Lu lupu di mala cuscenza comu opira penza. Il lupo disonesto pensa degli altri ciò che saprebbe fare lui.

 Munnu e munnu `un s`incontranu mai

Un mondo con un altro mondo non s'incontrano mai


La pignata taliata `un vuddi mai.

La pentola guardata non bolle mai

 

Attacca lu sceccu dunni voli lu patruni.

Lega l'asino dove vuole il padrone.


Cu `un fa nenti `un sbaglia nenti.

Solo chi non fa niente non commette errori

 

Cu avi la cummidità e `un si nni serbi ‘un c’è cunfissuri ca lu  assolvi.

Chi ha la possibilità di vivere bene e non la sfrutta non può essere perdonato neanche dal confessore.

DANILO DOLCI: L’INTELELTTUALE CHE AMO’ LA SICILIA

Danilo Dolci, triestino, si trasferì in Sicilia agli inizi degli anni Cinquanta. Voleva partecipare in prima persona alla rinascita del Meridione. Partì, solo, per Trappeto e Partinico, scoprì una miseria impensabile, una desolazione, un abbrutimento, una ignoranza che facevano dubitare di stare in Italia. Stava in mezzo alla gente, la intervistava, la coinvolgeva: fu il primo in Italia a praticare il digiuno per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e inventò "lo sciopero alla rovescia", che consisteva nel lavorare volontariamente là dove lo Stato era inerte. Così venne riattivata una strada comunale abbandonata. Ma le autorità ritennero che in tale comportamento si configurasse un reato, quello di invasione di proprietà altrui. Per questo Dolci fu arrestato e detenuto per 50 giorni, condotto in manette al processo, e condannato. Per lui si mobilitarono intellettuali come Carlo Levi, Elio Vittorini, Ignazio Silone, Aldo Capitini, Giulio Einaudi e a difenderlo in tribunale fu Piero Calamandrei. In carcere Dolci fu a stretto contatto con tanti poveracci e fu fra i primi a comprendere che la propensione al banditismo ed alle attività criminali proprio in quei territori che erano dominati dalla mafia, non poteva essere vinta puntando esclusivamente sulla repressione. Bisognava invece creare opportunità di lavoro.