FIDEL CASTRO UN PERSONAGGIO AMATO E DISCUSSO DOMANI L’ADDIO DEL SUO POPOLO  In queste ore gran parte della popolazione di Cuba si riunirà per l’ultimo saluto al suo carismatico leader,

colui che, unitamente al fratello Raul, ai compagni Camilo Cienfuegos e Juan Almeida e al fedelissimo Ernesto Guevara de la Serna detto il “Che”, nel lontano 1959 guidò l’M-26-7 (il movimento 26 luglio) verso l’impresa storica. Il piccolo Davide sconfisse il gigantesco Golia a stelle e strisce sotto gli occhi attoniti del mondo intero.     

Fidel Alejandro Castro e i suoi “barbudos” intrapresero una crociata  contro gli imperialisti d’oltre stretto conquistando dapprima la splendida isola dei Caraibi governata dal fantoccio Fulgencio Batista per poi ridicolizzare il governo Kennedy nella fallimentare Baia dei Porci.

Cuba era un paradiso terrestre per la banda di Lucky Luciano e per le cosche newyorkesi; casinò, alcol, droga, prostituzione e giro di “verdoni” che confluivano giornalmente nella città di l’Avana. All’intellettuale centauro argentino Guevara e all’appassionato giovane Castro non piaceva affatto quel modus operandi che sin dagli anni quaranta aveva dominato il piccolo gioiello bagnato da un mare cristallino e contornato da spiagge bianchissime. Lussuria, filo-americanismo, corruzione, oppressione e violenze; mali che, secondo i due guerriglieri conosciutisi in Messico durante l’esilio di Fidel, andavano estirpati quanto prima, per dare ampio respiro ad un “Socialismo” tanto agognato. Il piano strategico fu studiato anni prima ma il grande assalto durò poco e in breve tempo il Colonnello di lungo corso Batista dovette lasciare il comando a Castro. Il loro sacro “vangelo” era un inossidabile marxismo impreziosito da un anticapitalismo viscerale, da uno statalismo perfetto e dall’idea di abolizionismo delle industrie private, considerate il diavolo che aveva fin li distrutto e affamato il loro amato Paese. Una guida ideologica forte e una leva che ha spinto il politico e sognatore Fidel e il Dottore “eroe” Guevara, cultore di Pablo Neruda nato a Rosario, verso una guerra inizialmente impari.

Convinti comunisti sul “cortile di casa” degli Stati Uniti d’America, un pericolo per l’establishment capitalista che è durato oltre mezzo secolo e che – in alcune occasioni - ha messo in serio pericolo l’intera stabilità mondiale.

A nulla sono servite le dure minacce di John Kennedy, il lungo embargo economico, la disastrosa operazione “Zapata” e tutta una serie di inutili boicottaggi denominati “Mangusta” o tentativi di golpe da parte della CIA. Questo atteggiamento non ha scalfito affatto la poltrona del comandante in capo bensì ha scatenato l’effetto contrario e - col tempo – non ha fatto altro che rafforzare ancor di più il potere del Lider Maximo.

Fidel Castro è stato così furbo da conquistare il cuore di Nikita Kruscev, il capo indiscusso di una delle nazioni più potenti del pianeta. A lui chiese (e ottenne) aiuto e sostegno agroalimentare ma soprattutto militare. Durante i tristemente noti 13 giorni d’ottobre ‘62, nella cosiddetta crisi missilistica di Cuba, gli intercontinentali erano pronti al lancio in entrambe le direzioni, le batterie missilistiche ben attrezzate e camuffate tra la vegetazione e i ricognitori U-2 in costante e ossessivo sorvolo. La disputa diplomatica tra USA e URSS a casa di Fidel si concluse con un accordo piuttosto vantaggioso per quest’ultimo. Kennedy venne messo alle strette e dovette accettare un compromesso indigesto; garantire la non invasione a tempo indeterminato dell’isola e il ritiro di parte dei missili NATO di stanza in Italia e Turchia. In poche parole quest’uomo munito di sola “falce e martello”, tanti proclami e un’alleanza strategica e ben pensata con gli “Zar” del suo secolo riuscii a far calare le brache a: Casa Bianca, Pentagono, Cia e Patto Atlantico.          

Novanta miglia di distanza dalle coste della Florida, una striscia di mare sottilissima e un eterno braccio di ferro che solo in questi ultimi anni appare - fortunatamente - lontano ricordo.

Ma chi è esattamente l’uomo che oggi, anche dopo la sua dipartita, riesce a spaccare ancora l’opinione pubblico di mezzo mondo? C’è chi lo piange, chi lo veglia e chi lo ricorda con grande nostalgia e c’è invece (come gli esuli) chi lo odia, lo disprezza e festeggia (soprattutto in Florida) la sua non proprio prematura morte.

Fidel Alejandro Castro Ruz nasce il 13 agosto 1926 in un piccolo villaggio chiamato Biran in provincia di Holguin. E’ il terzogenito di una famiglia borghese e benestante poiché il padre Angel Castro e la madre Lina Ruz Gonzalez erano di fatto ricchi proprietari terrieri. Nei primi anni trenta studia a Santiago de Cuba, presso la scuola “La Salle”, un istituto per famiglie agiate.

Tra il ’41 e il ’45 si trasferisce all’Avana per essere “svezzato” nel prestigioso college “de Belén” sotto la scrupolosa guida dei sacerdoti Gesuiti. Nel 1945 si iscrive alla facoltà di Diritto presso l’Università della capitale e – tre anni dopo – incontro e sposa la studentessa Mirta Diaz-Balart.

E’ però il decennio dei cinquanta il più movimentato per Fidel, poiché il 26 luglio del 1953 organizza il famoso assalto alla caserma della Moncada. Un vero e proprio bagno di sangue per i rivoluzionari coinvolti. Molti di essi vengono uccisi durante la guerriglia, altri, come Castro, vengono catturati, imprigionati e processati. A lui tocca la dura condanna a 15 anni di carcere.

Due primavere dopo lo sventato agguato alla Moncada Fulgencio commette forse il più grave errore della sua vita, ovvero l’amnistia generale. Nel maggio del 1955 Fidel Castro beneficiando di questo atto di clemenza va in esilio nel vicino stato del Messico. Ed è proprio li che il giovane e inquieto cubano, dopo aver conosciuto il viaggiatore Guevara, elabora lentamente la sua tremenda vendetta. Il gruppo di rivolta medita per quattro anni e, alla fine del ‘58 inizi ’59, darà l’avvio a quella che passerà alla storia come la “grande rivoluzione cubana” e l’inizio di uno strapotere castrista che durerà fino alla sua morte, avvenuta la settimana scorsa.

Fidel Castro lascia il comando al fratello Raul nel 2008, dopo cinquant’anni di potere assoluto, totalitarismo e anticapitalismo talvolta discutibile. Amore e odio sono i due sentimenti che pervadono e dividono in questi ultimi giorni il popolo cubano e statunitense, tuttavia la verità indissolubile e incontrovertibile in merito a questo vulcanico personaggio è che – nel bene o nel male - si è aggiudicato di diritto e a tutti gli effetti un posto nell’olimpo accanto ai protagonisti assoluti del novecento. L’apertura dell’Ambasciata USA a Cuba, i primi voli commerciali da e per l’isola, lo sblocco del disastroso embargo sanitario ed economico e l’apertura al dialogo di Raul fanno presagire (ci auguriamo) un cambio sostanziale di pensiero e rotta, TRUMP permettendo!!! (MIRKO CROCOLI)