Orrore e sgomento, rabbia e tristezza: le ultime ore delle operazioni di evacuazione dall’aeroporto di Kabul sono state insanguinate da terribili attentati che hanno provocato molte vittime tra gli afgani e tra i militari americani. A conferma delle preoccupazioni che in tanti avevano espresso in questi giorni,

l’Afghanistan rischia di tornare ad essere rifugio e teatro delle più agguerrite organizzazioni terroristiche di stampo islamista. Una ragione in più per non archiviare tutto quello che è successo in queste ultime settimane. La conclusione della missione internazionale in Afghanistan non è stata certo quella che avevamo sperato: dagli accordi di Doha in poi i tempi e le modalità del ritiro della Nato e della coalizione hanno reso possibile l’avanzata travolgente dei Talebani e costretto ad operazioni di evacuazione in condizioni certo non ottimali. L’Italia in questo frangente drammatico ha fatto la sua parte, grazie alla collaborazione tra Ministero degli Esteri, della Difesa, degli Interni e del comparto dell’Intelligence: con i voli di oggi, oltre ad aver rimpatriato tutti i connazionali che lo hanno richiesto, abbiamo trasferito in Italia circa 5000 afghani tra collaboratori del nostro contingente, dell’Ambasciata e dell’Aics e tra coloro che per varie ragioni – attiviste e attivisti dei diritti umani, operatori umanitari che hanno lavorato fianco a fianco con le Organizzazioni della Società civile italiana o con i media stranieri, persone esposte perché parte delle istituzioni precedenti – avrebbero rischiato la libertà e forse la vita a rimanere. Di questo sforzo dobbiamo ringraziare il personale della Difesa, della Farnesina, dei Servizi che ha lavorato giorno e notte per ottenere il massimo risultato, anche con il contributo positivo delle Associazioni italiane che operavano da tempo in Afghanistan. Purtroppo sono rimasti a terra in tanti, famiglie con bambini, giovani studenti, parenti di persone che vivono già in Italia. Di tutte queste persone non possiamo e non dobbiamo dimenticarci nelle prossime settimane. Ci tornerò più avanti. Cosa dobbiamo e possiamo fare ora? Due titoli. PRIMO: dobbiamo riflettere senza edulcorare la portata di questa sconfitta. Un colpo per tutto l’Occidente, non solo per gli Stati Uniti. La missione internazionale in Afghanistan non è servita per unificare quel Paese sotto istituzioni civili e di sicurezza credibili agli occhi degli Afghani, metà della popolazione vive in condizione di povertà e dipende dall’assistenza internazionale, e anche i successi contro il terrorismo di Al-Qaeda, come dimostrano tragicamente gli eventi di queste ore, non hanno affatto eliminato la minaccia jihadista. Ma sarebbe un errore non vedere anche quanto di buono è accaduto in questi lunghi venti anni. Molti semi sono stati gettati e hanno attecchito, come testimoniano i tassi di scolarizzazione e i tanti giovani e le tante donne che oggi vorrebbero lasciare il Paese perché sentono min acciata la loro libertà e i loro diritti. Abbiamo commesso molti errori, e la prima dimostrazione della forza e della coesione dell’Occidente sta nel riconoscerli e nel cercare la strada per superarli insieme. Guai a dividersi, sarebbe un regalo assurdo al terrorismo e ai nostri avversari. In questa cornice tuttavia c’è una domanda che riguarda l’Europa. Anche la conclusione della vicenda afgana ci dice che le priorità geopolitiche tra Stati Uniti ed Europa possono non sempre coincidere. Ciò chiede di accelerare la riflessione sull’autonomia strategica dell’Europa in materia di politica estera e di sicurezza, non in alternativa ma in modo complementare con l’Alleanza transatlantica. La regola dell’unanimità a 27 non regge di fronte alle sfide che dobbiamo affrontare in scenari che, dal Mediterraneo al Medio Oriente, dalla Libia al Sahel, sono molto complessi e vicini a noi. L’Italia può contrib uire a fare passi avanti in questa direzione lavorando con i principali partner europei, a cominciare da Francia e Germania. SECONDO: se non vogliamo dimenticare il popolo afgano dobbiamo avere un Piano di medio periodo innanzi tutto per rendere possibile l’assistenza umanitaria dentro e fuori il Paese; per organizzare un’accoglienza dignitosa a chi deciderà e potrà fuggire, nei paesi limitrofi ma anche in Europa; per preservare per quanto è possibile le conquiste che le donne hanno ottenuto in questi venti anni; per evitare che il terrorismo e la violenza tornino a farla da padroni in quella regione. Per fare questo dovremo lavorare con altri partner, con le Nazioni Unite e le loro Agenzie, con i like-minded ma anche con i Paesi della regione – Pakistan, Iran, Turchia – e con le altre potenze – a cominciare da Cina e Russia – che hanno certamente interesse a scongiurare l’insediamento di organizzazioni terroristiche e nuovi fattori di instabilità nell’area. L’iniziativa del Presidente Draghi nel promuovere un G20 straordinario sull’Afghanistan è un primo passo molto importante. L’Italia ha reagito in queste settimane con un forte coinvolgimento emotivo alle immagini che ci venivano dall’Afghanistan: comuni, parrocchie, associazioni, università, famiglie. Abbiamo visto una mobilitazione incredibile sia per salvare i civili in pericolo sia per accoglierli. Dobbiamo far sì che questa ondata di solidarietà non rifluisca quando la luce dei riflettori si abbasserà. Per questo serve un Piano di medio periodo che siamo impegnati a realizzare come Governo, incrementando le risorse della cooperazione italiana già destinati all’Afghanistan (da 21 a 31 milioni di Euro) e riorientando quei 120 milioni già in bilancio e destinati ad attività di training delle forze di sicurezza. In questo sforzo di progettazione e di iniziativa – umanitaria e politica – vogliamo mantenere forte il dialogo e il rapporto con la società civile organizzata del nostro Paese che ha costruito nel tempo moltissimi legami con gli Afghani e le Afghane. Per questo il Ministro Di Maio ha accolto la proposta delle OSC (Organizzazioni Società Civile) di dare vita ad un tavolo permanente di confronto e di lavoro aperto a tutti gli attori istituzionali e della società civile coinvolti che il Ministro mi ha chiesto di coordinare e al quale dedicherò, a partire dai prossimi giorni, il massimo di attenzione e impegno. (Marina Sereni foto in alto)