostrato ai giornalisti come i rattoppi di calcare si sbriciolassero sotto le dita. I gargoyle che avevano perso la testa venivano tenuti insieme con tubi di plastica, mentre le balaustre cadute venivano sostituite con assi di legno. Tutto questo decadimento era stato causato dall’inquinamento, dalle piogge acide e da otto secoli di utilizzo, ma era da biasimare anche la negligenza dello stato. I custodi dell’edificio chiedevano più soldi, ma né il governo francese che stringeva i cordoni della borsa, né i ricchi che brontolavano per le tasse sempre crescenti avevano dato abbastanza. Poi è arrivata la Settimana Santa del 2019 e l’inferno sulla Senna e, all’improvviso, sembra che non ci sia limite a quello che si può dare. Dopo aver parlato per anni delle scarse risorse a disposizione del settore pubblico, il presidente francese, Emmanuel Macron, ora vuole mobilitare tutte le risorse dello stato per ricostruire la cattedrale, ora senza tetto, in soli cinque anni. E i soldi dell’oligarchia miliardaria della Francia continuano a piovere. In tre giorni, alla cattedrale sono stati promessi 100 milioni di euro da Francois-Henri Pinault, l’attuale proprietario di Gucci e Yves Saint Laurent, 200 milioni di euro dalla famiglia Arnault, detentori del marchio Louis Vuitton, altri 200 milioni di euro da parte dei proprietari de L’Oreal, la famiglia Bettencourt Meyers e 100 milioni di euro dal gigante petrolifero francese Total. Da questi due episodi, a soli due anni di distanza, possiamo trarre un paio di conclusioni. La prima è che ciò che sta accadendo questa settimana è una notevole dimostrazione del coordinamento fra settore pubblico e generosità privata, al servizio di una grande cosa: il restauro di uno dei tesori mondiali. La seconda è che la cattedrale ricostruita sarà un monumento alla gigantesca ipocrisia della politica dell’austerità. Un patrimonio storico, che due anni or sono riscuoteva si e no una scrollata di spalle, questa settimana riveste un’importanza mondiale. Una classe miliardaria, che aveva urlato di dolore per le tasse sulla ricchezza dell’ex presidente François Hollande ora è felice di sborsare tutto quel che serve. Un politico, Emmanuel Macron, che ha più volte ripetuto ai poveri che devono vivere con meno e agli operai che devono dare di più ai padroni, ora gioca a fare il leader nazionale, un Charles de Gaulle con un po’ più di brillantina in testa. E, una capitale che negli ultimi mesi è stata assediata dai lavoratori poveri, dai gilets jaunes, viene messa di fronte, ancora una volta, all’enorme ricchezza detenuta da pochissimi dei suoi cittadini. Tutto quello che fino al 2017 era considerato impossibile ora, nel 2019, è diventato essenziale. Certo, preferiremmo che i milioni dei privati venissero tirati fuori dai loro cuscini di piume e spesi in lavori pubblici. Ma dovremmo anche chiederci perché ci vuole un disastro cosmico perché una cosa del genere possa accadere e perché questi generosi donatori sono così restii a dare i loro soldi a priorità scelte in modo democratico, che è poi il fine ultimo delle tasse. Se gli ultra-ricchi riescono a sborsare sull’unghia così tanti milioni di euro per un edificio, cosa impedisce loro di porre fine alla fame e alla povertà? Pochi vogliono porsi questa domanda, né l’ovvio seguito, vale a dire con quanto contribuirà la multimiliardaria Chiesa Cattolica. La stampa preferisce invece rimanere a bocca aperta davanti alle cifre a nove zeri apparse come per magia, mentre Macron e gli altri si congratulano con i donatori, senza far domande sulla provenienza di tutti quei soldi. Qualcuno va anche oltre. Il redattore di Moneyweek è arrivato al punto di commentare sui social media: “I miliardari, a volte, possono essere davvero utili.” Beh, sì. E la democrazia può essere un grosso fattore di degrado e la maggiore uguaglianza un enorme ostacolo. Ma, per chi ha voglia di guardare, cose brutte da vedere qui ce ne sono tante. Non appena Pinault aveva promesso i suoi 100 milioni di euro, il suo consigliere, Jean-Jacques Aillagon, aveva immediatamente proposto che tutte queste donazioni potessero ricevere una detrazione fiscale del 90%. In altre parole, la popolazione francese avrebbe dovuto finanziare la maggior parte della generosità dei suoi amati miliardari. Il suggerimento era stato rapidamente ritirato, ma chi lo aveva proposto non è un ingenuo. Aillagon, un ex ministro della cultura, sa benissimo che le donazioni di beneficenza in Francia ottengono un rimborso del 60%: così, per ogni 100 milioni di euro che unpapa gâteau vuole impegnare, la collettività pagherà 60 milioni di euro. Reuters riferisce che, almeno la famiglia Pinault, resta fuori da questo giro e non rivendica sgravi fiscali. Poi ci sarebbe da chiedersi da dove arrivano quei 200 milioni di euro dell’uomo più ricco di Francia, Bernaud Arnault, che, solo pochi anni fa, aveva presentato domanda per ottenere la nazionalità belga. Questo non per godere di vantaggi fiscali, aveva detto il suo portavoce, ma unicamente per gestire meglio i suoi affari. Nulla a che vedere con il fatto che l’imposta di successione in Belgio è solo del 3%, mentre la Francia vuole l’11%, non monsieur. Una cosa così agghiacciante non è solo tipica della Francia. È internazionale ed è l’ortodossia. Basta guardare l’articolo di fondo del Guardian di giovedì su come in Inghilterra l’1% della popolazione possieda il 50% dei terreni. Oppure ricordarsi della scoperta di Oxfam, secondo cui l’anno scorso i 2.200 miliardari del mondo si sono arricchiti del 12%, mentre 3,5 miliardi di poveri si sono ulteriormente impoveriti dell’11%. Quelli in cima estraggono la loro ricchezza da quelli che stanno sotto e poi vengono applauditi quando gli tirano gli spiccioli. Da qui il passo è breve per una Notre Dame ricostruita con una galleria Arnault e un centro visitatori L’Oreal. Sta scherzando, penserete. Nel qual caso, permettetemi di farvi da guida alla galleria Sackler al Serpentine di Londra, generosamente donata da una famiglia che ha guadagnato milioni dalla dipendenza da oppioidi. Non ultimo in questa litania di ironie è il fatto che ci vuole una cattedrale cattolica per ricordarci che siamo ancora praticamente rimasti all’acquisto medievale delleindulgenze, quando i ricchi potevano ammassare le loro fortune nei modi più turpi e a loro piacimento e poi far donazioni alla Chiesa per lavarsi la reputazione e assicurarsi la salvezza. Che cosa diceva il vecchio Fra Tetzel? “Quando l’oro nel forziere tintinna, l’anima salvata in cielo salta.” Fonte: theguardian.com