Roma - La crisi economica rende più difficile fare le riforme. Eppure è proprio la debolezza delle sistema delle istituzioni italiane ad aver contribuito alla crisi e a creare le maggiori difficoltà nell’uscirne. E’ per questo che bisogna andare avanti senza indugi: ne è convinto il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello,

che alle Camere ha illustrato la relazione della Commissione di esperti istituita da Giorgio Napolitano all’indomani delle elezioni di febbraio, e che era stato già presentata al premier Enrico Letta. Il tema delle riforme “non è più eludibile”, spiega Quagliariello, e la Commissione ha rinvenuto “nell’incapacità di esprimere nel lungo periodo un indirizzo politico stabile e radicato nel consenso del corpo sociale uno dei più rilevanti elementi di criticità, che è apparso a sua volta direttamente connesso a un processo di indebolimento del sistema dei partiti politici che in Italia ha assunto caratteristiche assai più marcate che in altri paesi europei”. La riflessione parte dalla fattore di base che in crisi in particolare sono “i partiti - senza i quali, è bene rimarcarlo, un sistema democratico non è nemmeno concepibile – che sono apparsi in seria difficoltà nell'assolvere le loro principali funzioni costituzionali di raccordo tra la società e le istituzioni, di selezione della classe dirigente e di elaborazione e attuazione di strategie e politiche pubbliche di ampio respiro. La crisi dei partiti quali strumenti insostituibili attraverso i quali i cittadini concorrono a determinare la politica nazionale si è riverberata direttamente sulle attribuzioni del Parlamento e del Governo, pregiudicandone il corretto funzionamento in termini di efficienza dei circuiti decisionali, stabilità dei governi, efficacia delle politiche pubbliche e autorevolezza delle istituzioni e del corpo politico nel suo insieme”. Quagliariello ha ricordato che i quattro principali ambiti di riforma costituzionale individuati dai commissari riguardano “il rafforzamento del Parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo paritario, una più completa regolazione dei processi di produzione normativa e in particolare una più rigorosa disciplina della decretazione di urgenza; il rafforzamento delle prerogative del Governo in Parlamento, attraverso la fiducia monocamerale, la semplificazione del processo decisionale e l’introduzione del voto a data fissa di disegni di legge; la riforma del sistema costituzionale delle Regioni e delle Autonomie Locali, che riduca significativamente le sovrapposizioni delle competenze e si fondi su una maggiore collaborazione e una minore conflittualità; la riforma del sistema di governo, che è stata prospettata in tre possibili diverse opzioni: la razionalizzazione della forma di governo parlamentare; il semipresidenzialismo sul modello francese; una forma di governo che, cercando di farsi carico delle esigenze sottese a entrambe le prime due soluzioni, conduca al governo parlamentare del Primo Ministro”. E tra i consigli dei saggi c’è anche quello di eliminare la Circoscrizione Estero, perché “il voto per corrispondenza non funziona”. Intanto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato a perorare la causa delle riforme “a cui ho legato il mio impegno all'atto di una non ricercata rielezione a presidente”. Un impegno “che porterò avanti finche sarò in grado di reggerlo". (NoveColonne ATG)