*Roma - A fine aprile 2025, sono 122,1 milioni le persone costrette a fuggire dalle proprie case, in tutto il mondo, a causa di guerre, persecuzioni, eventi naturali catastrofici, cambiamenti climatici, povertà. A loro è dedicata la Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita nel 2000 dalle Nazioni Unite con la risoluzione 55/76: un numero in crescita, sottolinea il Rapporto Global Trends 2024, rispetto ai 120 milioni dell’anno precedente.

Le cause principali rimangono i conflitti in Sudan, Myanmar e Ucraina. In Europa, secondo i dati Eurostat diffusi da Fondazione ISMU, le richieste di protezione internazionale nel 2024 sono state 997mila, in calo del 12% rispetto al 2023 (1,13 milioni). L’Italia, con quasi 159mila domande (il 16% del totale UE), è il terzo Paese per numero di richieste dopo Germania e Spagna. Il dato italiano rappresenta il livello più alto degli ultimi dieci anni, in crescita costante dal 2021. Ma solo il 7,6% dei richiedenti in Italia ha ottenuto lo status di rifugiato nel 2024: 6mila persone su 78mila domande esaminate. Oltre 50mila istanze (quasi due terzi) hanno ricevuto esito negativo, un tasso superiore alla media UE (48,6%). Dal 2012 al 2024, lo status di rifugiato è stato riconosciuto in media nel 10% dei casi in Italia, contro una media UE del 23%. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto richiamare il senso della ricorrenza: “La condizione dei rifugiati e dei profughi da un numero crescente di conflitti armati, tensioni regionali e gravi crisi umanitarie, indotte anche dall’impatto crescente di eventi climatici estremi, diviene sempre più grave. È una realtà che interpella le nostre coscienze e ci chiama a fare di più per chi si trova in condizione di fragilità e bisogno per affermare l’inviolabilità della dignità di ogni persona. Non è solo questione umanitaria: è responsabilità giuridica e morale comune”. In Italia, un ruolo particolare lo gioca la protezione umanitaria, riconosciuta nel 41% degli esiti positivi (oltre 11mila casi), mentre nella UE la sua incidenza è del 17%. La protezione sussidiaria riguarda invece il 38% in Italia e il 40% in Europa. A incidere sugli alti tassi di respingimento in Italia è anche la provenienza geografica: tra le nazionalità con più domande respinte (tra l’80% e il 90%) figurano Marocco, Egitto, Tunisia e Bangladesh. Al contrario, nei Paesi UE i riconoscimenti sono più frequenti per richiedenti provenienti da Siria (92%), Venezuela (89%) e Afghanistan (81%). In Italia, il 46% degli afghani ha ottenuto lo status di rifugiato nel 2024, insieme al 20% dei camerunesi, 18% degli ivoriani e 16% dei nigeriani. Per queste ultime nazionalità, oltre due terzi dei riconoscimenti riguardano donne, che rappresentano il 29% dei rifugiati riconosciuti, contro il 4,5% degli uomini. Sempre più attiva nella risposta umanitaria è la Croce Rossa Italiana, che con il presidente Rosario Valastro ha ribadito: “Nessun essere umano è illegale. Lo diciamo da anni ormai guardando a tutte quelle persone che, quotidianamente, perdono la vita o sono oggetto di violenze o maltrattamenti proprio mentre muovono alla ricerca di un futuro migliore, di una vita dignitosa. (…) Aiutarle ad integrarsi, favorirne l’inclusione sociale e lavorativa, garantire loro un adeguato accesso all’assistenza sanitaria è il nostro primo pensiero”. L’Unhcr ha intanto rilanciato la campagna #WithRefugees, che proseguirà fino al 19 settembre. Obiettivo: raccontare le speranze dei rifugiati – avere una casa, lavorare, studiare – e raccogliere firme per una petizione che sarà presentata all’Assemblea Generale ONU per chiedere istruzione, alloggio e lavoro per ogni rifugiato. Un milione quelli già reinsediati in dieci anni, ma secondo il rapporto Projected Global Resettlement Needs, nel 2017 erano già 1,19 milioni quelli che necessitavano un reinsediamento: il 72% in più rispetto al 2014. Una necessità che resta drammaticamente attuale. (NoveColonneATG N:27 del 26 giugno 2025)

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