Pubblicato il suo “Trent’anni in Emigrazione” Proponiamo ai lettori il nuovo saggio storico-biografico, uscito in questi giorni, dal titolo Trent’anni in Emigrazione, scritto da Mons. Francesco Paolo Azzara, curato da Salvatore Agueci e pubblicato dalle Edizioni ASLA di Palermo.

Il saggio è fatto precedere da una biografia preparata dal curatore e da un’accurata prefazione dell’On. Ferdinando Russo che ebbe modo di conoscere e apprezzare le qualità di questo instancabile sacerdote che tanto impulso diede all’Emigrazione siciliana nel mondo da essere considerato da tutti l’Apostolo degli Emigrati. Trascriviamo la Presentazione che è stata inserita nel libro, pubblicato allo scopo di far conoscere i primi trent’anni di attività nelle migrazioni di Mons. Azzara, perché sia apprezzato lo spirito e il dinamismo profetico di questo difensore di coloro che furono costretti ad allontanarsi dalla propria terra natìa alla ricerca di pane e benessere in terre lontane, obbligati a lasciare gli affetti più cari. «Nel pubblicare “Trent’anni in Emigrazione” ci atteniamo alla volontà espressa da Mons. Azzara che, nonostante l’abbia scritto nel 1999, proprio per celebrare i trent’anni di attività del CRASES, volle che non si pubblicasse in quella data ma dopo la sua morte, per evitare che i contenuti potessero toccare la suscettibilità di persone citate e svegliare “giudizi” sopiti da anni e messi a tacere pro bono pacis di tutti. Il nostro intento oggi, nel dare alle stampe l’opera, non è di toccare la sensibilità di alcuno (qualunque esso sia: persone, istituzioni, associazioni, patronati…) e accendere un fuoco che covava da anni, ma vogliamo essere rispettosi della verità, quella verità che è giustizia verso tutti (anche verso chi non c’è più) e pienezza di libertà. Certamente la pubblicazione di questo lavoro se sta avvenendo adesso, dopo che i vescovi della CESi hanno soppresso quest’anno (2011) il SeRES, a distanza di 39 anni dalla sua costituzione, del quale Organismo Mons. Azzara ne era stato il promotore e il conduttore instancabile, ha sollevato in non pochi cristiani e operatori sociali nel campo della mobilità umana, reazioni e malumori. Anche se dobbiamo dire, in nome della verità, che il declino del SeRES iniziò dal 1997, anno delle dimissioni da Direttore Regionale dello stesso Azzara. La pubblicazione denota che il lavoro svolto in tanti anni non è stato inutile e che ha avuto il merito di essere puntuale testimonianza della Chiesa nell’azione pastorale degli emigrati siciliani e nella soluzione ai numerosi loro problemi, mantenendo alta la bandiera della loro italianità e dell’essere e sentirsi cittadini del mondo. Abbiamo voluto essere fedeli al pensiero espresso di chi l’ha scritto, non solo rispettando il titolo e i contenuti, ma l’impostazione stessa che Mons. Azzara gli aveva dato, per questo non abbiamo modificato nulla e abbiamo mantenuto la scansione dei capitoli e i titoli stessi come lui li ha voluti. Tra i contenuti si possono trovare delle “malignità” e delle considerazioni, a volte, che possono sembrare pesanti, servono a fare un serio esame di coscienza davanti a Dio e alla comunità degli uomini, perché altri errori non si ripetano e stimolino piuttosto a lasciare insegnamenti che a censurare fatti e persone. L’opera è una puntuale e dettagliata storia dell’emigrazione siciliana, dagli anni ’60 in poi, fino alla morte di Mons. Azzara. Anche se parla in prevalenza del CRASES (perché, ripetiamo, era stata scritta per il suo trentennale) non può essere disgiunta dal SeRES; ambedue hanno camminato in tandem, non solo perché il presidente era unico, ma perché gli obiettivi erano simili (l’una, il CRASES, era sorta prima ed era nata con lo scopo più sociale che pastorale, formata da laici d’ispirazione cristiana, l’altro, il SeRES, era nato sotto l’egida dei vescovi siciliani e con uno spirito più pastorale che sociale ed era composto da presbiteri, designati a essere delegati diocesani per le migrazioni, e dai loro collaboratori). Ripercorrere, quindi, i passi dell’una significa sviscerare il lavoro portato avanti dall’altro, come facce della stessa medaglia, come aspetti complementari tra la promozione umana e l’evangelizzazione. L’opera, quindi, non è di saggistica né di narrativa; non di studio e di ricerche (diverso sarebbe stato se avessimo potuto avere libero accesso agli archivi dell’Assessorato Regionale al Lavoro e all’Emigrazione per prendere visione dei decreti di finanziamento, dei rendiconti, delle relazioni che li hanno accompagnati. Avremmo potuto così confrontare tutto con le contro relazioni che, per nostra larghissima conoscenza del mondo dell’emigrazione siciliana, avremmo ricevuto dai tanti nostri amici che vivono nel mondo), è solamente un libro di memorie, scritto per fermare nel tempo alcuni momenti storici che riguardano l’approccio ai problemi degli emigrati siciliani da parte della Sicilia e dalla Comunità siciliana e l’atteggiamento che verso di essi è stato successivamente tenuto. Questa fatica, ne siamo consapevoli, ci porrà, come mediatori, tra i nostri amici emigrati, che in essa vedranno la loro difesa e la nostra disponibilità a loro favore, e le “strutture” tutte che ci considerano come elemento destabilizzante dell’armonia che regna sovrana nella difesa dell’establishment che guida e regge il poco (o nulla) che si fa nel settore. Ma siamo, nello stesso tempo, consapevoli che nel silenzio omertoso delle istituzioni e degli operatori (le une e gli altri soddisfatti perché almeno qualcosa-bene si faccia) una voce di dissenso si levi ufficialmente, anche se è solamente una voce che grida invano nel deserto dell’appiattimento, per denunciare le storture e le inefficienze del sistema. Convinti come siamo che, se noi non avessimo parlato, avrebbero parlato anche le pietre. Affidiamo il nostro “Trent’anni in Emigrazione” alla benevola attenzione dei nostri amici emigrati perché ci facciano conoscere cosa pensano della nostra iniziativa; a essi facciamo l’augurio che, per l’avvenire, siano considerati in Sicilia, italiani a tutti gli effetti. Lo mettiamo anche in mano a tutti gli operatori della mobilità umana perché possa fare da stimolo nell’incrementare la loro azione a favore di chi è stato creato perché abbia il possesso della terra e possa trovare in essa equità da parte dei propri simili. A tutti chiediamo venia se i contenuti o le nostre parole possano avere offeso qualcuno, non ce ne vogliano: siamo molto lontani da quello che era il nostro intento, semmai, al contrario, volevamo suscitare attenzione e nuove proposte perché l’emigrato sia considerato Uomo ovunque. Prima di presentarvi il memoriale lo vogliamo far precedere da una biografia di Mons. Azzara: era doveroso che se ne stilasse una completa per farlo conoscere soprattutto a chi non ha avuto la fortuna di incontrarlo.»