"La morte di mio figlio poteva e doveva essere evitata". Antonina Cataldo è una madre che chiede giustizia. Suo figlio è morto quattro mesi fa stroncato da un arresto

 cardiaco mentre era detenuto all'interno del carcere di Trapani. Secondo la donna, se i medici fossero intervenuti disponendo il trasferimento in ospedale avrebbe potuto essere salvato. Ed invece sarebbe stato lasciato per giorni in un letto senza cure adeguate. Daniele Trupiano, giovane di ventotto anni di Alcamo, è deceduto il 9 settembre dello scorso anno all'interno della casa circondariale di San Giuliano a seguito di un arresto cardiaco da collasso cardiocircolatorio. Da giorni aveva forti dolori all'addome. Secondo il medico legale nominato dalla famiglia, un'adeguata terapia farmacologica avrebbe potuto consentire di ridurre il danno cardiaco e di salvare il giovane. Antonina Cataldo, assistita dal proprio difensore di fiducia, l'avvocato Baldassare Lauria, ha deciso di rivolgersi all'autorità giudiziaria. "I sintomi palesati dal detenuto negli ultimi giorni di vita - si legge nell'esposto presentato alla Procura della Repubblica di Trapani - avrebbero dovuto indurre il medico che lo aveva in cura presso la struttura penitenziaria a richiedere un ricovero urgente in una struttura sanitaria idonea o fornita dei mezzi e presidi necessari ad affrontare e risolvere la specifica patologia di cui il paziente era affetto. Il sanitario della struttura penitenziaria aveva il dovere giuridico di disporre il trasferimento del detenuto in una struttura idonea diversa dal carcere, adottando tutte le opportune cautele. Ma nonostante il quadro sanitario, nel diario clinico di Daniele Trupiano non v'è, inspiegabilmente, traccia di richiesta di ricovero urgente né tantomeno degli specifici esami di laboratorio volti ad accertare l'infarto in atto che avrebbe condotto al collasso cardiocircolatorio e, quindi, alla morte del detenuto".. (fonte trapani ok)