Migrante ucciso a Fermo, Mancini patteggia: 4 anni. La vedova di Emmanuel rinuncia a risarcimento Per la morte del richiedente nigeriano, ridotto in fin di vita dopo aver reagito alle offese rivolte dall'ultrà fermano alla sua donna, cade l'aggravante dei futili motivi, ma resta quella razziale, seppur quasi simbolica in termini di aggravio della pena. Ancora una lezione di umanità da Chinyere Emmanuel, che rinuncia a ogni azione risarcitoria in cambio dell'impegno del condannato a pagare i 5mila euro per il rimpatrio della salma FERMO (ANCONA) - Amedeo Mancini, l'ultrà fermano accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi, ha patteggiato la pena di 4 anni davanti al gip di Fermo Maria Grazia Leopardi. Ratificato, dunque, l'accordo raggiunto a dicembre tra la difesa, gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni, e la Procura. La vedova Chinyere Emmanuel era presente all'udienza e, assistita dall'avvocata Letizia Astorri, ha rinunciato alla costituzione di parte civile avendo concordato con l'imputato la rinuncia a qualsiasi pretesa risarcitoria. Mancini si è impegnato a contribuire, con l'aiuto di amici, alle spese per la traslazione della salma di Emmanuel in Nigeria, secondo il desiderio di Chenyere. L'omicidio era avvenuto a Fermo il pomeriggio del 5 luglio. Emmanuel Chidi Namdi, 36enne richiedente asilo, stava passeggiando con Chinyere in via XX Settembre, finendo in coma irreversibile dopo la colluttazione con Amedeo Mancini, 38 anni. Dalle ricostruzioni, il nigeriano aveva reagito agli insulti rivolti alla donna ("african scimmia") e uno dei colpi subiti aveva causato l'emorragia cerebrale per la quale sarebbe spirato. Anche Chenyere era stata picchiata, riportando escoriazioni alle braccia e a una gamba. Delle tre aggravanti contestate a Mancini è stata ritenuta insussistente quella dei motivi abietti e futili, mentre è stata mantenuta quella razziale, anche se con una rilevanza concreta "poco più che simbolica". "Pur potendo comportare un aumento di pena fino a cinque anni - spiegano infatti i legali -, l'incremento concordato era stato di soli tre mesi". Riconosciuta a Mancini l'attenuante della provocazione, per la quale "è stata applicata - rendono noto ancora i difensori - la riduzione della pena nella massima estensione possibile, pari a tre anni e cinque mesi". Con la sentenza è stato portato a otto ore giornaliere il permesso di uscita per lavoro dell'ultrà, che resta agli arresti domiciliari. L'avvocata Astorri, invece, tiene a evidenziare, ancora una volta, la grandezza di Chinyere, che aveva commosso con il canto intonato in lacrime per il suo uomo, espressione di un dolore profondo e disperato, che non le aveva impedito di distinguere tra le responsabilità dell'assassino e l'umanità che aveva riscontrato nell'accoglienza ricevuta a Fermo e in Italia. Dove don Vinicio Albanesi l'aveva simbolicamente unita inmatrimonio a Chidi Namdi. "Voi italiani non siete come lui", aveva detto Chinyere, intendo per "lui" Amedeo Mancini. Mentre don Albanesi aveva descritto così la vittima, respingendo implicitamente le ricostruzioni secondo cui era stato Mancini a doversi difendere: "Emmanuel era fuggito da Boko Haram, cercava solo una casa e l'amore"