Roma – “Ci troviamo probabilmente nel momento più difficile della vita del nostro Partito, decisivo per il suo futuro. E questa volta lo dico in termini non solo di tenuta elettorale, ma di sopravvivenza politica. Un momento storico drammatico, nel quale dalla crisi economica mondiale, istituzionale italiana, identitaria e organizzativa del Pd e della Sinistra,

possiamo uscire solo dicendoci chiaramente cosa deve essere il PD, a quale base di riferimento vuole guardare, per costruire quale tipo di società, con quale collocazione internazionale e con che struttura organizzativa, con quale idea di partito”. Sono queste le parole pronunciate da Eugenio Marino, responsabile del Pd per gli italiani all' estero, all'Assemblea della Circoscrizione estero del 10 maggio scorso. “Abbiamo assistito negli ultimi due mesi – ha continuato Marino - al collasso della vecchia classe dirigente del Partito. A cui si aggiunge, a mio parere, il palesamento di quella che Pasolini chiamava ‘mutazione antropologica’ di una comunità: quella dei rappresentanti del nostro Partito insieme a quella del nostro elettorato e della società in generale. In questa mutazione, mi pare ci sia la perdita di quel ‘sentimento di comunità’ del quale spesso ho parlato anche in questa assemblea, nei circoli in giro per il mondo e nel seminario del 5 maggio 2011. Quel sentimento secondo il quale si sacrifica il punto di vista personale per un’idea collettiva che diventa azione concreta. Sentimento che allontana e distrugge ogni forma narcisistica in cambio della forza appagante di condividere qualcosa coi compagni di lotta. Quel sentimento, quindi, che ci fa sentire tutti parte di grande una comunità ideale: prima della comunità italiana, poi della comunità di Sinistra e poi della comunità del Pd. Più volte ci siamo detti che c’era il rischio reale che chi era chiamato a rappresentarci, finisse per anteporre le proprie visioni e le proprie istanze a quelle della comunità più ampia. Così come i nostri elettori, che pure pretendevano spesso di voler vedere anteposte le proprie istanze di parte rispetto a quelle del Partito e del Paese. Mi pare che, senza voler giudicare chi ha fatto bene o male, chi avesse ragione o torto, questo sia successo in questi mesi (ma probabilmente anni) nel nostro popolo e nel nostro Partito. E mi pare che l’esito sia stato il collasso a cui accennavo. Ne vorrei discutere qui, su diversi piani, ma dopo aver fatto una premessa. In democrazia non ci sono molti modi per tenere insieme una comunità, una associazione di persone libere o un partito. E questi modi, questi modelli sono noti: vi è il modello dei partiti “padronali” (o se volete chiamateli dei leader forti), come il PDL, nel quale vi è solo Berlusconi che “comanda”. E tutto il resto è contorno e consenso al capo; vi sono i modelli movimentisti e populisti, tipo la Lega di Bossi, l’IDV di Di Pietro e oggi il Movimento 5 stelle di Grillo e per qualche verso il Maie di Merlo; e vi sono i modelli popolari e di rappresentanza democratica, tipo il Pd. Nei primi due modelli vi è una persona sola al comando intorno alla quale si costruisce una comunità che segue e che ha scarso potere decisionale e addirittura di discussione o stimolo. Uno va e gli altri seguono, altrimenti “si è fuori”. “Nel terzo modello, il nostro, - sottolinea l’esponente del Pd - vi sono molte persone che discutono e decidono, dai circoli al vertice. Lo fanno attraverso luoghi virtuali, altri fisici, consolidati e formali, attraverso metodi democratici e organismi ampi o ristretti, sia in linea orizzontale che verticale. Ma lo fanno a tutti i livelli attraverso il principio democratico della decisione a maggioranza, che è l’unico che può funzionare, nel nostro ambito culturale e politico, come l’alternativa possibile alla mancanza di sintesi comune e in alternativa al metodo del “seguire l’ordine del il capo”. “Quindi, oggi serve che il Pd – continua Marino - torni a un’etica, una cultura e a una visione chiara del Partito e della società. Serve che dica forte e chiaro cosa vuole essere, che modello di società vuole disegnare, con chi vuol farlo a livello internazionale e con quale strumento partito”. “Ma l’unità del popolo e del partito la si ottiene quando la politica si dà una linea, anche di frattura, ma dalla quale poi parte per ricomporre le differenze sociali e culturali. Ma questi sono temi che dovremo trattare, questa volta fino in fondo e con il massimo della chiarezza, al congresso. E dunque da qui dobbiamo prepararci ai temi e all’organizzazione formale dei congressi nei circoli all’estero. I delegati, tutti voi delegati, dovete cominciare ad avviare questo lavoro nei vostri territori. Mentre qui, oggi, penso dovremo discutere sulla necessità di individuare alcune questioni prioritarie da portare nell’agenda politica parlamentare. A cominciare dai temi istituzionali: delega governativa per gli italiani nel mondo; mantenimento e ruolo della Circoscrizione estero nell’ambito della riforma costituzionale; riforma del sistema di voto. E temi politici: IMU, servizi verso i connazionali, lingua e cultura. Dobbiamo farlo sulla base del programma con il quale ci siamo presentati agli elettori a febbraio e, soprattutto, tenendo presente l’anomalo governo che ci troviamo a sostenere e le risorse a disposizione”. (NoveColonne ATG)