LUIGI PIRANDELLO E LA SUA TUSCIA 80 anni fa moriva IL PREMIO NOBEL Scelse Soriano nel Cimino, terra natia del suo mentore Ernesto Monaci   Ottant’anni fa, esattamente il 10 dicembre 1936, ci lasciava Luigi Pirandello, siciliano doc (nato ad Agrigento il 28 giugno 1867),

considerato uno tra i più eccelsi letterati, poeti e soprattutto drammaturghi del XX secolo. Oggi è un giorno molto particolare non solo per la letteratura mondiale ma per l’intera Tuscia.

Le sue opere sono tutt’ora parte integrante dei programmi scolastici e, nei prestigiosi teatri di mezza Europa, si va in scena con numerosi drammi di sua firma, come l’intrigata esistenza di Vitangelo Moscarda in “Uno, nessuno e centomila”, il grande capolavoro del maestro iniziato nel 1909 e terminato 17 anni dopo. La provincia di Viterbo è stata meta di profonda ispirazione e incomparabile adorazione per numerosi intellettuali del nostro passato; Pierpaolo Pasolini per Chia e Orte, Federico Fellini per il capoluogo e le sue fontane, il pittore Balthius per Montecalvello - nelle vicinanze di Grotte Santo Stefano - etc. etc. etc..

Nel caso del premio Nobel agrigentino il suo cuore si è fermato a Soriano nel Cimino, tra il fresco dei boschi e l’aroma dei castagneti. Luogo ameno e borgo tra i più belli della nostra Penisola, tutto così perfetto a tal punto che Pirandello trovò proprio qui l’ispirazione per scrivere la bella poesia dal titolo Pian della Britta (dalla località omonima) e due novelle; Rondone e Rondinella e Canta l’Epistola.

La parabola dell’eccellente maestro si ferma nella graziosa cittadina sita sui Monti Cimini per un preciso e singolare episodio. Quando frequentava l’università di Roma ebbe l’ardire di prendersi gioco, di fronte all’intera classe, di un suo docente “beccato” a pronunciare una gaffe. Costui, non solo non gradì l’affronto ma spinse addirittura le autorità scolastiche (in quel caso il Rettore) ad  espellere Luigi in forma definitiva dall’Ateneo capitolino. Ecco che, come per incanto, spunta in suo aiuto l’illustre professore di filologia romanza Ernesto Monaci, nativo proprio di Soriano. Il Monaci, oltre ad esser conosciuto, apprezzato e stimato come eccellente intellettuale in Italia, vantava amicizie anche in diversi ambienti universitari Europei, soprattutto tedeschi. Quest’ultimo, conoscendo il vero valore di Pirandello, lo raccomandò ad un suo amico docente presso l’università di Bonn, ove, nel 1891, si laureò in filologia Romanza, come il suo stesso mentore. Anche negli anni successivi - tra i due - i rapporti rimasero ottimi, tant’è che il siciliano volle visitare il paesino d’origine del Monaci.   

Quei suoi piacevoli soggiorni nella terra di Tuscia, che si concentrano tra il 1908 e il 1912, restano documentati da fotografie, ricordi, appunti e scritti. Soriano sarà per Pirandello un luogo unico e suggestivo, fonte inesauribile di benessere fisico e mentale e - Pian della Britta - ne è la riprova. Durante le sue lunghe passeggiate infatti, tra i boschi di ombrosi e secolari castagni, egli verrà “stregato” dalla magia che poi trasformerà in poesia.

 

Pian della Britta, che fragor di mare

Fan questi tuoi castagni alti e possenti!

Ma l’ombra, sotto, qua e là di rare

Luci trafitta, ire non sa di venti,

e tra tanto fragor sospesa pare:

 

recesso eccelso, a cui la maestà

di questi tronchi immani una solenne,

misteriosa aria di tempo dà;

e quel fragore ad un oblio perenne

di tutto invita: ombra e vento che va…

 

Pian della Britta Oblio di tutto…

 

 

Stringe amicizia con molti personaggi del posto tra i quali il farmacista Fanti con cui si cimentava nel gioco delle carte. Nota a tutti gli abitanti del luogo è la villetta, immersa nel verde, ancora oggi ammirabile e ben conservata. Ad onor del vero e per onestà intellettuale, è giusto anche aprire una parentesi personale sul Poeta. Artisticamente (forse perché non compreso fino in fondo) gli furono sempre preferiti dal regime fascista Grazia Deledda e Gabriele D’Annunzio, altri due grandi che hanno fatto la storia della nostra letteratura moderna. Sofferta invece la vita familiare, poiché, oltre al crollo finanziario della sua miniera di Zolfo sita ad Aragona (Sicilia) dovette affrontare soprattutto la morbosa gelosia poi tramutata in malattia mentale della moglie Maria Antonietta Portulano (Nietta). Commovente l’idea che, uno dei suoi più grandi successi letterari, Il fu Mattia Pascal, venne concepito nel 1904, durante le notti di veglia alla consorte, già paralizzata agli arti inferiori. Una storia di vita veramente intensa, profonda e particolarmente movimentata. In questo delicato contesto di esistenza in subbuglio, riuscì, anche grazie ai soggiorni presso Soriano, ad esprimere con egregia superbia la sua straordinaria genialità che, ancora oggi, lo rende autore tra i più apprezzati del novecento. Ci piace ricordare la bella motivazione fornita dai giurati Svedesi, in quel 1934, che lo insignirono del Premio Nobel per la letteratura: “Per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale”.

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Fiumi d’inchiostro hanno impreziosito la sua vita ma a noi piace ricordarlo anche con il pensiero di uno dei più attivi e stimati divulgatori storici della nostra terra, Antonello Ricci che, profondamente appassionato dell’argomento, ci descrive così il “suo” personale Pirandello…:

“Proprio a Soriano, nel corso di quelle interminabili, rasserenanti e smemorate passeggiate da giù il borgo ferrigno fin su all'ombra dei castagni di Pian della Britta – passeggiate che non dirado terminavano con l'abbozzo di un disegno o di un dipinto: eh sì, per chi non lo sapesse, lo scrittore e drammaturgo girgentino fu anche dilettante di lusso nel campo della pittura di paesaggio – proprio a Soriano, dicevo, Pirandello misteriosamente seppe ritrovare, come per incanto, nello stormir di fronde dei castagni nostrani il natio fragor di mare del “suo” mare africano, e quindi la luce stessa di Sicilia (la chiave di tutto, avrebbe chiosato Goethe). Non sarà quindi per un caso che il monologo interiore maturato, come da un'infinita lontananza, di fronte alla bellezza del paesaggio cimino e della valle Tiberina nell'anima del sorianese Tommasino Unzio (suddiacono spretato protagonista della splendida Canta l'epistola) pioverà in seguito, ripreso parola per parola, in uno dei capitoli più belli di Uno nessuno e centomila, in bocca al protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda”.

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In questi ultimi anni amministratori e studiosi locali hanno reso omaggio all’illustre ospite dedicandogli convegni, pubblicazioni e saggi. Il primo cittadino di Soriano, Fabio Menicacci, è eloquente: “un prestigio averlo avuto nel nostro borgo, ogni anno dedichiamo eventi in suo onore, perché le opere di questo straordinario personaggio devono vivere in eterno…”

(…) “Onorato, poiché è per pochi questo lustro e il vanto di aver avuto a passeggio e in residenza qui, da noi, uno dei più grande letterati del secolo scorso. A lui è stata già dedicata in precedenza una strada, un busto in località Belvedere e molto altro ancora che in futuro intendiamo fare per questo genio Agrigentino che ha reso grande la nostra terra. Per chi lo volesse può venire a visitare la sua casa, passeggiare là dove lui amava ispirarsi e godersi la poesia incisa sulla lapide a Pian della Britta… Mai dimenticare la storia che è parte integrante del nostro presente e leva morale per il futuro”.

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Nel novembre del 1936 durante le riprese del film tratto dal romanzo il fu Mattia Pascal presso Cinecittà in Roma si ammalò di polmonite. Al medico premuroso che tentava di curarlo disse: “Non abbia tanta paura delle parole, professore, questo si chiama morire”. Nel giro di poche settimane lo stato di salute di Pirandello peggiorò e, a soli 69 anni, il 10 dicembre, lasciò per sempre la vita terrena e il suo ultimo lavoro teatrale, I giganti della montagna, un’opera a sfondo mitologico rimasta purtroppo incompiuta.

La movimentata esistenza del siciliano è condensata in questo straordinario aneddoto con cui vorremmo concludere per far capire il valore umano di uno degli “immortali” del nostro tempo: “Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io”. (Mirko Crocoli)