Signor Presidente, onorevole assessore, onorevole colleghi, non torno sulle questioni che ho avuto modo di accennare e, anche ascoltando il presidente Leontini devo dire che ho trovato anche la sua esposizione frutto di una certa confusione che regna su questa vicenda, perché ha illustrato il disegno di legge anche assumendo il testo o parte del testo che è stato presentato dal Governo sotto forma di emendamento lunedì scorso.

E delle due l’una. Considerato che le questioni su cui ci siamo concentrati in queste settimane, in questi mesi non erano, come purtroppo rischia ed è stato percepito in qualche modo all’esterno, solo un fatto quantitativo, ovvero quante aziende dobbiamo creare rispetto a quante ce ne erano prima, ma anche un aspetto di sistema, di modello di sistema rispetto al quale, con molta onestà, la proposta approvata in Commissione non può essere mediabile con quella che ha presentato il Governo perché, comunque, c’è una sostanziale e formale contraddizione rispetto alle questioni di cui abbiamo discusso. Altrimenti, si conferma quella che per noi è sempre stata una stella polare nel modo con cui abbiamo guardato a questo dibattito interno al centrodestra, che lo scontro, onorevole Leontini, non è mai stato sui modelli, ma lo scontro è sempre stato sulle poltrone, su quanti personaggi questa sanità siciliana può contare non per governare la sanità, ma per controllarla, per asservirla al sistema di potere, affaristico e clientelare; in questa logica si è cercato di nascondere con una patina di ideologie sui sistemi, questioni che invece sono molto più di “bassa cucina”. Ebbene, assessore, noi vogliamo ribadirlo oggi. Abbiamo sempre considerato il piano di rientro sottoscritto ormai quasi un anno e mezzo fa, non come una minaccia per la Sicilia, ma come un’opportunità che servisse a cambiare il sistema, a liberare la sanità dal sistema di controlli che non hanno avuto come obiettivo l’efficacia e l’efficienza, ma il controllo della politica. Noi abbiamo considerato la riforma delle aziende connessa al piano di rientro un’opportunità, perché, assessore, noi pensavamo che dovevamo occuparci di una questione che è quella che pensano e vivono i cittadini. E’ sempre in crescita il numero di persone che si rivolgono a me per sapere dove poter fare una TAC, dove poter fare una prestazione radiologica, si rivolgono alla politica perché è divenuta la politica, l’intermediazione per l’accesso alle prestazioni sanitarie. Noi avremmo voluto affrontare le questioni della sanità provando a liberare da questa intermediazione e garantire l’universalità dell’accesso a qualunque cittadino, al di là della sua condizione economica, geografica ed aggiungo politica. Assessore Russo, c’è anche il rischio che la sanità possa essere un bene accessibile alla maggioranza e quindi, alla maggioranza di quelli che si rivolgono alla maggioranza. Questa è la tragedia che dobbiamo affrontare, le lunghe liste di attesa. Il cittadino vorrebbe sapere se da questa riforma ci sarà un sistema che migliora la propria condizione di accesso, se tutto non è ospedalizzato, se può trovare una prestazione oculistica, piuttosto che cardiologia in ambulatorio e che non deve, necessariamente, andare al pronto soccorso per avere la garanzia che qualcuno si occupi di lui, se la riforma della sanità può servire a fare in modo di eliminare una patologia. Racconto sempre quello che succede all’Ospedale dei bambini di Palermo, dove il venerdì, sabato e domenica, il numero di prestazioni da pronto soccorso, è il doppio rispetto a quelle che fa il resto della settimana, e non perché i bambini si ammalino tutti il fine settimana ma perché il sistema territoriale, nel fine settimana, non esiste e quindi si scarica sulla ospedalizzazione la condizione di sofferenza e di disagio dei cittadini! Avremmo voluto affrontare queste questioni, parlando di sanità e invece, siccome in queste settimane, questa maggioranza che ha vinto le elezioni, ma che non è in grado, su nessun problema della Sicilia, di avere una visione condivisa delle soluzioni da dare ai problemi che ha questa Regione, ha trasmesso soltanto divisioni, lacerazioni, conflitti di potere che nulla hanno a che fare con i problemi che vivono i cittadini siciliani, sia quello che vive a Punta Passero che quello che vive a Lampedusa o quello che vive a Ustica o nelle grandi città della Sicilia. Invece, oggi affrontiamo un disegno di legge con la patina di un sistema diverso che doveva separare l’offerta dalla domanda, il territorio dall’ospedalità; modello lombardo, modello veneto. C’è stato un gran dibattito ideologico, poi la sostanza. La sostanza è: quanti direttori generali? Chi li deve nominare? Non vi fidate neanche fra di voi e allora il problema è chi li deve nominare? La Giunta, però con la garanzia che prima... Insomma, tutto un sistema di scatole cinesi in cui, alla fine, prima di votare la legge voi volevate e volete sapere le fotografie, i nomi e cognomi e le generalità non solo dei direttori da nominare ma anche dei prossimi. Il risultato quale sarà? Il risultato è il “papocchietto” che è uscito da questo estenuante confronto all’interno della maggioranza. Noi, ieri, abbiamo provato a raccontarlo così; capisco che l’Assessore ci dirà che non è così perché mi dicono adesso che c’è un “emendamentino” che qualche partito propone che, anche quei direttori amministrativi e sanitari dei cosiddetti “ospedali capofila”, devono o possono essere nominati fuori dalla struttura. Questo vuol dire che abbiamo ragione noi. Perché abbiamo ragione noi? Noi, oggi, abbiamo 29 aziende, ogni azienda ha 3 funzioni apicali: direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo; 29 per 3 fa 87 e sono gli 87 che sono oggetto della mediazione politica dentro il centro-destra. Con la nuova ipotesi e con questa nuova ipotesi mediata questi 87 non ci saranno più e cosa ci sarà, invece? Ci saranno 17 aziende che, per un certo periodo, rimangono 18; 3 per 17 - facciamo finta che rimangono le 17 - fa 51. Ma adesso c’è una nuova invenzione che è l’idea degli “ospedali capofila” nel quale saranno nominati direttori sanitari e direttori amministrativi. Ma quanto fa 18 “ospedali capofila”, quanti sono quelli che ha individuato la proposta di mediazione - chiamiamola così - per 2? Fa 36, che più 51 fa sempre 87 che era il numero dal quale siamo partiti per ridurli. Insomma, questa vicenda è la testimonianza, onorevole Limoli, che «Il Gattopardo» è stato più che un’opera letteraria, un’operazione dell’antropologia della Sicilia, un rapporto come quello che fecero Sonnino e Franchetti all’inizio del secolo sulla condizione dei siciliani. Si può trasformare in farsa la questione che abbiamo affrontato per mesi in questa nostra Regione? Questo è il punto che vogliamo che i siciliani sappiano. Certamente noi - lo voglio dire con molta franchezza - rispetto al sistema siamo più vicini al modello proposto anche con l’emendamento da parte del Governo. Abbiamo presentato un disegno di legge a luglio, avevamo previsto a luglio, quando qui nessuno parlava di sanità, un numero di aziende che, vedi caso, è stato sostanzialmente assunto se non copiato da parte del Governo della Regione. Quel modello prevedeva, non la separazione, ma l’integrazione: ospedalità, territorio; infatti, non abbiamo bisogno di separare in Sicilia, ma di far alzare la quota del territorio, non per ridurre il numero di ospedali, ma per ridurre le prestazioni ospedaliere visto che tutto si rivolge all’ospedale. Altro che chiusura! Semmai dobbiamo migliorare e qualificare gli ospedali siciliani, ma dobbiamo aumentare la quota di territorio per migliorare il servizio e la qualità del servizio in Sicilia. Da questo modello partivamo per arrivare ad una organizzazione che prevede le 17 aziende. Lo voglio dire con la massima franchezza: se non ci fosse stata questa posizione del Partito democratico in questi mesi, probabilmente, anche la posizione del Governo sarebbe stata travolta dalla pervicacia con la quale PDL e UDC - che poi hanno votato quel testo in Commissione – sono andati avanti come un sol uomo nella difesa del modello sostanzialmente esistente. Questo lo ascrivo al merito della posizione del Partito democratico e della battaglia che abbiamo condotto in questi mesi. Inoltre, affermo che la proposta che qui è stata esposta nel maxi o nel mini-emendamento, non so cosa sia, alla fine rischia di essere un ‘papocchietto’. Onorevole o dottore Russo - anche se quando entra qui dentro anche lei assume la funzione di onorevole -io avrei potuto capire, per una vostra esigenza di maggioranza, che alla fine avreste trovato un sistema che prevedeva una sorta di status specifico per quegli ospedali che perdevano l’autonomia aziendale. Insomma, se Caltagirone, Gela, Sciacca, Agrigento, Trapani, Ragusa, Enna, di fronte alla perdita dell’Azienda Ospedaliera, quegli ospedali, che prima erano Azienda, assumevano uno status giuridico organizzativo diverso. Ma in nome di questo che cosa avete fatto? Avete fatto diventare ospedali capofila anche ospedali che non hanno né la storia, né la struttura, né sono riconosciuti da nessuno nel territorio capofila di alcunché. Guardo alla provincia di Messina; ma di che cosa parliamo? Sulla base di quale principio Barcellona diviene capofila di che? E perché non Milazzo, non Patti? Qual è il presupposto secondo il quale in alcune province qualcuno viene assunto ad ospedale capofila. Perché Vittoria e non altri? Signor Presidente ed onorevole Assessore, questa vicenda dimostra che il modello che alla fine state sostenendo serve soltanto a distribuire poltrone e non ad organizzare un sistema efficiente. Ecco perché vorrei dirlo con la massima franchezza e con la massima nettezza: siamo delusi non del fatto che il Governo proponga una mediazione, sta nelle cose, ma siamo delusi perché la mediazione che ha proposto il Governo sta dentro la cultura del controllo della sanità, non del Governo della sanità, cioè la quantità di poltrone da distribuire non del modo in cui miglioriamo il sistema. Più avanti affronteremo anche la faccenda del 118, affronteremo anche la questione dei distretti perché anche qui vorrei dirlo in punta di piedi: siamo sicuri che, in un momento in cui dobbiamo migliorare la sanità territoriale, la soluzione sia la riduzione dei distretti? Siamo sicuri che questo modello, che serve semmai a conoscere le pieghe del nostro territorio, sia proprio il modello che dobbiamo affrontare che ha una giustificazione di natura economica, ma ha una giustificazione anche di sistema? Siamo sicuri che anche le funzioni dei distretti funzioneranno meglio con una diarchia costituita da direttori sanitari e direttori amministrativi che rischiano di essere non un elemento di efficienza del Governo ma un elemento di paralisi del Governo così come sul 118. Onorevole Assessore, in una legge non possiamo scrivere “in collaborazione”, perché noi non collaboriamo con alcuno, noi facciamo bandi, gare, non collaboriamo. I collaboratori sono una categoria semmai specifica ed individuale, non sono né enti né società. La Croce Rossa non può collaborare, può partecipare ad una gara. E non si può scrivere che si collabora con la Croce Rossa per mantenere, nelle forme rivedute e corrette, il sistema SISE così come è stato per i prossimi tre anni, magari con l’acquisizione di quote da parte della Regione della stessa società che ha gestito il servizio 118. Noi su questo abbiamo delle proposte, pensiamo che bisogna costruire un sistema pubblico con personale dedicato e non con personale a variabile, perché costa meno e perché crea quei meccanismi propri di un’azienda del riconoscersi nel sistema aziendale e crea quei meccanismi di efficienza che pensiamo debba avere anche il 118 in Sicilia. Insomma, non so come si chiuderà questo dibattito, non so come si chiuderà l’esito di questo voto, noi proveremo a dimostrare che il piano di rientro e questa legge possono essere ancora un’opportunità se almeno una parte della maggioranza ha la voglia di provare a cambiare la Sicilia. Infatti, se il problema è mantenere lo stato di cose esistenti, vedete oggi passate forse questo problema della sanità, ma domani ci sarà la formazione professionale, dopodomani ci saranno i rifiuti. Prima o poi dovrà arrivare il bilancio in questa Regione, di fronte alla crisi economica, di fronte a ciò che succede, dovremo avere uno strumento per dare qualche risposta ai siciliani. Voi pensate che facendo finta di essere d’accordo governeremo i problemi e saremo in grado di dare soluzioni che i cittadini capiranno? Credo di no. Ecco perché noi, ancora ora, pensiamo che ci siano le condizioni, con rigore, con sobrietà, con giustizia, di fare una sanità migliore rispetto a quella che il governo Cuffaro ci ha lasciato in questa nostra Regione. La sanità che ereditiamo è peggiore non solo rispetto alle altre realtà italiane, ma è perfino peggiore rispetto a qualche decennio fa in Sicilia.