Le forze distruttrici del capitalismo occidentale, spinte dal complesso militare-industriale e dalla finanza senza scrupoli, puntano a regolare i grandi cambiamenti in atto nel mondo creando una situazione di instabilità e di conflitto diffuso, che quest’anno raggiungerà livelli ancora più atroci di quelli raggiunti fino ad oggi.

La fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta, decisa dagli Stati Uniti per limitare l’enorme debito pubblico estero accumulato nei confronti delle grandi potenze emergenti, in primo luogo la Cina, e l’avvio della cosiddetta politica del “friendshoring” impostata da Washington, mirano a creare barriere che non saranno solo commerciali, ma anche ideologiche, tra le diverse parti del mondo. Dall’altra parte i Paesi vincitori della globalizzazione, i cosiddetti BRICS, guidati da Pechino, allargano la propria influenza proponendo relazioni internazionali multipolari e puntano su quel libero mercato che li ha visti avvantaggiarsi a spese dei lavoratori, dei diritti sociali e dei Paesi meno sviluppati. Messi alle strette dalle imposizioni americane, questi ultimi stanno provando ad opporsi con tutti i mezzi a loro disposizione e a porsi come alternativa alla potenza statunitense, spingendo al massimo tutte le leve della globalizzazione e del capitalismo senza freni. La risposta americana a questa opposizione si sta chiaramente delineando nella creazione di una condizione di guerra e di crisi endemica, una sorta di nuova strategia della tensione globale. Il riemergere di fascismi e nazionalismi in tutto il mondo è parte integrante di questo schema e ha come obiettivo quello di spezzare legami tra i popoli e i vincoli di solidarietà tra lavoratori, indicando un nemico nel diverso, nel più svantaggiato, nello straniero e spingendo al massimo l’instabilità sociale e politica nelle aree di attrito. Tra queste aree di attrito c’è chiaramente l’Europa e con essa l’Italia. Mentre infatti l’Africa sarà terreno di scontro, diciamo, alla vecchia maniera, con guerre localizzate e conflitti civili innescati e fomentati dalle potenze dominanti per controllare le enormi risorse presenti nel continente, sulla pelle dell’Europa si giocherà una battaglia molto più subdola. A causa di una delle peggiori classi politiche della sua storia, l’Europa, che potrebbe essere la potenza economica più forte del pianeta, ha infatti minato l’intera infrastruttura che la teneva in piedi e rinnegato le proprie radici ideologiche. Decenni di politiche votate all’austerità hanno profondamente intaccato una parte del continente a livello economico e sociale e la Germania, cieca promotrice di questo ordoliberismo, è rimasta l’unica potenza trainante. Su di lei si è abbattuta quindi la scure americana, prima con sanzioni e limitazioni commerciali e poi con la guerra in Ucraina, che ha spezzato la principale fonte di approvvigionamento energetico della locomotiva tedesca. L’allontanamento della Germania dalla Russia e l’avvicinamento di quest’ultima alla Cina è il disastro politico della classe dirigente europea e tedesca, chiaramente asservita agli interessi del capitale americano. Insomma, la Germania e l’Europa stessa hanno contribuito a segare l’albero sul quale erano sedute con una politica economica miope e con scelte dannose di politica estera. Le prossime elezioni europee saranno dunque l’ultima spiaggia per cercare di invertire la rotta, ma la situazione è pessima e si profila una vittoria dei partiti di destra, che accelererà verso un piano ancora più conservatore, con meno diritti e più nazionalista. Ciò porterà l’Europa a diventare terra di conquista ancor più di quanto non lo sia oggi. Davanti a questo panorama la sorte dei lavoratori, delle classi socialmente svantaggiate, dei migranti, dei popoli più vulnerabili di tutto il mondo, è quella di diventare carne da macello sui luoghi di lavoro, nelle periferie degradate, sui campi di battaglia, tra le rovine delle città bombardate. A tutto questo bisogna dunque opporsi con ogni mezzo e senza tentennamenti, perché anche se lo scontro che si sta materializzando davanti ai nostri occhi è terribile e devastante, allo stesso tempo offre delle possibilità. I l conflitto mondiale vede infatti fronteggiarsi i mostri creati dal capitalismo, che ormai sono avvinghiati l’uno contro l’altro senza controllo sia su un piano internazionale, sia su un piano interno alle maggiori potenze economiche. Quest’ultimo piano si esprime in una crescente frizione, emersa già all’epoca della prima presidenza Trump, tra una parte del capitale oggi dominante – da quello finanziario a quello tecnologico, che ha in mano le redini degli stati – e un capitale soccombente di tipo novecentesco più legato alle produzioni tradizionali. Sia a livello internazionale, sia a livello interno, i mostri del capitalismo in lotta gli uni contro gli altri cercano di attirare dalla propria parte il consenso delle masse svantaggiate e dei lavoratori, perché nonostante decenni di smantellamento del potere popolare, quest’ultimo resta un tassello fondamentale per trionfare nella battaglia ideologica. È qui che per i lavoratori e per le forze progressiste si apre davvero quello spiraglio di opportunità nonostante la drammatica situazione in atto. Per sfruttare questo spiraglio occorre però una ferrea e inamovibile RESISTENZA al pensiero dominante capitalista e alla tempesta di propaganda che si sta abbattendo su tutti noi con l’obbiettivo di fomentare divisioni. Approfittando del conflitto in atto, che indebolirà le forze del capitale, l’obiettivo deve essere quello di immaginare una visione alternativa. “Organizzare il futuro”, parafrasando il titolo del nostro ultimo congresso, è possibile. Ma per farlo occorre rifiutare radicalmente le visioni di mondo, e le ideologie ad esse collegate, proposte e propugnate dalle forze del capitale, rilanciando invece un’idea di futuro incentrata sulla Pace, la Solidarietà, la Giustizia Sociale e la libertà di tutti i popoli e di tutti i lavoratori del mondo dal giogo imposto dal profitto.

Coordinamento FILEF ETS