Elio Vittorini nacque a Siracusa nel 1908 da padre di origine bolognese e madre siracusana[1]. Insieme al fratello Giacomo e durante gli anni dell'infanzia seguì il padre ferroviere nei suoi spostamenti di lavoro per la Sicilia. Infatti la sorella nacque a Scicli. Ella diceva:

"Qui sono le nostre radici e qui voglio chiudere gli occhi per sempre, nello stesso posto dove li aprii". Infatti finì la sua vita a Donnalucata. Dopo la scuola di base, Elio frequentò la scuola di ragioneria senza interesse, finché, dopo essere fuggito di casa quattro volte, nel 1924 abbandonò definitivamente la Sicilia.

Lavorò per un certo periodo come contabile in un'impresa di costruzioni in Venezia Giulia e nel 1930 si trasferì a Firenze, dove lavorò come correttore di bozze alla "Nazione". Aveva intanto iniziato a scrivere articoli e pezzi narrativi che inviò a Curzio Malaparte, che li pubblicò sulla rivista "Conquista dello Stato". Nel 1927 inviò a La Fiera Letteraria il suo primo importante scritto narrativo, "Ritratto di re Gianpiero", che gli venne pubblicato. Nel 1929 iniziò a collaborare alla rivista Solaria e venne pubblicato sull'Italia Letteraria un suo articolo, Scarico di coscienza, in cui accusava la letteratura italiana di provincialismo.

Nel 1931, per le edizioni di Solaria uscì il suo primo libro, una raccolta di racconti intitolato Piccola borghesia che venne ristampato da Mondadori nel 1953. Tra il 1933 e il 1934 uscì su Solaria il romanzo Il Garofano Rosso a puntate, romanzo che a causa della censura fascista, venne pubblicato in volume solamente nel 1948 da Arnoldo Mondadori Editore.

Nel 1931 a causa di una intossicazione da piombo, fu costretto ad abbandonare il posto di lavoro come correttore di bozze e da quel momento visse solamente del ricavato delle sue traduzioni dall'inglese (note quelle di Faulkner, Poe, Lawrence) e dell'attività di consulente editoriale.

Nel 1936, quando scoppiò il conflitto in Spagna, Vittorini, che stava scrivendo Erica e i suoi fratelli, progettò con l'amico Vasco Pratolini di raggiungere i repubblicani spagnoli, e sulla rivista "Bargello" scrisse un articolo in cui spronava i fascisti italiani ad appoggiare i repubblicani contro Franco; ciò gli causò l'espulsione dal Partito fascista (questa è almeno la versione data dallo stesso Vittorini)[4].

L'anno prima (1936) pubblicò, presso Parenti, Nei Morlacchi. Viaggio in Sardegna che aveva vinto il premio indetto dall'"Infanzia" e che sarà poi ristampato da Mondadori, con il titolo Sardegna come un'infanzia, nel 1952. Negli anni che vanno dal 1938 al 1939 uscì a puntate su Letteratura il romanzo Conversazione in Sicilia che sarà pubblicato in volume nel 1941, prima dall'editore Parenti e poi da Bompiani con il suo titolo originale.

Da Bompiani ricevette un incarico editoriale e così, nel 1939, si trasferì a Milano dove diresse la collana "La Corona" e fu curatore dell'antologia di scrittori statunitensi Americana che, sempre a causa della censura fascista, venne pubblicata solamente nel 1942 e con tutte le note dell'autore soppresse (l'edizione integrale venne pubblicata solamente nel 1968). In questa antologia comparve per la prima volta nella scena culturale e letteraria italiana John Fante.

Nel 1942 lo scrittore si avvicinò al Partito comunista clandestino e partecipò attivamente alla Resistenza. Nel 1945 fu direttore, per un certo periodo, dell'edizione milanese de l'Unità, pubblicò presso Bompiani il romanzo Uomini e no e fondò la rivista di cultura contemporanea Il Politecnico. Le ricostruzioni postume del suo allontanamento dal fascismo contrastano palesemente con la partecipazione al convegno degli intellettuali nazisti di Weimar, dal 7 all'11 ottobre 1942, promosso dal ministro della propaganda Joseph Goebbels[5]. Nel 1947, quando la rivista "Il Politecnico" terminò le sue pubblicazioni, Vittorini pubblicò, sempre presso Bompiani, il romanzo Il Sempione strizza l'occhio al Frejus e nel 1949 uscì Le donne di Messina che verrà ristampato con notevoli varianti nel 1964.

Vittorini insieme a Eugenio Montale

Nel 1951 Einaudi lo chiamò per dirigere la collana "I Gettoni" e Vittorini condusse il suo incarico facendo scelte molto precise riguardo agli autori da inserire nella collana, accogliendo soprattutto le opere di giovani scrittori come Calvino e Fenoglio, ma rifiutando Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Nello stesso anno, in un articolo che pubblicava su La Stampa, Le vie degli ex comunisti, lo scrittore analizzava acutamente le cause del distacco suo e di molti altri intellettuali dal Partito Comunista Italiano.

Negli anni che vanno dal 1952 al 1955 lo scrittore lavorò al romanzo Le città del mondo che, abbandonato e rimasto incompiuto verrà pubblicato postumo nel 1969 da Einaudi, e completò definitivamente Erica e i suoi fratelli che venne pubblicato nel 1956 da Bompiani. Quando scoppiarono i fatti d'Ungheria lo scrittore, profondamente colpito, ne tentò un'elaborazione narrativa in un dramma rimasto inedito. Nel 1957 pubblicò una raccolta di scritti critici dal titolo Diario in pubblico e nel 1959 fondò la rivista Il Menabò edita da Einaudi che diresse insieme a Italo Calvino.

Iniziò nel 1960 a dirigere la collana "La Medusa" per Mondadori e in seguito la collana "Nuovi scrittori stranieri". Nello stesso anno scrisse un manifesto per protestare contro la guerra e la tortura in Algeria, e si candidò nelle liste radicali del PSI. Nello stesso anno divenne presidente del PR. Negli ultimi anni della sua vita fu consulente della casa editrice Einaudi. Tutti gli appunti di riflessione sulla letteratura da lui lasciati furono raccolti da Dante Isella in un volume postumo, 1967, intitolato Le due tensioni.

Ultimi anni e morte

Nel 1963 Vittorini si ammala di cancro allo stomaco e subisce una delicata operazione chirurgica. Malgrado la malattia, riprende a lavorare dirigendo la collana "Nuovi scrittori stranieri" per Mondadori e l'anno dopo la collana "Nuovo Politecnico" per Einaudi. Nell'estate del 1965 il cancro si manifesta ancora in maniera più aggressiva, rendendosi inoperabile. Morì a Milano nella sua casa di viale Gorizia nel 1966; le sue spoglie riposano nel cimitero di Concorezzo.