SENATO DELLA REPUBBLICA ESAMINATO IL DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL’INDAGINE CONOSCITIVA SULLA RIFORMA DEI PATRONATI ITALIANI CHE OPERANO NEL MONDO PER LE NOSTRE COMUNITÀ ALL’ESTERO
ROMA – Il Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero ha esaminato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla riforma dei Patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità italiane residenti all’estero. La seduta è stata aperta dal presidente del Comitato Claudio Micheloni che, dopo aver ribadito l’importante funzione svolta dalle associazioni di patronato a favore degli italiani all’estero, ha sottolineato come le criticità emerse nel corso dell’indagine, e illustrate nel documento, riguardino prevalentemente il funzionamento dei patronati e la gestione delle strutture. Micheloni, nel sollecitare ulteriori approfondimenti sulla questione, ha poi evidenziato come le ispezioni svolte dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali presso le associazioni all’estero abbiano luogo, anche per motivi legati alle ristrettezze di bilancio, con una cadenza quinquennale nel medesimo paese. Un intervallo temporale che, nel caso un’ispezione riscontri irregolarità sostanziali (forte riduzione del punteggio attività e/o mancanza di requisiti organizzativi), non consente lo svolgimento nell’anno successivo di un’adeguata verifica. Micheloni si è poi soffermato sia sulla cosiddetta “doppia statisticazione”, riferendo della prassi utilizzata dagli enti nazionali di inviare pratiche alle sedi estere per metterle a punteggio anche senza alcuna attività istruttoria svolta da queste ultime, sia sull’uso della password che consente di accedere alle banche dati degli enti previdenziali e che secondo le indicazioni del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dovrebbe essere data solo agli operatori di patronato. Una indicazione che alcuni enti di patronato non seguono consentono anche ai collaboratori volontari l’uso delle password con enormi rischi, secondo Micheloni, per la privacy degli assistiti. Un argomento, quest’ultimo, su cui, riferisce il presidente del Comitato, sono intervenute ultimamente due sentenze (Tar Trieste e Tar Lazio), promosse da Inca e Ital contro il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che hanno dato una interpretazione estensiva dell’utilizzo degli accessi, annullando quanto riportato dal medesimo ministero all’interno del “Vademecum per lo svolgimento dell’attività di vigilanza sugli istituti di patronato e di assistenza sociale” nella parte in cui ribadiva che “ai suddetti collaboratori non può essere consentito l’accesso alle banche dati degli enti previdenziali, di esclusiva competenza degli operatori di patronato”. Micheloni ha inoltre segnalato sia un aumento non giustificato delle sedi di patronato, in particolar modo in Germania tra il 2009 e il 2011 in aeree dove il numero dei connazionali era decrescente, sia in generale una carente attività di vigilanza da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, spesso accompagnata da una sostanziale autocertificazione dell’attività da parte dei patronati. Messo in evidenza da Micheloni anche il tema della responsabilità degli enti nazionali nei confronti dei dipendenti delle associazioni all’estero che compiono atti illegittimi. Micheloni, dopo aver ricordato che l’attuale lavoro di indagine appare incompiuto essendo mancate le risposte del ministero del Lavoro ai requisiti avanzati dal Comitato nel maggio 2015, ha illustrato alcuni suggerimenti di modifica della normativa esistente che potrebbero contribuire a migliorare le criticità emerse. “In primo luogo – ha spiegato Micheloni – le ispezioni dell’attività dei patronati all’estero dovrebbero restringersi alla verifica dell’organizzazione della sede e il controllo delle attività dovrebbe essere assicurato attraverso sistemi telematici che prevedano il coinvolgimento degli enti previdenziali e l’incrocio dei dati. In secondo luogo – ha proseguito il presidente – andrebbe previsto l’obbligo per i patronati di avere un bilancio analitico che comprenda anche l’attività svolta all’estero. Il bilancio dovrebbe essere costituito dal conto economico, ove sono indicate le voci dei costi e dei ricavi ammessi, e dallo stato patrimoniale, economico e finanziario e consolidato per le associazioni all’estero che, operando secondo il diritto locale, sono soggette a obblighi di rendicontazione propri di ogni Stato di residenza e applicando, ai fini del bilancio consolidato, gli stessi principi contabili in base ai quali devono essere redatti i bilanci dell’ente originario domestico. Se i patronati all’estero – ha continuato Micheloni – saranno obbligati a predisporre i bilanci ai sensi della legge locale con principi diversi da quelli italiani, gli stessi dovranno essere obbligati ad effettuare le necessarie riclassificazioni. Inoltre, ai componenti degli organi amministrativi direzionali e di controllo dovrebbe applicarsi il regime di responsabilità per gli amministratori delle associazioni non riconosciute previsto dal codice civile. Infine – ha concluso Micheloni – sarebbe necessario ritornare al principio dell’unità della pratica, modificando le disposizioni del Regolamento n. 193 nella parte in cui viene riconosciuta la possibilità che ogni singolo intervento attuato in diverse sedi (di una pluralità di paesi esteri) consenta di ottenere il punteggio relativo alla prestazione”. Dal canto suo il senatore Vito Rosario Petrocelli (M5S) si è soffermato sui punti della relazione riguardanti la distribuzione delle risorse tra sede centrale e associazioni all’estero, la concessione delle password ai collaboratori volontari, la mancanza di ispezioni regolari e coordinate, le mancate risposte da parte del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’assenza di una chiara responsabilità tra sede centrale e associazione all’estero. Petrocelli ha anche proposto l’individuazione di una struttura pubblica in grado di assistere i nostri emigrati nel loro primo anno d’insediamento nel paese d’immigrazione. Ha poi preso la parola la senatrice Maria Mussini (Misto) che ha rilevato come questa materia debba essere oggetto di interessamento da parte della Presidenza del Senato. Per la Mussini sarebbe inoltre necessario un ulteriore approfondimento sul tema attraverso adeguati strumenti, tenendo conto del fatto che l’avvio di una Commissione d’inchiesta richiederebbe tempi non brevissimi. La Mussini ha inoltre evidenziato l’inopportunità di affidare ai patronati in modo generalizzato, anche nel caso di chiusura dei consolati, competenze e servizi per gli italiani all’estero. Dopo l’intervento di Carlo Pegorer (Pd) che ha auspicato una nuova audizione sulla materia del sottosegretario al Lavoro Bobba e delle associazioni di patronato, il senatore Francesco Aracri (FI-PdL) ha chiesto, per rispetto alle collettività italiane all’estero, una veloce conclusione dell’indagine conoscitiva. Mario Dalla Tor (AP) nell’esprimere stupore per la mancanza di attenzione da parte del ministero del Lavoro sul rilevamento di violazioni della normativa, ha chiesto il celere avvio di un controllo dei dati e delle attività dei patronati in via telematica. Dalla Tor si è poi detto contrario alla costituzione di una Commissione di inchiesta, in quanto il lavoro svolto dal Comitato appare sufficiente all’avvio di una profonda riforma del settore. Il presidente Micheloni, dopo aver respinto la proposta del senatore Pegorer di richiedere ulteriori audizioni al ministero del Lavoro, ha infine fissato alle ore 12 di mercoledì 17 febbraio il termine ultimo per la presentazione di proposte di modifica allo schema del documento conclusivo in esame. (Inform)