Roma - (Adnkronos/Ign) - "Se avessi responsabilità per ciò che è successo a Pompei avrei dato io per primo le dimissioni senza che nessuno che me lo chiedesse. Se invece vogliamo tutti far prevalere la serietà, l'obiettività e soprattutto la misura, allora io credo sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei, come del resto la situazione in cui versa l'intero patrimonio artistico del nostro Paese,

si trascinano da decenni senza che nessuno sia riuscito a risolverli definitivamente e a impostare una strategia efficace". Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, si difende dalle accuse nel corso dell'informativa nell'Aula della Camera dopo il crollo avvenuto sabato nel parco archeologico campano e definisce ingiusta la richiesta di sue dimissioni. "Vi sono stati negli ultimi anni altri crolli gravi quanto quello di sabato a Pompei - ci tiene a ricordare - se non più gravi in altre aree archeologiche italiane, quando vi erano al governo ministri anche della sinistra, ma a nessuno è venuto in mente di chiedere mai le loro dimissioni. Se nel mio caso valgono altri criteri ne prendo atto, chiedete pure le mie dimissioni, ma non sarebbe un atto politicamente e moralmente giusto. Non solo non merito un simile trattamento ma sarebbe a mio avviso un ulteriore segno di incattivimento della lotta politica in Italia". Per Bondi il crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei "non è colpa delle risorse scarse", ma del modo in cui tali risorse sono gestite e "purtroppo non si possono escludere altri crolli". ''A giudizio della sovrintendenza - riferisce - nessun elemento faceva presagire il crollo della Domus Gladiatori, anche se le forti piogge avevano causato qualche giorno prima un piccolo cedimento nel vicolo adiacente. Un sopralluogo tecnico effettuato venerdì 5 novembre non aveva segnalato pericoli visibili per la Schola Armaturarum''. "Sulla copertura in cemento armato - prosegue il ministro - era stato recentemente eseguito un lavoro di manutenzione per la impermeabilizzazione e pertanto si esclude che il danno sia da mettere in relazione alle infiltrazioni nel solaio che ne abbiano minato la tenuta. Allo stato dei primi accertamenti (ma c'è in corso un'indagine della magistratura e del ministero dei Beni culturali che ci diranno qualcosa di più) il crollo sarebbe imputabile alla pressione sviluppata sulle murature perimetrali dal terrapieno che si trova a ridosso della costruzione e che per effetto dell'abbondanza delle piogge di questi giorni doveva essere completamente imbevuto di acqua. Non si possono quindi escludere altri crolli sia per la dimensione dell'area archeologica di Pompei, sia perché vi sono altri edifici che si trovano a ridosso del terrapieno costituito dalle aree ancora da scavare e che rappresentano ancora un terzo dell'antica città di Pompei". Bondi ha poi annunciato che ''l'ufficio legislativo del ministero sta predisponendo le linee operative per la costituzione degli atti statutari di una fondazione per la gestione di Pompei". Nella replica il Pd con Walter Veltroni è tornato a chiedere le dimissioni del ministro. Ma ''se questo non avverrà, e sarebbe strano, dovremo prendere iniziative conseguenti per portare in Aula la sfiducia" ha avvertito il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini. "Il dibattito ha mostrato in modo incontestabile che quattro gruppi, la maggioranza numerica dell'Aula, hanno chiesto le dimissioni del ministro - ha spiegato Franceschini - Siamo in un sistema parlamentare, dove il governo e i ministri restano se hanno la maggioranza parlamentare''. Una richiesta respinta al mittente. "Non vedo perché dovrei dimettermi - ha replicato il ministro - Il dibattito è stato molto civile, non ho ascoltato richieste di dimissioni così perentorie, né da parte di Fli né da parte dell'Udc. Solo il Pd lo ha fatto''. In serata è intervenuto anche il segretario del Pd Pierluigi Bersani, "la maggioranza del Parlamento non e' di questo avviso e credo che farebbe bene un ministro dopo aver ascoltato quel che ha dovuto ascoltare in Parlamento a tirare le conseguenze". "Pompei ha fatto il giro del mondo e come dimostreremo domani in una conferenza stampa vi sono delle precise responsabilita' del ministro", conclude Bersani. I finiani non hanno chiesto a Bondi di dimettersi ''ma di assumersi le sue pesantissime responsabilità politiche'' secondo quanto dichiarato in Aula da Fabio Granata. "Un passo indietro? se c'è è ben accetto" ha poi però detto l'esponente di Fli ai cronisti alla Camera. Quanto alla mozione di sfiducia "quella è una questione successiva, ora noi abbiamo posto il problema in termini di assunzione di responsabilità". Il deputato di Futuro e libertà Enzo Raisi considera la mozione di sfiducia ipotizzata dal Pd un'idea ''un po' provocatoria''. ''Piuttosto - dice - mi sarei aspettato dal ministro Bondi una volontaria rimessa in discussione del proprio ruolo e successivamente sarebbe stato il premier a decidere se accettare o meno le dimissioni. Rimettere il mandato sarebbe stato sicuramente un gesto nobile". Sulla mozione Pier Ferdinando Casini fa sapere che l'Udc concerterà con gli altri gruppi parlamentari dell'opposizione e con Fli. "Ci sono problemi politici che si sommano a questioni specifiche. E' chiaro che la crisi va parlamentarizzata" osserva Casini, secondo il quale ''più Berlusconi si accanisce a non dimettersi, più ogni giorno ci saranno fatti che hanno ricadute parlamentari'' Sì alla sfiducia invece dall'Idv, ''ma prima si dovrà discutere della mozione nei confronti di Calderoli, che ha mentito al Parlamento a proposito dell'abolizione del reato di associazione militare con scopi politici, che ha permesso l'estinzione del processo di Verona a carico di 36 militanti leghisti" afferma il capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi. "Un fatto gravissimo - aggiunge - che prefigura responsabilità addirittura più gravi di quelle di Bondi. Con il sostegno del Pd la nostra mozione avrà le firme necessarie per sfiduciare l'artefice del lodo salva Lega''