di Agostino Spataro (foto accanto) 1... Dal pozzo in cui mi trovo, angosciato e addolorato per le tragiche notizie che giungono dall’Ucraina vittima dell’aggressione russa, desidero esprimere alcune, umilissime opinioni sulla guerra e soprattutto sulle prospettive per uscirne,

da intendere come contributo autonomo al più generale sforzo di pace e di riconciliazione fra i popoli europei. Sperando di non venire etichettato filo questo o filo l’altro, poiché tali affiliazioni spesso sono il risultato di uno stato d’angoscia esistenziale che dilania coloro che in effetti qualche filo lo hanno per davvero. Si è creata così, per scelta politica o, peggio, per servilismo volontario e/o di necessità, una specie di tela del ragno che vorrebbero estendere artatamente a quanti filo non hanno. Succede, quando si è in uno stato di disagio si cercano compagni di viaggio, complicità mirate a stabilire una sorta di livellamento al punto più basso. Forse, ritenendo che non ci possano essere persone, modeste o culturalmente altolocate, capaci di pensare con la propria testa. Come vuole l’esercizio della pratica democratica. Per fortuna della democrazia italiana ed europea, nonostante l’incessante battage mediatico, questa seconda categoria costituisce una maggioranza rilevante, anche se in gran parte silente, che i nostri governanti avrebbero il dovere di rispettare, di tenerne conto quando si apprestano ad assumere decisioni politiche gravi e vincolanti. Maggioranze di carta contro maggioranze di uomini e di donne che rifiutano l’invasione russa, ma anche altri tipi di aggressioni che si sono viste in Ucraina e in altre parti del mondo. E che soprattutto vogliono la fine dell’aggressione russa e l’inizio di un nuovo corso di convivenza pacifica fra tutte le etnie ucraine, nella sicurezza di tutti gli Stati della regione centro-orientale dell’Europa. Russia compresa.

2... Per fortuna i negoziati di pace fra Ucraina e Russia continuano a Istanbul, anche grazie alla mediazione accorta e intelligente del presidente turco Erdogan il quale, a differenza dei suoi colleghi della Nato, invece di inviare armi si è dato da fare per portare i contendenti a un tavolo di trattativa (questo è il fatto) che si spera possa dare i risultati sperati dall’opinione pubblica europea e mondiale ossia una pace giusta e durevole che porti al ritiro delle forze d’invasione russe e delle formazioni nazionaliste ucraine dai territori contesi, per consentire un negoziato al più alto livello capace di risolvere (con tempi e modalità da concordare) tutti i problemi connessi: popolazioni russofone del Donbass, Crimea, ecc. Seguendo il buon esempio della Turchia, gli Stati non belligeranti dovrebbero attivarsi non per acuire le divisioni, per prolungare –di fatto- il conflitto, ma per favorire un buon accordo di pace, magari allentando, gradualmente, la pressione sanzionatoria sulla Russia. Non per altro, ma solo perché vorremmo continuare a farci il caffè ogni mattina! In tale prospettiva, che dovrebbe consentire il rientro in patria, nelle loro case dei profughi dispersi in vari Paesi europei, gli aiuti non devono essere in armi, ma in programmi di ricostruzione, di risarcimento dei danni di guerra, in progetti per garantire un futuro di pace e di prosperità alle popolazioni ucraine.

3... In questo confuso contesto ciò che brilla per la sua fatale assenza è il ruolo politico dell’Onu che, a parte le attività umanitarie della sua agenzia per i rifugiati, non riesce, forse non vuole, ad esprimere una credibile iniziativa di pace. Un dovere istituzionale, direi. Che destino bizzarro quello dell’Onu: compiti istituzionali giganteschi per tutelare la pace nel mondo, ma- da troppo tempo- iniziative rachitiche, ininfluenti. Così come è ridotto a che cosa serve l’Onu? E’ questa una domanda sempre più stringente che molti si pongono, alla quale bisognerebbe dare una risposta convincente, alla luce dei nuovi equilibri e poteri affermatisi nel mondo. Il ruolo dell’Onu se non proprio rifondato va attualizzato (magari trasferendone la sede in un Paese neutrale), rendendolo più aderente alla nuova realtà globale uscita dalla “guerra fredda” e che oggi rischia di entrare in una “guerra calda” permanente, in uno stillicidio di conflitti pericolosi e umanamente inammissibili; in una spaventosa corsa al riarmo convenzionale e nucleare. E spaziale. Anche questo è un serio problema che la guerra in Ucraina evidenzia, drammaticamente. Un nodo per troppo tempo rinviato, accantonato dalle grandi potenze che siedono nel suo consiglio di sicurezza con diritto di veto. Un problema da affrontare e risolvere nella nuova cornice globale.

4... Fra le proposte in discussione a Istanbul la più importante è senz’altro quella relativa alla neutralità affacciata dalla delegazione di Kiev. Una neutralità (da approfondire e definire in tutti i suoi aspetti) che dovrebbe essere garantita non dall’Onu, ma da alcune potenze grandi e medie della Nato: Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Turchia, Italia, ecc. Secondo Draghi anche Putin vorrebbe che l’Italia partecipi a tutela della neutralità, allo sforzo a difesa della pace e della sicurezza di tutti gli attori della regione. Tutto ciò fa piacere, purché tale presenza non venga interpretata e gestita come una forma surrettizia di garanzia Nato che potrebbe caricarsi di significati ambigui, contraddittori con la funzione richiesta. Poiché, in questo caso, non avremmo una vera neutralità, ma una sorta di protettorato Nato sull’Ucraina. Un po’ come accadde nel 1981 quando l’Italia si assunse (da sola) l’onere della garanzia della neutralità della repubblica di Malta ossia di un’entità statuale piccola ma molto importante,per il ruolo strategico che è chiamata a svolgere nel Mediterraneo centrale. Ricordo che quando alla Camera dei Deputati, in sede di voto di ratifica dell’accordo italo -maltese, motivai l’astensione del Pci poiché avremmo preferito una garanzia quadripartita (Italia, Francia, Algeria e Libia), in fase avanzata di definizione. Il governo italiano, con una mossa a dir poco sorprendente, optò per una garanzia unilaterale bruciando gli sforzi per giungere a una garanzia multilaterale, rispettosa di certi equilibri faticosamente costruiti in ambito mediterraneo e dei due blocchi militari dell’Est e dell’Ovest. D’altra parte, è logico pensare che se la garanzia viene data da un solo Paese membro della Nato, il senso dell’accordo cambia e si configura, anche nel caso di Malta, come una sorta di protettorato. Per fortuna, durante questo quarantennio non è stato necessario mettere alla prova la garanzia italiana. Ha retto bene la neutralità dichiarata dal governo maltese che è stata “premiata” con l’ammissione alla U.E. , divenendo Malta una piazza finanziaria importante e un punto di riferimento per i traffici internazionali marittimi e d’altro tipo.

5... In sostanza, Malta non domandò di entrare nella Nato, ma proclamò la sua neutralità a salvaguardia della quale chiese una garanzia internazionale. Sull’onda di tali opzioni arrivò l’ingresso nella Unione Europea. Cosicché, oggi, Malta si ritrova ad essere un Paese militarmente neutrale e membro effettivo della U.E. Insomma, un doppio vantaggio: poiché, come l’esperienza dimostra, essere neutrali conviene! Vedi Svizzera, Austria, ecc. Perché no, l’Ucraina potrebbe essere come Malta, neutrale e membro attivo della U.E. Ovviamente, il contesto geo-politico è diverso, molto più complesso, e vi agiscono attori potenti e più competitivi, tuttavia la via della neutralità ucraina (che non vuol dire smilitarizzazione) sembra praticabile e proficua, specie se garantita, nelle forme possibili, dalla comunità internazionale. A iniziare dall’Onu. Se non abbiamo letto male (la trattativa è in itinere e bisogna andarci cauti nel tirare conclusioni) da parte ucraina si chiede in caso di violazione della sua neutralità, di applicare il meccanismo di difesa previsto dall’art. 5 del Trattato Nato (1) ossia una procedura specifica, tipica di un’alleanza militare che, in un certo senso, confligge con lo spirito di una dichiarazione di neutralità. Francamente, non si riesce a capire come si potrà, eventualmente, conciliare un obbligo così vincolante fra un paese neutrale e altri appartenenti a un’organizzazione militare (Nato) che dovrebbero garantirne la neutralità. Di fatto, il risultato sarebbe un protettorato più che una garanzia a tutela della neutralità. Agostino Spataro https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro

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Note: (1) Articolo 5 del trattato Nord Atlantico del nord (Nato) Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.