(SA) - Che quella che si sta esaurendo fosse una campagna difficile e con una grossa posta in gioco, lo si sapeva fin dal primo giorno. Nessuna meraviglia quindi, se la battaglia si preannunciava, come in effetti poi si è sviluppata, aspra fin dall’inizio. Ma chi pensava che nello scontro tra i candidati fossero entrati, come era giusto, i problemi delle città e dei cittadini,

come era giusto e sacrosanto, ha dovuto ricredersi. Ad infiammare e deviare la campagna ci ha pensato subito il cavaliere, che con la solita irruenza irriverente, ha mosso per prima cosa, nella sua qualità non solo di capolista sia a Milano che a Napoli, ma principalmente nella sua qualità di presidente del consiglio, un duro attacco alla magistratura, definendola cancro della società. Questo, dopo i noti manifesti del candidato Lassini “fuori le BR dalle procure”, che hanno riscosso l’approvazione del cavaliere. Quel Lassini, che vale la pena ricordare, presiede una associazione che per colmo di ironia si chiama: “associazione dalla parte della democrazia”; evidentemente quella del cavaliere e della Santanchè, grandi campioni di democrazia. Da Milano quindi, l’attacco che è andato avanti per tutta la campagna elettorale, con un corollario di falsità nei confronti del candidato del centro sinistra Pisapia, tacciato di estremismo rosso, di volere una città piena di immigrati, di essere un pericolo per la democrazia, a difesa della quale il cavaliere si impegnava a portare avanti senza remore la riforma della giustizia. Sullo stesso terreno è scesa la Moratti, che invece di spiegare ai cittadini le cose che non ha fatto, si è imitata a ballare il bunga burga assurto alla dignità di ballo moderno, sul palco dei comizi, ad accusare di furto il Pisapia, che giustamente si è querelato, a mettere in guardia i milanesi dal pericolo che correvano se avessero votato Pisapèia, che avrebbe popolato di moschee la città, mentre Bossi se ne stava alla finestra e non seguiva il cavaliere nelle sue esternazioni. Il primo raund sappiamo come è finita, a Milano Pisapia si piazza davanti alla Moratti cpn circa sette punti di scarto, a Napoli De Magistris va al ballottaggio contro il candidato del PDL e c’è da auspicare che tutto il centro sinistra faccia quadrato attono a questo candidato dell’IDV. Il secondo raund si preannuncia ancora più aspro e più ricco di colpi di scena. In primis Bossi comincia col dire che non si farà tirare a fondo dal PDL, come a volere annunciare una plateale presa di distanza non solo dalle esternazioni, ma anche del candidato che non era certo gradito alla lega. Dato il risultato, dopo un lungo silenzio rotto solo dalle dichiarazioni di personaggi come Verdini, Cicchetto ed altri, intesi a minimizzare la sconfitta, il cavaliere pensa bene di irrompere a modo suo nella campagna, imbastendo agli italiani un comizio a reti unificate sulle televisioni pubbliche e private, a dispetto della par condicio e della correttezza, vocabolo che il cavaliere non consoce. Un attacco violento al candidato Pisapia, accusato di volere trasformare Milano in una città islamica o nella Stalingrado del comunismo estremo italiano. Nel frattempo, si fa avanti qualche martire che denuncia di essere stata malmenate dalle brigate di Pisapia, ma nessuni sa il nome, mentre il Pisapia, vai a capire per quali disegni del destino, riesce a sventare una rapina ed a fare arrestare i responsabili. Il clima che si vuole creare è certamente quello di spaventare i milanesi sui problemi della sicurezza, un copione per altro sperimentato con successo a Roma. Ma non basta, ci vogliono elementi che debbono convincere la lega a schierarsi apertamente e con convinzione dalla parte della Moratti. Che inventare allora? Come è noto, al cavaliere non manca la fantasia e la faccia tosta per lanciare le sue promesse, sparandole anche grosse. Questa volta si inventa il decentramento istituzionale. Per accontentare la lega e legarla strettamente al carro della Moratti, viene fuori la promessa di spostare a Milano due ministeri. Cosa inaudita in un paese civile. Ma non basta ancora, occorre fare una promessa che desti scalpore, che accattivi l simpatie dei milanesi. Ecco allora la promessa di cancellare tutte le contravvenzioni a quelli che hanno contenzioso con il comune. Chi dovrà poi colmare il buco di bilancio che si verrebbe a creare, non lo dicono né il cavaliere né la Moratti, tanto meno Bossi, che fa finta di non sentire tali oscenità. Al giusto risentimento del governatore del Lazio e del sindaco di Roma, che si oppongono allo smembramento dei ministeri, si unisce quello delle città del Sud, come Palermo, Napoli, ed altre, che non vedono perché non debbano esserci ministeri anche in quelle città. Allora la promessa si allarga e coinvolge anche Napoli e perché no Palermo, per dare risposte anche a Miccichè che si ribella. Anche per queste due città e forse per altre, si profila il miraggio di ospitare uno o più ministeri, anche se il cavaliere, convinto di averla sparata grossa tanto da innescare un vespaio anche all’interno del suo partito, che fa registrare una levata di scudi, fa una breve marcia indietro e non parla più di ministeri, ma di qualche dipartimento. Ministero o dipartimento, l’aria che si respira è quella di svendita per fine esercizio, quando si cede tutto sottocosto. Solo che quello che ora vorrebbe cedere il cavaliere è l’assetto consolidato della stato italiano, premendo l’acceleratore su riforme che nulla hanno a che vedere né con il popolo italiano costretto a confrontarsi ogni giorno con la crisi economica che colpisce duramente le famiglie e le fasce più deboli della popolazione specialmente i giovani. Ma gli italiani non sono idioti come pensa il cavaliere e sapranno rispondere domenica a queste immonde provocazioni confermando Napoli al centrosinistra come è avvento per Bologna che torna ad essere amministrata da un sindaco di centrosinistra, dopo una disastrosa parentesi di centro destra che ha portato al commissario. Ma al centro sinistra ed al suo candidato Pisapia, gli elettori sapranno affidare la città di Milano, il regno del cavaliere, che non può pensare di illudere gente che cerca lavoro, benessere e democrazia, rispondendo a queste richieste con promesse irrealizzabili, con il terror panico evocando il comunismo ed altre fesserie di questo tipo. Domenica forte deve essere la risposta ed il segnale alla coppia Berlusconi - Bossi (B & B), un segnale che deve segnare l’inizio di un’era nuova dove la democrazia ripigli il suo giusto posto, dove i valori ritornino ad essere tali e dove i bisogni della gente tornino ad essere nei pensieri e negli atti della politica, che fino ad ora si è occupata e continua ad occuparsi dei problemi del cavaliere, dei quali approfitta la lega per fare passare la sua linea secessionista che vorrebbe portare allo stato padano cancellando tanti anni di storia unitaria e di sacrifici e sangue speso per questa Patria che merita migliori governanti che non siano cresciuti all’ombra della P2.