"Inizio istituzionale – ma tutt’altro che privo di contenuti – nella sala del Gran Consiglio di Basilea-Città, venerdì 16 novembre. Tema del simposio: “L’italiano in Svizzera: lusso o necessità”. Sabato, finale col botto nell’aula magna dell’Università di Basilea con una petizione al Consiglio federale “Italicità: non solo Svizzera italiana”.

È decisamente uno spostamento di baricentro nella partita sull’avvenire della nostra lingua e cultura quello proposto dall’Istituto di italianistica e dalla Associazione svizzera per i rapporti culturali ed economici con l’Italia (tra i primi membri l’esule Luigi Einaudi) della città renana transfrontaliera". L’esito del Convegno non poteva preparare meglio l’assemblea costituente il “Forum per la salvaguardia della lingua italiana in Svizzera” che si terrà a Zurigo venerdì 30 novembre su iniziativa dei Cantoni Ticino e Grigioni. Davanti al segretario di Stato per la formazione e la cultura – Mauro Dell’Ambrogio – e a Carla Zuppetti, nuovo ambasciatore d’Italia a Berna (già viceconsole per diversi anni a Basilea) il consigliere di Stato Manuele Bertoli ha anticipato, diplomaticamente, strategie e obiettivi del Forum che riunirà per la prima volta tutti gli attori impegnati in Svizzera in quella che si annuncia una fase epocale per il nostro quadrilinguismo. Oltre alle istituzioni e associazioni sono invitati a partecipare tutti gli istituti di letteratura e di linguistica italiana (in totale, ed è niente male, 19 professori a tempo pieno, presenti in tutti i nostri atenei, salvo, due assenti per le soppressioni di cattedra a Neuchâtel e all’Eth-Z). Ci si sveglia dopo vent’anni di sonno profondo? si interroga una giovane partecipante ticinese, attiva come assistente di lingua italiana a Basilea, di madre vodese e padre germanofono. Speriamo proprio sia il caso, visto che lo scenario del nostro segretario di Stato vede nell’affermazione condizionante dell’inglese un vantaggio – a patto, diciamo noi, di eseguire un numero d’acrobazia mentale non indifferente, ma verosimilmente necessario – poiché mette tutti sullo stesso piano nella sfida per il riposizionamento linguistico. Non va per il sottile nemmeno l’ambasciatrice d’Italia, forse facendo buon viso al cattivo gioco dei governi italiani recenti relativamente al taglio delle risorse per i corsi d’italiano all’estero. Essa fa notare come sia l’ora di responsabilizzare (e chiamare alla cassa) le autorità locali e regionali sulla ricerca di nuove modalità d’offerta nei corsi d’italiano visto che solo il 35% degli allievi sono di passaporto italiano, mentre due terzi ormai sono svizzeri, hanno il doppio passaporto o sono stranieri. Cosa c'è di nuovo? Già è significativo che l'edizione principale del telegiornale svizzero-tedesco Sf1 di venerdì sera abbia dedicato un servizio al tema (non basta una sala prestigiosa per passare al Tg, ma una precisa scelta redazionale). Una nuova rete di attori – per il momento ancora solo italofili – si sta formando per unire le forze ed elaborare una strategia, tenendo conto finalmente di quanto c’è oltre San Gottardo, dove il numero degli italofoni è in forte calo, ma pur sempre un mezzo milione secondo le indicazioni dell'ambasciatrice Zuppetti, mentre è decisamente cambiata la composizione sociologica degli ex emigranti e cresce in qualità il modo di sentirsi vicino alla civiltà italiana. Siamo al concetto di "italicità", secondo un neologismo (attecchito negli Stati Uniti come “italicity”), che tiene conto appunto della realtà linguistica oggi composita del nostro vivere sociale, fatta oramai di pluriappartenenze. Si prende coscienza che le vecchie divisioni storiche degli italofoni sono superabili: tra svizzero-italiani e italofoni d’Oltralpe; tra emigranti ticinesi e italiani (a lungo a loro volta compartimentali), mentre si deve imparare a non necessariamente associare la lingua e la cultura italiana alla politica dello Stato-nazionale, con la sua drammatica perdita di immagine e causa di una parte del calo d'interesse degli studenti. Il Forum dell'italianità (e in modo allargato dell’italicità) sarà la formula risolutiva? “Conosciamo i nostri polli”, così si è espresso qualcuno dalla sala. Ma alla fine gli applausi dei presenti – molti anche i giovani, taluni venuti dalle regioni transfrontaliere di Mulhouse e Freiburg, e parecchie personalità da vari cantoni confederati – hanno avuto l’impressione che “qualcosa si muove per il verso giusto”; la Svizzera italiana è chiamata ad uscire dalla “trappola della territorialità” (Sacha Zala) che tanto ci ha fatto comodo in passato. Remigio Ratti