Roma - “In occasione della nostra Assemblea di febbraio constatammo e riuscimmo a cogliere alcuni segnali di controtendenza con il passato. Con l'arrivo del nuovo governo e del nuovo ministro e sottosegretario ritrovammo finalmente la possibilità di dialogo. Avemmo l'occasione per presentare al nuovo governo lo stato drammatico in cui versavano ed erano state ridotte le politiche verso gli italiani all'estero

tanto a livello di finanziamenti, che di negazione dei diritti ed in particolare quelle legate al rinnovo dei Comites e del Cgie”. E’ quanto sottolineato dal segretario generale del Cgie, Elio Carozza, nella sua relazione alla Plenaria del Cgie alla Farnesina. “Solo la forza del puro volontariato espresso da sempre dagli italiani all'estero sfuggito all'attenzione, sottovalutato e non preso in seria considerazione dal senatore Mantica e da qualche suo amico – ha spiegato Carozza – ha permesso di mantenere in piedi la rappresentanza tanto a livello locale tramite i Comites, - e colgo questa occasione per ringraziare ogni consigliere dei Comites in ogni parte del mondo - quanto della rete associativa alla quale vanno altrettanti ringraziamenti. La resistenza dei Comites – continua Carozza - e della rete associativa ha dato a noi del Cgie la forza di continuare e non abbandonare”. “Credo comunque – ha aggiunto – che sarebbe poco obiettivo non riconoscere tuttavia, che lo sfiancamento ha prodotto un indebolimento considerevole degli Istituti di rappresentanza ed ha ridotto ad un sottilissimo filo la fiducia, il legame e la relazione delle nostre comunità con il Paese Italia”. “La nostra principale preoccupazione, a dire il vero non solo di oggi ma già da qualche tempo – ha sottolineato Carozza nella sua relazione alla Plenaria del Cgie – è proprio quella di evitare che questo sottilissimo filo si spezzi senza nessun punto di ritorno. Noi, come Consiglio Generale e sono certo di farmi interprete anche del sentimento dei Comites e della rete Associativa, viviamo questo pericolo, tra l’altro anche come un paradosso. In realtà chi potrebbe uscire sconfitto da un definitivo staccamento del cordone ombelicale che lega le comunità all'Italia, è oggi l'Italia stessa”. “Non sono gli italiani all'estero che hanno bisogno dell'Italia – ha detto il segretario – non è mai stato tra l'altro così, basti solo pensare al contributo economico che hanno dato gli italiani all'estero nella fase di ricostruzione post bellica e fino agli anni ‘80 con le rimesse, ma oggi, ancora più di ieri, è l'Italia ad aver bisogno degli italiani che vivono nel mondo”. “L’unico campo nel mercato internazionale nel quale l'Italia non perde un colpo ma continua a crescere a ritmi per questi tempi inaspettati è quello del made in Italy. Il made in Italy, la creatività, i modelli di vita, la cultura e le sue tradizioni – ha detto Carozza – sono uno strumento potente per sostenere l'Italia ed il suo enorme sforzo di riconquistare un ruolo globale. Gli Italiani all'estero insieme a quelli di origine, ed il ruolo che essi hanno conquistato nelle diverse società di accoglienza sono una parte decisiva per valorizzare l'aggettivo ‘italiano’ come ha avuto modo di affermare molto spesso il presidente del Consiglio Monti”. “Non si tratta di fare un appello patriottico o di tentare di immunizzare i rischi del presente rifugiandosi in una realtà edulcorata dall’immaginazione – ha detto Carozza –. Si tratta di una prospettiva che ha radici profonde e ha avuto nel corso del tempo riscontri probanti e ripetuti. Nelle poche occasioni nelle quali si è avuto modo di riflettere sul contributo che gli emigranti hanno dato allo sviluppo del Paese e sul modo in cui loro stessi hanno vissuto all’estero il fermento nazionale, l’esperienza dell’emigrazione è risaltata chiaramente come scuola di sacrificio, che nelle condizioni di partenza e spesso in quelle di arrivo è riuscita a superare positivamente difficoltà e ostacoli, a favorire la modernizzazione dei Paesi di residenza e l’affermazione in essi di nuovi modelli di relazioni sociali e culturali”. “L’emigrazione, dunque – ha sottolineato ancora il segretario generale – oltre ad una parte essenziale della storia italiana, può essere una leva importante per la ricostruzione di quell’Italia nuova che sarà tale solo se saprà trovare una collocazione e un ruolo autorevole sul piano internazionale. Con questo rinnovato e forte sentimento di unità nazionale, con questo necessario senso del bene comune in questo momento difficile, noi continueremo a rivendicare, come un dovere e un’opportunità nazionali, l’esigenza di conservare e sviluppare la rete di rapporti con le nostre comunità all’estero”. (novecolonne ATG)