PARTE 1^ - Molto si può parlare di Leonardo Sciascia, indiscusso uomo di grande cultura, ma anche personaggio molto discusso che spesso entrò in conflitto con altri personaggi del suo tempo. Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto (Agrigento)
l’8 gennaio del 1921 e si spegne a Palermo il 20 novembre del 1989. Spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, Sciascia è una delle grandi figure del Novecento italiano ed europeo. All'ansia di conoscere le contraddizioni della sua terra e dell'umanità, unì un senso di giustizia pessimistico e sempre deluso, ma che non rinuncia mai all'uso della ragione umana di matrice illuminista, per attuare questo suo progetto. All'influenza del relativismo conosciuto di Luigi Pirandello si possono ricondurre invece l’umorismo e la difficoltà di pervenire a una conclusione che i suoi protagonisti incontrano: la realtà non sempre è osservabile in maniera obiettiva, e spesso è un insieme inestricabile di verità e menzogna.
 
GLI STUDI: IL PERIODO NISSENO
 
A sei anni Sciascia inizia la scuola elementare a Racalmuto. Nel 1935 si trasferisce con la famiglia a Caltanissetta dove si iscrive all'Istituto Magistrale "IX Maggio" nel quale insegna Vitaliano Brancati, che diventerà il suo modello e che lo guida nella lettura degli autori francesi, mentre l'incontro con un giovane insegnante, Giuseppe Granata (che fu in seguito senatore comunista), gli fa conoscere gli illuministi e la letteratura. Egli forma così la propria coscienza civile sui testi di Voltaire, Montesquieu, Cesare Beccarla, Pietro Verri. Nel capoluogo nisseno trascorrerà gli anni più indimenticabili della sua vita, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, fatti delle prime esperienze e delle prime scoperte della vita oltre a imprimersi la sua formazione culturale. Richiamato alla visita di leva viene considerato per due volte non idoneo, ma alla terza viene accettato e assegnato ai servizi sedentari. Nel 1941 consegue il diploma magistrale e nello stesso anno si impiega al Consorzio Agrario, occupandosi dell'ammasso del grano a Racalmuto, dove rimane fino al 1948. Ebbe così modo di avere un rapporto intenso con la piccola realtà contadina. Nel 1944 sposa Maria Andronico, maestra nella scuola elementare di Racalmuto. Maria Andronico e Sciascia avranno due figlie, Laura e Anna Maria. Nel 1948 Leonardo Sciascia rimane scosso dal suicidio dell'amato fratello Giuseppe.
 
LE PRIME OPERE: POESIE E SAGGI
 
Nel 1950 pubblica le "Favole della dittatura", che Pier Paolo Pisolini nota e recensisce. Il libro comprende ventisette brevi testi poetici, "favole esotiche " classiche, con morali chiare, di cui sono protagonisti animali. Venti di questi testi erano apparsi tra il 1950 e l'estate del 1951 su "La Prova" fondato a Palermo dal politico democristiano Giuseppe Alessi, periodico politico con il quale Sciascia inizia a collaborare fin dal primo numero firmando il 15 marzo 1950 il necrologio "Molto prima del 1984 è morto Gorge Orwell ". Nel 1952, esce la raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore, che viene illustrata con disegni dello scultore catanese Emilio Greco. Nel 1953 vince il Premio Pirandello, assegnatogli dalla Regione Siciliana per il suo saggio "Pirandello e il pirandellismo". Inizia nel 1954 a collaborare a riviste antologiche dedicate alla letteratura e agli studi etnologici, assumendo l'incarico di direttore di «Galleria» e de «I quaderni di Galleria» edite dall'omonimo Salvatore Sciascia di Caltanissetta. Nel 1954 Italo Calvino scrive, riferendosi a un'opera di Sciascia: « Ti accludo uno scritto d'un maestro elementare di Racalmuto (Agrigento) che mi sembra molto impressionante » (Lettera di Italo Calvino a Alberto Carocci, 8 ottobre 1954) Nel 1956 pubblica "Le parrocchie di Realpetra ", una sintesi autobiografica dell'esperienza vissuta come maestro nelle scuole elementari del suo paese. Nello stesso anno viene distaccato in un ufficio scolastico di Caltanissetta.
 
A ROMA: I RACCONTI GLI ZII DI SICILIA
 
Nell'anno scolastico 1957 – 1958 viene assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo "Gli zii di Sicilia". La breve raccolta si apre con "La zia d'America", un tentativo di dissacrare il mito dello "Zia Sam ", visto come dispensatore di doni e libertà. Il secondo racconto è intitolato "La morte di Stalin", nel quale, ancora una volta, il personaggio è un mito, quello del comunismo che viene incarnato, agli occhi del siciliano Calogero Schirò, da Stalin. Il terzo racconto, "Il quarantotto", è ambientato nel periodo del Risorgimento (tra il 1848 e il 1860) e tratta del tema dell'unificazione del Regno d’Italia vista attraverso gli occhi di un siciliano. Nel racconto l'autore vuole mettere in evidenza l'indifferenza ed il cinismo della classe dominante affrontando un tema già trattato da Federico De Roberto ne I Vicerè (1894) e da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo. Alla raccolta si aggiunge, nel 1960, un quarto racconto, "L’antimonio", che ebbe favorevole consenso della critica ed al quale Pisolini dedicherà un articolo sulla rivista Officina. In esso si narra la storia di un minatore che, scampato ad uno scoppio di grisou (chiamato dagli zolfatari antonmonio), parte come volontario per la guerra civile di Spagna.
 
A CALTANISSETTA: I ROMANZI
 
Sciascia rimane a Roma un anno e al suo ritorno si stabilisce con la famiglia a Caltanissetta, assumendo un impiego in un ufficio del Patronato scolastico. Nel 1961 esce Il giorno della civetta col quale lo scrittore inaugura una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo. Al romanzo si ispira il film omonimo del regista Damiano Damiani, uscito nel 1968. Gli anni sessanta vedranno nascere alcuni dei romanzi più sentiti dallo stesso autore, dedicati alle ricerche storiche sulla cultura siciliana. Nel 1963 pubblica Il consiglio d’Egitto, ambientato in una Palermo del '700 dove vive e agisce un abile falsario, l'abate Giuseppe Vella, che "inventa" un antico codice arabo che dovrebbe togliere ogni legittimità ai privilegi e ai poteri dei baroni siciliani a favore del Viceré Caracciolo.
 
LA COMMEDIA
 
Sempre nel 1965 esce la sua commedia "L'onorevole" che è una impietosa denuncia delle complicità tra governo e mafia.
 
IL RITORNO AL ROMANZO
 
Nel 1966 ritorna con un romanzo, A ciascuno il suo, che riprende le modalità del "giallo" già utilizzate ne "Il giorno della civetta ". La vicenda narrata è quella di un professore di liceo, Paolo Laurana, che inizia per curiosità personale le indagini sulla morte del farmacista del paese e dell'amico dottore, ma che si scontra con il silenzio di tutti i paesani, silenzio dovuto alla paura ed alla corruzione. Come commento alla tenacia nelle indagini del professore e alla sua tragica fine, l'explicit del libro si risolve in una frase lapidaria: “era un cretino” Dal romanzo, il regista Elio Petri trae, nel 1967, il film omonimo. (SA - continua il 27 gennaio 2018)