di PASQUALE HAMEL (foto accanto) - “Quando Massimo d’Azeglio, uomo dallo sguardo lungo, ammoniva che fatta l’Italia, sarebbe stato necessario fare gli italiani, metteva a nudo un problema che, non essendo stato risolto in oltre centocinquant’anni dalla realizzazione dello stato unitario,

pesa drammaticamente sulla vita della nostra comunità. Quest’Italia, nel lontano 1861, si è infatti fatta Stato ma purtroppo non è poi diventata nazione, cioè una comunità di individui che condividono oltre ad uno stesso territorio, una stessa cultura e lavorano per un comune destino. Questo non essere nazione ha fatto si che lo stesso Stato ne risentisse, che venisse esposto alla precarietà: scosso dai particolarismi, frustrato dagli individualismi, facile preda di beceri populismi e demagogia. Parole forti, capaci di colpire la sensibilità dei singoli, hanno, per decenni, sostituito le opportune riflessioni, l’irrazionale ha oscurato il razionale. Nel secondo dopoguerra, poi, anche come reazione al regime fascista che aveva, a suo modo e per finalità non sempre condivisibili, tentato di dare una identità nazionale al Paese richiamando miti e grandeur indebitamente attribuiti alla storia degli italiani, proprio quell’idea di nazione era stata totalmente accantonata, quasi fosse incompatibile con l’idea di democrazia, ed il vuoto che si è venuto a creare è stato riempito dai partiti, all’idea di nazione è stato sostituito l’idea del partito della nazione. Un controsenso visto che il partito, come diceva Sturzo, è parte, cioè rappresenta non la totalità ma una porzione della società che è invece il tutto. E tuttavia, nonostante questo, l’idea di un partito della nazione, in questo caso la Democrazia cristiana che si contrapponeva al partito dell’anti-nazione, il partito comunista, aveva permesso in qualche maniera di sopperire a quella patologica mancanza. Tangentopoli e la caduta del muro di Berlino, la furia giustizialista e l’euforia per la fine di un regime che aveva trasformato l’utopia nel cimitero dei diritti umani, hanno però spazzato via anche questo flebile surrogato dell’idea di nazione. E’ prevalsa la giungla, l’antitesi alla mediazione fra interessi in nome di un obiettivo superiore, la iperpersonalizzazione agevolata dalle nuove tecnologie di comunicazione, la rottura della scala di valori, la sistematica demolizione delle certezze. Il risultato, una realtà in lotta, dove il concetto di solidarietà è bandito, in cui nessuno si sognerebbe di fare anche un passettino indietro in nome di un interesse superiore, in cui tutto è dovuto e nulla bisogna chiedere. Sovviene, proprio nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dalla morte di Mazzini, il richiamo a quella cultura dei doveri che deve necessariamente equilibrare la cultura dei diritti