(Salvatore Augello) Alla fine degli anni cinquanta ed all’inizio degli anni sessanta, camminando per le città del nord, non era difficile trovare cartelli in cui si leggeva: “affittasi casa ma non a meridionali”. Cominciò così l’odissea di quanti, spinti dalla necessità di lavorare, emigrava al nord a cercare lavoro presso le grosse industrie, che pure avevano bisogno di quella manodopera, avevano bisogno di quelle braccia se volevano crescere,

 come in effetti sono cresciute. Oggi, sempre in quelle stesse città, si leggono cartelli o scritte sulle mura,del tipo: “case e lavoro agli italiani – fuori gli africani”. La discriminazione è sempre dello stesso stampo, solo che una volta erano presi di mira i terroni, oggi sono presi di mira i negri, i Rom, i diversi. Eppure, anche oggi, se non fosse per le braccia di questi immigrati, le industrie del nord entrerebbero in crisi, per mancanza di manodopera. Cosa porta gente civile come quella che popola regioni come la Lombardia, il Veneto, il Piemonte ed altre, a manifestare tanto razzismo? Perché tanto odio nei confronti di gente che allora come ora risulta essere di vitale importanza per la vita e lo sviluppo delle aziende, che altrimenti, come detto, entrerebbero in crisi? Non potrebbero espandere i loro livelli di produzione ed ingrandire la loro presenza sui mercati. Una politica strettamente legata al territorio, un partito come la Lega che risvegli istinti campanilistici inventando tutta una serie di riti che servono solo ad esasperare la regionalità, riti come il battesimo nel Po o del Po, il parlamento padano, il giuramento di fedeltà dei parlamentari nazionali alla patria padana, una televisione padana un giornale che si chiama “la padania”, una scuola privata che insegna solo il dialetto lombardo, una continua tensione sociale che acuisce l’odio sia contro lo Stato di Roma, sia contro l’unità nazionale, sia contro tutto quello che non è padano. E’ davvero singolare, che Berlusconi sopporti tutto questo solo perché senza la Lega non potrebbe stare al potere. Questo odio, così fomentato e cosi alimentato, non può non sfociare nel razzismo, non può che aumentare i casi di xenofobia che oggi si verificano al nord. Ultimo ad esempio quello del pestaggio di uno studente dell’Angola a Genova, da parte di tredici coetanei, che hanno attaccato briga al grido di “brutto negro puzzi”. Episodio che segue a quello di un ragazzo italiano di origine congolese, picchiato perché nero ed altri casi di questo genere, che sono figli diretti dell’odio seminato dal cosiddetto pacchetto sicurezza, che ha scatenato la guerra contro i Rom, i Sinti, i diversi, gli immigrati in genere, senza dimenticare anche i meridionali. Non solo certo questi gli italiani che noi abbiamo conosciuto all’estero in terra di emigrazione, che hanno a loro spese vissuto questo tipo di discriminazioni, dove esistono pure differenze, polemiche, confronti più o meno serrati, ma dove non è mai venuto meno il sentimento di umanità che lega la gente comune e perbene, il sentimento di solidarietà nei confronti del meno fortunato. Questo è l’italiano che preferiamo ricordare e non certo quello che distingue il colore della pelle, la religione, la ricchezza.