10/09/2023 Vittorio Bocchi Read Time : 4 Minutes Aumentano i casi in cui si vedono giovani e meno giovani senza punti di riferimento, senza ubi consistam, in balia di falsi modelli educativi proposti dalla società, dai social. Occorre intervenire come educatori per salvaguardare la civitas, la comunità più che l’urbs, città nel senso stretto del termine.

I nostri giovani non hanno bisogno di eroi, ma di modelli costruttivi, che vivano sotto l’egida della legalità, della trasparenza, dell’etica, della dignità e del rispetto reciproco. Ricordare questi modelli è un obbligo morale. Questi non sono eroi, ma individui che compiono il proprio dovere, svolgendo il loro lavoro con onestà e impegno quotidiani e talora anche con sacrifici personali. Ed è stata suor Caterina, braccio destro di don Pino Puglisi, a Brancaccio, Palermo, a evidenziare che la definizione di «eroi» può indurre a errate visioni della realtà. Suor Carolina ha ribadito, nel corso di un incontro tenutosi a Rapallo il 13 agosto, organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Liguria, che don Puglisi – oggi beato – era guidato dall’amore verso Dio, verso i diseredati e operava sorretto da grande umiltà a piccoli passi, giorno dopo giorno. A Brancaccio, come ha ricordato suor Carolina, egli voleva risollevare l’infelice quartiere, allontanando i giovani dal malaffare, dalla disonestà e da tutto ciò che il male può compiere. Si impegnava a creare per bambini e abitanti del quartiere spazi di gioco, ma soprattutto di vera libertà, avulsa dalla corruzione, dall’avidità e dai falsi bisogni indotti dalla società capitalista.

Che cosa significa oggi portare avanti la memoria di don Pino Puglisi?

Al di là di incontri e meeting, è necessario passare dalle parole ai fatti, che dimostrino come ogni giorno, con sacrificio, dedizione e impegno si possano dare risposte ai bisogni concreti della gente e alle emergenze educative. Certamente, occorre lottare continuamente, anche se a volte ci si sente soli, ma la strada vincente è la sinergia tra tutte le istituzioni per costruire il bene comune. Non ci si può permettere da laici impegnati, da cittadini responsabili, di rimanere ancora dopo trent’anni nella palude stagnante e inoperosa. Anche i laici devono prendere posizione, non si può rimanere nella fascia grigia che non è bianca volta al bene né nera volta al male, ma all’inerzia e all’inoperosità. Anche l’indifferenza, il silenzio, l’essere ignavi può uccidere e far scivolare la società verso l’abisso. Dobbiamo offrire ai nostri giovani modelli concreti, non eroi, a cui difficilmente possiamo arrivare. È necessario andare avanti con coraggio nella risoluzione dei diversi problemi delle nostre città. I giovani vanno sostenuti per realizzare una società fondata sul rispetto delle regole e voglia di essere propositivi. Ma la prima agenzia educativa è la famiglia, per cui le stesse famiglie, caratterizzate da povertà educativa, devono essere sostenute dalle istituzioni per rispondere ai bisogni primari. Certamente, devono essere create delle opportunità formative e di lavoro che possano farle uscire dalle logiche strettamente assistenziali, accompagnandole concretamente all’autonomia. Oggi, far vivere la memoria di don Puglisi indelebile nei nostri cuori significa certo non fare soltanto seminari, congressi, ma significa concretizzare tutto quello in cui lui ha creduto. Tutto ciò ci sprona a continuare ancora la nostra battaglia umana e sociale per i diritti di tutte le persone considerate «ultime» della nostra società. Bisogna continuare a fare il proprio dovere con dedizione e impegno, mettendo al centro i bisogni dell’altro e non gli interessi individuali.

Laura Bisso