by Pasquale Hamel - Intervento fatto a Castellammare su Fatema Mernissi e la rivoluzione delle donne islamiche. Il convegno si è svolto nell’ambito del premio letterario internazionale Fatema Mernissi organizzato dai Rotary di cui è stata promotrice la prof. Anna Maria Di Blasi, alla presenza del Forum donne marocchine e dei consoli di Marocco e Tunisia Da tempo mi dedico alla riflessione sullo scottante tema del confronto fra “Islam e modernità” convinto, come sono che, nolenti o volenti, l’Occidente dei diritti , come mi intestardisco a definirlo, necessariamente si deve misurare con il mondo musulmano che, oggi in un tempo in cui sono cadute le grandi ideologie , resta nella sua versione politica, l’unico ideale capace di mobilitare le masse: donne e uomini per sfidare l’ordine globale. Come afferma la filosofa Donatella Di Cesare “l’Islam è l’unica bandiera per la quale migliaia di giovani sono pronti ad affrontare la morte” Da tempo mi sono convinto che, soprattutto in una realtà come quella islamica che è abbarbicata al passato, la modernità, l’uscita dagli schemi tradizionali, debba emergere come necessità dalle singole comunità islamiche, dal loro interno anche se, come scrive il grande poeta Adonis, mi rendo conto che “nella nostra epoca nessuno si culla nel letto del passato quanto l’arabo musulmano”. E prosegue “ steso su quel letto , lavora e sogna. E quel letto è il suo unico riferimento, la sua unica certezza.” Da tempo sostengo che l’unico reale intervento esterno che l’Occidente stesso può permettersi per agevolare questo percorso non è quello di disinteressarsi del fenomeno magari compiacendosi di avere realizzato, in nome di un equivoco rispetto delle identità, separazioni o ghettizzazioni. Da tempo sostengo, infatti, che la strada da perseguire quando si incontrano sistemi di civiltà diverse, sia quello dell’interculturalità, contaminazioni, appunto, che nulla ha a che fare con quel multiculturalismo che si riduce a ghetto e che favorisce autoriproduzione dei modelli di ciascuna comunità e la loro esaltazione in termini antagonistici. La sfida di Fatema Mernissi, sociologa e letterata araba musulmana, sottolineo questa aggettivazione araba-musulmana per non fare torto alla stessa – non poteva non interessarmi e, in conseguenza, affascinarmi, visto che le nostre piste di approfondimento trovavano molti punti in coincidenza. Fatema con la forza interiore ed intellettuale che la contraddistingueva, guardava infatti alla modernità come obiettivo a cui tendere e, per questo motivo stigmatizzava le incapacità di rendersi conto dei mutamenti epocali che attraversavano le società del tempo presente di quel mondo in cui si trovava a vivere e bollava in termini negativi questo continuo richiamo al passato, vana idealizzazione, che le strutture di potere e i predicatori cercavano e cercano di coltivare per opporsi al nuovo che tuttavia avanza. “Quel mondo islamico, scriveva il mio compianto amico Fouad Allam, non ha ancora elaborato il lutto della propria decadenza e pensa agli splendori di Cordoba e Baghdad da risuscitare, ma è un’illusione, perché il rinnovamento dell’Islam non potrà, infatti passare se non attraverso il superamento del passato, la contaminazione, la mescolanza, perché senza di esse la geografia dell’islam si ridurrà a frontiera.” Il cambiamento è proprio questo Fatema auspicava e che considerava già in atto, figlio della presenza sempre più consapevole delle donne che si registra nel mondo musulmano. “La novità di oggi, scriveva, è la rottura con il passato “ e di questa rottura lei individuava come protagoniste le donne, cui la storia dell’Islam ha perfino negato paradossalmente “il loro diritto a Dio”. La modernità infatti passa per il superamento di quelle che Fatema considerava un teorema senza senso che :”per secoli ha visto le donne e il vino come la fonte di tutti i guai”. Cambiamento è parola che fa paura e Fatema ne comprendeva il valore, ma la stessa precisava che cambiamento non significava, come qualcuno avrebbe voluto affermare, tradimento , cambiamento non significava eresia. Cambiamento non disvalore rispetto alla identità culturale e religiosa ma anzi, proprio il contrario, cioè ritrovare le autentiche radici. Liberare, come sostiene Gamal al-Banna, il nobile Corano dalle superfetazioni volute dal potere, liberarlo di tutto quanto nega la soggettività umana come protagonista del messaggio e riagganciarlo alla storia. Proprio questa difficile operazione filologica permetterebbe, infatti, di superare, ad esempio il problema del riconoscimento dei diritti individuali, quelli proclamati dalla dichiarazione dei diritti umani del ’48, senza dovere ricorrere ad artifizi quali la dichiarazione dei diritti umani dell’Islam resa necessaria per adattarla alla legge islamica. Dare corpo, dunque, ad una rivoluzione illuminista, un illuminismo islamico perché, come sostiene il filosofo Sadik al-Azm “in teoria non c’è nulla che impedisca all’Islam di venire a patti con questioni come laicismo, umanesimo, democrazia , modernità e così via. Se lo farà [e appunto presumo che lo possa fare] si evolverà in quella direzione, è questa dunque una contingenza storica e una probabilità socioculturale che dipende da cosa saranno pronti e solleciti a fare i musulmani in quanto agenti storici.” Era questo il quadro di riferimento di Fatema e non meraviglia quindi se esultasse di fronte “alla donna istruita, senza velo, che manifesta in nome della Carta delle Nazioni Unite contro la shari’a dei burocrati. E mi piace trascrivere un brano di Fatema che di fronte all’accusa di “mostruosità” che si rinfacciava alle donne attive nel mondo musulmano, ella coraggiosamente osava dichiarare “La mostruosità della donna moderna, se confrontata con il modello tradizionale, non sta tanto nel suo accesso alla conoscenza, quanto nella rivendicazione di essere cittadina, sfidando il governo e tenendo presente la dichiarazione universale dei diritti umani.” Donna coraggiosa, che si poneva in termini altri pur essendo orgogliosa testimone della fede dei padri. Ripeto e insisto, non tradimento o apostasia ma “reinterpretazione del retaggio musulmano come ingrediente necessario della nostra modernità.” Sono queste le sue parole, forti e significative come, e lo mettiamo in epigrafe a questo intervento, questo appello accorato e sincero: “La moschea il Corano appartengono alle donne tanto quanto i corpo celesti. Abbiamo diritto a tutto questo, a tutte le sue ricchezze per costruire la nostra identità moderna!” Su queste idee, sulle piste tracciate da Fatema, dobbiamo lavorare per realizzare un mondo nel quale i diritti e con essi i doveri divengano lo stigma della vera modernità, quella fondata sul rispetto dell’individuo, sia esso donna sia uomo o anche diverso, delle religioni e, sono costretto ad usare un termine desueto e d equivoco, delle razze.