Il 22 gennaio è diventato operativo il decreto che stabilisce le condizioni perché possano essere «coperte» dal Sistema Sanitario oltre 200 prestazioni diagnostiche Il 21 gennaio è entrato in vigore il cosiddetto “decreto Lorenzin” sull’appropriatezza delle prescrizioni approvato il 9 dicembre 2015. Sebbene sia passato sostanzialmente sotto silenzio, si tratta di un cambiamento destinato a cambiare radicalmente il rapporto fra pazienti e medici, soprattutto (ma non solo) quelli di famiglia. I curanti d’ora in poi potranno “segnare” determinate prestazioni a carico della Servizio Sanitario nazionale, fra cui esami radiologici o analisi di laboratorio, soltanto se saranno soddisfatte determinate condizioni, cioè se il malato corrisponde ai criteri per cui la prestazione in questione può essere garantita gratuitamente (salvo il ticket) dallo Stato. Fra questi esami ce ne sono alcuni molto comuni, e che, finora si era abituati a chiedere o a sentirsi proporre comunemente dal dottore, come per esempio il “colesterolo”, nelle sue varie declinazioni (Hdl, Ldl, totale), ora invece ci si potrebbe sentir dire dal curante che non può prescrivercelo se non abbiamo una certa età o se non è passato un certo tempo dall’ultima volta che lo abbiamo eseguito. Lo stesso potrebbe accadere per una Tac della colonna vertebrale (per le quali le condizioni saranno evidentemente diverse da quelle per il colesterolo) o per altri esami del sangue, come alcuni che riguardano la funzionalità epatica e così via (in tutto sono più di 200 le prestazioni elencate nel decreto). In medico dovrà riportare il numero-nota nella prescrizione insieme alle lettere che indicano le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza. Qui si possono consultare le prestazioni che sono considerate nel decreto;
 
La posizione dei medici di famiglia
 
La discussione sul decreto era stata complessa e dibattuta e ancora oggi si registra la netta opposizione dei medici di medicina generale. La Fimmg (Federazione medici di medicina generale) spiega in una nota: «Il decreto è confuso nel definire il sistema di attribuzione delle responsabilità ed equivoco in alcune limitazioni di erogabilità esattamente come nella sua prima stesura in bozza». Prosegue la Fimmg: «Si sta determinando un’incertezza che compromette l’attività professionale dei medici e la fiducia dei pazienti nelle loro scelte, inevitabili saranno le contestazioni da parte dei cittadini ai medici prescrittori, lasciati soli nel proprio studio a dover giustificare scelte che non condividono e che non capiscono». Tutto questo, secondo la Federazione italiana medici di medicina generale, avrà come risultato «l’aumento della spesa privata. Non è difficile prevedere che i medici, se le norme non verranno modificate, saranno costretti ad assumere d’ora in poi un atteggiamento “difensivo” nei confronti di possibili successive decisioni arbitrarie e sanzionatorie da parte di funzionari aziendali, che non si sono mai confrontati con il bisogno di assistenza del singolo individuale». Inevitabile, conclude la Fimmg, sarà poi «L’ulteriore aumento del carico burocratico (per ogni singolo esame ematico previsto dal decreto bisognerà indicare in ricetta le condizioni di erogabilità), a scapito del tempo dedicato alle visite».