Un “viaggio” da temporaneo a permanente”. Un’occasione per fare il punto sui nuovi flussi migratori italiani e sulla necessità di politiche innovative.
L’on. Marco Fedi (foto accanto), ha partecipato ieri alla presentazione della ricerca promossa dalla Fondazione Migrantes, (Editrice Tau), “Giovani italiani in Australia. Un “viaggio” da temporaneo a permanente” di Michele Grigoletti e Silvia Pianelli. Nel suo intervento, Fedi ha ringraziato la Fondazione Migrantes e gli autori del volume per l’importante lavoro di ricerca che fornisce un'analisi aggiornata del fenomeno migratorio italiano in Australia di questi ultimi anni. Il quadro che ne emerge, sottolinea Fedi, “è quello di una generazione di giovani – The Departed Generation – composita, sia dal punto di vista della formazione che delle professionalità: ricercatori, professionisti ma soprattutto giovani alla disperata ricerca di un lavoro. Uno studio, quello presentato oggi, di cui si sentiva il bisogno”. Fedi ha poi contestualizzato i flussi verso l’Australia nel quadro dei movimenti migratori italiani che negli ultimi dieci anni si sono più che raddoppiati. “Tra i paesi industrializzati, l’Italia è uno di quei Paesi che è divenuto meta di flussi migratori e, contemporaneamente, è tornato ad essere paese di partenza. Una realtà, quest’ultima, che riguarda anche altri Paesi europei alle prese dal 2008 con una crisi economica senza precedenti (Spagna, Portogallo, Grecia, Italia, Irlanda). Nel 2014, l’Istat riporta 89mila emigrazioni per l’estero su complessive 136mila cancellazioni registrate. Il numero dei connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero cresce dell’8,2% rispetto al 2013 ed è più che raddoppiato rispetto ai cinque anni precedenti. Tale incremento, congiuntamente alla contrazione degli ingressi (3% in meno del 2013) produce un saldo negativo dei soli cittadini italiani di ben 60.000 unità. I principali Paesi di destinazione per i cittadini italiani sono quelli dell’Europa occidentale: Germania (14mila), Regno Unito (13mila), Svizzera (10mila) e Francia (8mila). Tuttavia, l’Australia continua ad essere tra i Paesi preferiti dai giovani italiani che decidono di partire, nonostante le difficoltà di un sistema di accesso particolarmente restrittivo. La popolazione migrante ha un profilo per età molto giovane. Tra coloro che emigrano, indistintamente dal genere, ben il 50% possiede un’età compresa tra i 15 e i 39 anni. Nel 2014, il saldo migratorio con l’estero degli italiani con almeno 25 anni evidenzia una perdita di residenti pari a 45 mila unità, di cui ben 12 mila sono individui in possesso di laurea. Una significativa perdita di residenti riguarda anche quanti sono in possesso di un titolo di studio fino al diploma di scuola media superiore (-33 mila). I dati statistici non ci permettono, per una serie di ragioni, rilevazioni accurate ma possiamo coglierne, comunque, tutta la rilevanza e la differenza con le precedenti migrazioni storiche. I dati di molti paesi del sud Europa sembrano suggerire che i “migranti”, o i “viaggiatori” di oggi, sono giovani, fondamentalmente ben istruiti e con un certo grado di professionalità da spendere. Al di là delle ragioni tradizionali che spingono a lasciare il proprio paese, la persistente crisi economica e i conseguenti alti tassi di disoccupazione giovanile, possiamo dire che le nuove mobilità riguardano anche la ricerca di nuove opportunità, non solo professionali ed economiche. Siamo in presenza, cioè, di un fenomeno più complesso di quello delineato dalle statistiche e che occorre analizzare con attenzione per coglierne tutte le sfumature. Direi sostanzialmente – ha continuato Fedi nel suo intervento – che dal punto di vista di chi parte, la “mobilità” è oggi una strategia consolidata, una sorta di “normale” condizione dell’essere cittadino contemporaneo alla ricerca di nuove opportunità. I movimenti interni all’UE di giovani cittadini europei ne sono un esempio. Anche grazie a programmi di formazione scolastica, universitaria e professionale, a politiche di welfare avanzate, abbiamo visto consolidarsi la consapevolezza della mobilità come step necessario alla propria formazione professionale e umana. Nel contempo, la globalizzazione economica ha portato la forza lavoro, soprattutto altamente professionalizzata, a considerarsi e ad essere altamente mobile e globale”. La narrazione delle migrazioni contemporanee necessita, quindi, di nuovi orizzonti interpretativi anche nella prospettiva di politiche innovative che riguardano la mobilità multidirezionale dei nostri giovani. “Del resto, la consapevolezza che queste nuove partenze incidano gravemente e negativamente sullo sviluppo e la crescita del Paese ha iniziato a insinuarsi anche nelle elite culturali e politiche italiane. L’impatto delle partenze sul futuro del nostro Paese dipenderà dalla forma che assumeranno questi movimenti, se saranno strutturali, permanenti o temporanei, se riguarderanno settori altamente professionalizzati oppure no e se il Paese sarà in grado di rispondere con politiche originali. Fare dell’emigrazione una risorsa, lo sappiano bene dalla nostra esperienza, non è facile: richiede un’attenzione costante ma soprattutto la volontà politica e una visione prospettica sul futuro. Per trarre vantaggio dall’emigrazione e ridurre i suoi costi per il paese, occorre investire e produrre legislazioni moderne che tengano conto di diversi aspetti, tra i quali: il coinvolgimento dei migranti nelle scelte del Paese di origine (attraverso il riconoscimento di diritti politici, di cittadinanza, di diritti legali e fiscali, ad esempio); la promozione di politiche che favoriscano il ritorno e la “connessione stabile” con il Paese di origine; la valorizzazione del fattore identitario attraverso politiche di stimolo culturale innovative; la valorizzazione delle esperienze professionali e formative acquisite nel corso dell’esperienza migratoria; lo sviluppo di partnership con i Paesi di destinazione su diversi fronti, incluso quello dei diritti. Rispetto all’Australia, ad esempio, non molti sanno che il flusso verso questo Paese ha subito in questi ultimi tempi una flessione a causa dell'introduzione da parte del governo di Canberra di nuove regole fiscali “penalizzanti” per gli italiani, che stanno perciò virando verso la Nuova Zelanda. A Roma si attende la nomina del nuovo ambasciatore, al quale è mia intenzione di presentare alcune proposte in materia non solo fiscale, ma anche per la tutela in campo sanitario e per i visti”. Fedi ha concluso il suo intervento annunciando la proposta di istituire “a livello parlamentare un Osservatorio permanente dei flussi migratori, strumento necessario per conoscere il fenomeno in tutti i suoi molteplici aspetti”.