Contrordine italiani: gli immigrati non vi tolgono il lavoro. Lo aveva già evidenziato una ricerca di Bankitalia, ma ora lo ribadisce una ricerca intitolata “Ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano”, condotta da Cnel e ministero del Lavoro. Gli immigrati non alimentano la disoccupazione.

Ricorrendo a dati statistici aggiornati, i ricercatori scrivono che “guardando le correlazioni tra la presenza d’immigrati e il tasso di disoccupazione si osserva come queste siano di segno negativo. In altre parole, il tasso di disoccupazione è più alto nelle regioni dove la presenza di immigrati è più bassa”. Insomma i dati “concordano nell’evidenziare il ruolo non significativo della presenza immigrata nell’influenzare la probabilità di perdere l’occupazione, entrando in disoccupazione”. Nel 2020, 900 mila lavoratori stranieri in più. Va però detto che “un aumento della quota di immigrati residenti in un territorio si traduce in una riduzione della probabilità, per chi è disoccupato, di trovare un impiego e risultare così occupato”. Non solo. “A risentire maggiormente della concorrenza degli immigrati sul mercato del lavoro sono soprattutto i lavoratori con bassi titoli di studio e i più giovani”. E ancora: stando alla ricerca, nel 2020 i lavoratori immigrati aumenteranno del 45% rispetto al 2010 con circa 900mila occupati in più, mentre l’occupazione italiana resterà costante. Gli immigrati troveranno soprattutto posti meno qualificati, dove supereranno nel 2020 il 50% degli addetti. I lavoratori immigrati impegnati in agricoltura – precisa la Coldiretti sulla base di un’analisi dello studio – rappresentano il 23% del totale delle giornate di lavoro dichiarate dalle aziende, hanno una eta’ media di 36 anni e per il 71% sono di sesso maschile. Sono ben 172 le diverse le nazionalita’ anche se a prevalere – continua la Coldiretti – sono nell’ordine Romania (113.543), India (24.823), Marocco (24.519), Albania (23.982), Polonia (22.601), Bulgaria (15.242), Tunisia (12.027), Slovacchia (11.551), Macedonia (10.254), Moldavia (5.422), Senegal (5.193) e Ucraina (4.756)”. Cittadinanza ai nati in Italia. “Se non c’è un’aspra concorrenza nel lavoro e gli immigrati, anche con titoli di studio elevati, fanno lavori che gli italiani non cercano vuol dire che l’integrazione è incompleta - commenta il presidente del Cnel, Antonio Marzano - la situazione migliora con il permanere degli immigrati in Italia e soprattutto per le seconde generazioni”. Ma soprattutto, “per che è nato in Italia, è cresciuto e ha studiato qui, credo che negare la cittadinanza sia una forzatura e non aiuta l’integrazione”. Fonte: Repubblica.it