ROMA - È finita com’era immaginabile, dopo l’annuncio di ieri notte che Pd e Idv avrebbero abbandonato i lavori in Senato. Sulla riforma del Parlamento e la forma di Governo, Pd e Pdl tornano su fronti opposti e non se lo mandano a dire. Dopo le tre sedute di ieri, l’ultima delle quali in notturna, l’Aula del Senato ha ripreso oggi l’esame del provvedimento, messo in discussione da semipresidenzialismo e senato federale introdotti un mese fa in Aula dopo il no della Commissione Affari Costituzionali.

E da lì non ci è più mossi. Anche se è proseguito l’esame dell’articolato, senza soluzioni condivise la riforma costituzionale non verrà mai approvata con la maggioranza dei due/terzi richiesta dalla Costituzione. Dunque servirà un referendum confermativo, per cui non ci sarà mai tempo, con la Legislatura che termina ad aprile. Per questo, Finocchiaro (Pd) ieri ha parlato di "ipocrisia politica" nel voler proseguire l’esame in Senato e del "tradimento" del Pdl. Concetto ribadito oggi insieme alla conferma che il Pd abbandonerà i lavori dell’Aula. Così come farà Idv, per cui ha parlato il senatore Pardi. Quagliariello (PdL) ha giustificato il "sì" al semipresidenzialismo e al Senato federale alla luce dei "mutamenti nel frattempo intercorsi e resi evidenti dai risultati del recente turno elettorale amministrativo e dal default greco". Per il senatore la decisione di Pd e Idv è una "forzatura eccessiva". Fallito il richiamo a "ricostruire il dialogo" tra i partiti dell’Udc, critiche ai due Gruppi sono giunte dalla Lega Nord, dai senatori Viespoli (CN:GS-SI-PID-IB-FI), Tedesco (Misto) e Rutelli (Terzo Polo:API-FLI). Fuori dal coro Pd le posizioni di Livi Bacci e D'Ubaldo che, pur condividendo le critiche del Gruppo, hanno deciso di continuare a seguire i lavori in Aula, ma senza votare, "per rispetto della funzione parlamentare"; per Negri (Pd) sarebbe stato più opportuno trovare un rinnovato accordo, anziché arroccarsi su posizioni di parte, mentre i due radicali – Poretti e Perduca -, in sciopero della fame per chiedere l'amnistia e la riforma della giustizia, hanno ribadito che "sono venute ulteriormente meno le condizioni per proseguire un così importante e delicato dibattito". A questo punto Nania (PdL) ha invocato la nascita in Italia di una forza "autenticamente socialdemocratica", mentre Bondi (PdL) ha rivolto un appello a "riprendere il confronto per evitare un fallimento della riforma che sarebbe l'ennesima sconfitta per la politica". Cosa che per Lannutti (IdV) è già avvenuta, tanto che "sarebbe meglio occuparsi dei veri problemi del Paese". Del Pennino (Misto-PRI) ha informato tutti che rimarrà in Aula "anche per scongiurare una radicalizzazione dello scontro politico tale da pregiudicare le necessarie intese sulla riforma elettorale", mentre Lauro (PdL) ha proposto un cambiamento di rotta: "anziché proseguire il dibattito nel disinteresse dell'opinione pubblica e dei media sarebbe meglio scegliere la strada dell'Assemblea costituente". L'Assemblea ha quindi ripreso l'esame degli articoli, approvando senza modifiche gli articoli 5 e 6 e avviando le votazioni degli emendamenti all'articolo 7, rinviando il seguito della discussione alla prossima settimana. Ma le polemiche sono proseguite anche fuori dall’Aula. Gasparri ha accusato il Pd di "vergognarsi di votare contro il semipresidenzialismo" perché "la sinistra è legata ai vecchi schemi del passato", mentre per Quagliariello "è legittimo essere contrari all’elezione diretta del presidente della Repubblica per convinzione, per mancanza di coraggio o anche perché si ritiene che non ci siano i tempi; è grave non assumersene la responsabilità di fronte a un voto parlamentare”. Non si è fatta attendere la replica di Finocchiaro: "io capisco che Gasparri e Quagliariello debbano difendere la scelta di voler votare in Senato (perché poi tutto finirà lì, e questo testo non sarà mai legge) il semipresidenzialismo e il Senato federale e poter poi usare queste loro bandiere in campagna elettorale. Ma sarebbe ora che la smettessero di mentire agli italiani. Gasparri e Quagliariello sanno bene che abbiamo ragione: ciò che sta accadendo in Senato è una farsa. Lo diciamo noi, lo dicono tutte le altre forze politiche, lo dicono i commentatori più attenti e avveduti, i costituzionalisti e il Capo dello Stato che ha messo in guardia dal forzare in maniera assurda la nostra Carta costituzionale e anche oggi Pdl e Lega lo hanno fatto con il voto che ha fatto saltare la norma sulla salvaguardia dell'Unità nazionale. Ed è proprio per questo che noi non partecipiamo a questo gioco sulla pelle della nostra Costituzione. La nostra non è paura, ma profondo rispetto delle istituzioni". (aise)