* A Berlino non crollò il socialismo (mai realizzato), ma lo “statalismo socialista” dell’Est, reso possibile dagli accordi post-bellici fra Alleati. Trionfò il “modello” neoliberista, già dominante in Gran Bretagna e negli Usa, basato sul primato della finanza, dei mercati e su due pilastri fondamentali: la corruzione che genera ricatto e il terrore che genera paura; entrambi usati per tenere a bada i governanti e per garantirsi il necessario consenso legittimante.
Tutto ciò fu agevolato dalla sistematica liquidazione dei partiti di massa, dal ridimensionamento dei sindacati e dei loro gruppi dirigenti. Un mutamento drammatico, a tratti brutale, che travolse i principi democratici e costituzionali della sovranità e della coesione nazionale e internazionale (europea) e prodotto un potere informe, senza regole, spesso senza volto, ormai dominatore nel mondo, soprattutto nelle società d’Occidente. Un potere deresponsabilizzato che sfugge al controllo democratico e che pertanto degenera nell’abuso, nel privilegio. In realtà, in quegli anni, crollò il primato della politica e dello Stato, soppiantati dalle oligarchie finanziarie che si sono impossessate del potere e della sua gestione, diretta-mente e/o mediante le grandi catene mediatiche, i “social” e talune associazioni “riservate” o addirittura segrete capaci di penetrare i livelli apicali delle società e delle istituzioni. Lo spartiacque si fa risalire al crollo del muro di Berlino nel 1989. A ben vedere, quel muro vergognoso non crollò sotto i colpi di coloro che si fecero riprendere dalle tv col picconcino in mano, ma fu semplicemente abbandonato dai suoi costruttori e gendarmi dell’Urss e della Rdt, con l’accordo degli altri Paesi del Patto di Varsavia. E -si dice- sulla base di un’intesa raggiunta tra Gorbaciov e Reagan. Un accordo parrebbe monetizzato: si parla di circa 40 miiardi di dollari che, però, a Mosca non arrivarono, provocando l’umiliante estromissione di Gorbaciov dal potere sovietico e la fine dell’Urss. Il resto è noto… * Agostino Spataro, in "Il dono di Tita"