Car@ amic@, In queste ore di dolore e di ansia per la guerra che si è aperta in Europa, il mio pensiero va prima di tutto alle vittime, che crescono di giorno in giorno, e alle persone che in essa sono coinvolte. Il mio pensiero va alle migliaia di connazionali che sono in Ucraina,

esposti ai rischi riguardanti la loro incolumità e le loro attività. Ringrazio il nostro personale diplomatico per quello che per loro sta facendo pur in condizioni tanto difficili, nella speranza che ognuno possa trovare ascolto e aiuto per le sue necessità. La mia partecipazione morale e umana va nella stessa misura agli ucraini, soprattutto donne bambini e anziani, che in queste ore stanno cercando aiuto e rifugio in altri Paesi. L’Italia è il Paese in Europa con la maggiore presenza di cittadini ucraini e uno dei primi al mondo. È lecito pensare che coloro che fuggono continueranno a vedere in noi degli interlocutori aperti e affidabili. Dobbiamo essere, per questo, all’altezza di un compito umanitario eccezionale, di grande impegno e proporzione. Lo dobbiamo affrontare senza doppie verità, riguardanti la provenienza dei rifugiati o, peggio ancora, il colore della loro pelle o la loro cittadinanza (in questi giorni drammatici, stanno scappando dall’Ucraina anche lavoratori e studenti di altre nazionalità che ora si trovano bloccati ai confini. Anche a loro dobbiamo garantire sicurezza e rifugio). Sono prima di tutto persone che hanno bisogno di aiuto, e dovremo dimostrarci capaci di darglielo sul piano del rispetto umano, su quello organizzativo e su quello dell’efficienza amministrativa. Una grande prova per noi, ben più complessa delle pur giuste dichiarazioni di principio che stiamo ascoltando in questi giorni. Ho conosciuto il dolore e l’ansia dei rifugiati, soprattutto dei più indifesi, i minori, quando facevo volontariato con i bambini rifugiati alcuni anni fa. Osservandoli mi capitava di pensare cosa succedesse dentro di loro. Pensavo a cosa avessero visto, a quali esperienze avessero fatto. Tra di loro c'erano bambini che avevano visto la guerra da vicino. Bambini che magari avevano lasciato indietro zii, nonni, cugini. C'era una bambina, dolcissima, che era arrivata in Germania con il nonno. Aveva solo lui. Le ore trascorse insieme non erano sempre facili per via dei loro comportamenti a volte difficili, spesso aggressivi, ma la consapevolezza del loro vissuto mi rendeva semplicemente felice di averli con noi, in sicurezza, grata di poter contribuire a qualche ora di infanzia, di spensieratezza, di crescita. Da allora, non ho mai smesso di chiedermi: quanti bambini come loro ci sono nel mondo? Quante guerre aperte ci sono? Guerre lontane, che nella nostra quotidianità non percepiamo o facciamo finta di non vedere. Perché vedere significa assumersi la propria parte di responsabilità, che fa vacillare molte nostre certezze e sicurezze. Oggi però c'è una guerra vicina che non possiamo non vedere. Ed è per questo che, a differenza delle altre volte, abbiamo paura. Abbiamo paura perché riguarda anche noi. Questa paura sia dunque un monito per tutti a diventare più vigili e non girarci più dall'altra parte. Le strategie di geopolitica, gli scenari di intervento, le sanzioni economiche, tutte cose necessarie. Ma ora, prima di ogni altra cosa, facciamo tutto il possibile per creare le condizioni per accogliere con dignità e rispetto chi, in questo momento, ha bisogno di un posto sicuro. Angela PS: In questi giorni siamo testimoni di una protesta coraggiosa che nemmeno la paura del carcere riesce a fermare. Sono oltre 7.000, dal 24 febbraio, la persone arrestate in Russia durante le proteste contro l'aggressione all'Ucraina. Lo rende noto il sito indipendente OVD-Info che si occupa della tutela dei diritti umani in Russia. Dall'inizio della guerra in diverse città russe, a partire da Mosca e San Pietroburgo, ci sono state pacifiche manifestazioni contro la guerra, dove i manifestanti sono stati prelevati dalle forze dell'ordine. Si tratta di giovani, donne, accademici, artisti, personaggi dello spettacolo, lavoratori, contrari all’invasione di un Paese considerato fratello. In tutto il mondo, poi, cittadini russi si sono uniti alle manifestazioni di solidarietà verso il popolo ucraino. Teniamone conto e rifiutiamo ogni episodio di intolleranza verso cittadini russi. Per il bene di tutti, non associamo la guerra di Putin a un popolo intero.