Dopo il consolidamento italiano del 1870, il Risorgimento, la grande ondata d'immigrazione italiana ebbe inizio. In Italia si era costituito un governo comune, ma non una nazione. Come disse uno statista, "Fatta l'Italia, ora bisogna fare gli italiani." Nell'Italia meridionale, il Mezzogiorno,

si parlavano diverse lingue, era stato dominato per secoli da poteri stranieri ed aveva culture differenti. Molti nell'Italia settentrionale disdegnavano gli italiani del sud. Le politiche imposte dal nord resero terribili le già povere condizioni economiche meridionali. La mancanza di lavoro e la minaccia della fame costringevano molti a cercare un'occupazione nell'America settentrionale e in quella meridionale e le persone diventarono l'esportazione italiana di maggiore successo. Dal 1870 al 1920, 8, 8 milioni di italiani si erano stabiliti in tre paesi del nuovo mondo: Stati Uniti (5 milioni), Argentina (2,4 milioni) e Brasile (1,4 milioni). Dal 1870 al 1900, molti espatriarono in Brasile e Argentina. Dopo il 1900, molti entrarono negli Stati Uniti. Investimenti nelle Americhe crearono milioni di lavori non specializzati e tutte e tre le Nazioni, avendo allontanato gli indigeni del posto, cercavano gli europei. Gli italiani in Sud America non affrontavano la concorrenza degli immigrati precedenti che avevano trovato negli USA. In Brasile, la fine della schiavitù (1888) e l'espansione delle piantagioni di caffè stimolarono una spinta parzialmente sovvenzioninata dal governo affinché gli italiani rimpiazzassero gli africani emancipati nelle piantagioni e nelle miniere brasiliane. Trattati poco meglio degli schiavi che rimpiazzavano, gli italiani si volsero presto verso altre attività. Oggi, lo Stato più ricco del Brasile, San Paolo, conta più persone di origine italiana di quelle portoghesi che lo fondarono. L'Argentina credeva che governare significasse popolare e gli immigrati italiani erano i benvenuti. I genitori di Papa Francesco erano immigrati italiani. Gli Stati Uniti erano scarsamente popolati e la migrazione occidentale facilitata dalla ferrovia, insieme a un'enorme crescita industriale, portò il bisogno di lavoro a basso costo. Gli italiani lavoravano nelle miniere per estrarre ferro e carbone, quest'ultimo richiesto dalle nuove fabbriche per costruire grattacieli, metropolitana, canali, ferrovie e tunnel e lavoravano nelle fabbriche. La manovalanza costituiva più del novanta per cento degli immigrati italiani. Gli italiani che approdarono a New York trovarono gli irlandesi e Tammany Hall a governare la città. Se un italiano non era muratore, sarto, barbiere o calzolaio, o non poteva aprire una bottega con la sua famiglia, egli era relegato ai lavori manuali. Gli italiani meridionali rappresentavano l'ottanta per cento degli immigrati a New York, spesso usati come “pale umane a vapore,” che costruivano i grattacieli e la metropolitana di New York. Le donne spesso lavoravano nell'industria dell'abbigliamento. Gli italiani poveri non avevano il denaro per il viaggio e dovevano trovare immediatamente lavoro, scatenando il sistema lavorativo dei padroni. I padroni erano agenti lavorativi e subappaltatori che costruivano ferrovie, tunnel e canali con squadre di operai migranti ottenute reclutando italiani in Italia per una percentuale della loro paga. Nonostante le decurtazioni dei padroni, gli immigrati guadagnavano di gran lunga molto di più negli Stati Uniti di quanto potessero guadagnare in Italia. I primi immigrati italiani erano prevalentemente uomini, prova della loro intenzione di ritornare in patria. Gli italiani erano definiti “Uccelli di passaggio” perché facevano numerosi viaggi per guadagnare soldi in America, poiché i primi immigrati in America tornavano nel loro paese. La letteratura del periodo migratorio italiano a New York metteva in evidenza lo squallore delle condizioni di vita. Benché indubbiamente vero, la vita a New York attirava gli italiani ‘”Uccelli di passaggio” a rimanere in America. Gli italiani immigravano nelle vicinanze in cui parenti ed amici si erano stabiliti precedentemente. Le fabbriche trasformarono gli italiani da contadini agricoltori in salariati. Il lavoro, l'etica e la fiducia nella famiglia incontrarono un grado di mobilità economica e le interazioni sociali della vita di città, non disponibili per la maggior parte degli uomini e donne nei villaggi agricoli, che avevano abbandonato, ed essi trovarono questo nuovo ordine economico e sociale attraente. Nel 1911, la Commissione Dillingham, formata sia da senatori, sia da deputati, decise che gli europei orientali e meridionali minacciassero lo stile di vita americano. E le leggi sull'immigrazione divennero più severe. Gli “Uccelli di passaggio” italiani dovettero decidere se rimanere in America e portare le loro famiglie. Mio padre e i miei nonni emigrarono da Napoli a New York. Come il personaggio del mio romanzo, Guido Basso in "Birds of Passage, an Italian Immigrant Coming of Age Story", entrambi i miei nonni erano straccivendoli. Il loro lavoro era sporco e massacrante, ma erano padroni di se stessi. Mio padre acquisì solo un'istruzione fino alla seconda media, prima di presentarsi al lavoro. A lungo disoccupato durante la Grande Depressione, alla fine ottenne un lavoro in un magazzino. Lavorando velocemente per fare colpo sul capo, stese la mano per prendere una scatola in alto poiché era stato lasciato un vaso. Il ninnolo di vetro scivolò e si frantumò sul pavimento. Mio padre fu licenziato sul posto. Non dissuaso, avviò la sua impresa. Crescendo, se io e mio padre vedevamo, passando, un uomo che faceva un duro lavoro manuale, lui mi diceva: "Vedi? Vai a scuola." Mia madre era una delle cinque figlie impiegate a casa a lavorare a cottimo, così la sua famiglia poteva guadagnare abbastanza soldi per lasciare il casamento. Alla fine la sua famiglia comprò una casa a Brooklyn. Molti lettori hanno notato i forti personaggi femminili in "Birds of Passage". Sono cresciuto circondato da donne con forza interiore e cuore generoso. Molti Italo-americani vivono alle spalle di quegli intrepidi abbastanza a lungo da farsi una nuova vita in un Paese nuovo. "Birds of Passage" non parla della mia famiglia, ma io sono abbastanza anziano da aver conosciuto persone che sono nate nel diciannovesimo secolo. Nel mio romanzo ho cercato di cogliere come pensassero e agissero gli immigrati italiani di quella generazione. (Joe Giordano - traduzione di Lidia Augello)