(Salvatore Augello) Contro la mafia si sono condotte battaglie di tutti i tipi, per radio, per televisione, con manifestazioni di piazza, con le più svariate cerimonie. Le commissioni antimafia sia nazionale che regionali, si sono arrovellate a cercare di studiare e capire il problema, per poi potere mettere a punto strumenti e strategie di contrasto.

Con cadenza scandita dai morti per mafia, si portano corone di fiori sulle lapidi di cui sono lastricate le strade e le piazze delle città siciliane e non solo. Si declamano ogni volta discorsi d’occasione che ricordano il caduto: servitore dello stato, giudice, politico, commerciante che si è opposto alla regola del pizzo, ecc. Ma mai a nessuno era venuto in mente di manifestare contro la mafia a passo di danza. La scelta, non è casuale, essa parte dal principio che la mafia è potere e, che il potere, si esercita su un territorio. Il re ha potere sul regno, il duca sul ducato e così via, Il mafioso, il capo famiglie, ha potere sul quartiere,sulla città, che non sono cose astratte, ma concrete, rappresentano un territorio sul quale il mafioso, esercita il proprio potere, illegale, illegittimo, ma lo esercita, su tutto quello che produce reddito: negozi, bar, supermercati e perfino bancarelle. Per fare questo, si fa aiutare dal proprio esercito “i picciotti”, che spesso , invece di andare a cercarsi un lavoro onesto, delinquono, stanno agli ordini del capo. Perché allora non attaccare sul territorio la mafia? Lo si è fatto quando si è messa su l’operazione “vespri siciliani”, quando i militari presidiavano il territorio, lo si è fatto altre volte. Perché quindi, non contrastargli la podestà, cercando di riappropriarsi di pezzi di quel territorio, mettendo su di esso i propri piedi? Questo è quanto hanno fatto a Catania ieri, oltre duemila ragazzi adeendo alla manifestazione “L’ARTE CONTRO COSA NOSTRA”. Duemila ragazze e ragazzi, con un atto di coraggio, hanno deciso di riprendersi lo spazio e non metaforicamente, ma fisicamente. Si concentrano a Piazza Palestro, dove cominciano le ostilità contro la mafia, già, le ostilità, come si fa in una guerra che si rispetta. Solo che al posto delle pistole, dei mitra,usano un arma inedita, uova, rivoluzionaria: le gambe. Si, le gambe, ma non per fuggire, considerato il nemico contro cui si ingaggia la guerra, ma per ballare, per conquistare un passo alla volta quel territorio spesso teatro di ben altri spettacoli offerti dal clan. Un passo la volta, alla conquista del territorio, avanzando con coraggio e con gioia, con determinazione, anche se apparentemente inermi. Uno spettacolo che i catanesi in massa sono accorsi a vedere, per applaudire, per condividere, per eloggiare. Ma non si può chiedere a tutti di essere coraggiosi e di partire per la guerra, c’è sempre chi si rifiuta, chi ha paura, chi ritiene che non sia il caso, chi si schiera dalla parte della prudenza. Non i ragazzi, ma i genitori hanno fatto questa scelta, impedendo ad un centinaio di giovani, di partecipare all’iniziativa, di prendere parte a quella novità a quel modo gioioso di affrontare un nemico invisibile (mica tanto) e per ciò stesso potente, privandoli della soddisfazione di potere dire con orgoglio: “io c’ero”. Noi non volgiamo né biasimare, né tanto meno giudicare, visto che ci troviamo davanti a scelte del tutto personali. Né siamo così sprovveduti da pensare che la mafia non faccia più paura ed è da considerare debellata, anche se micidiali colpi sono stati inflitti. Ma siamo fiduciosi, comprendiamo chi si estrania da queste iniziative anche se non li giustifichiamo. Ciò non intacca la nostra fiducia, che anzi da manifestazioni come queste e da questa di Catania in particolare, ne esce rafforzata. Se i giovani che sono la società di domani, i dirigenti di domani, ingaggiano battaglie come questa, allora dobbiamo ben sperare che la società tutta, con il tempo si possa riappropriare di tutto lo spazio delle nostre città, per migliorare questa società, per cacciare in un angolo un nemico tenace, duro, crudele, e fare in modo che per le strade, nelle piazze, la vita scorra libera, in pace, tra gente, che magari si confronta ma non prevarica con la forza, con il ricatto, con l’omicidio.