FEBBRAIO ’92 Il pool di Milano guidava la crociata contro il potere politico. E’ cambiato forse qualcosa? La parabola meravigliosa che ha fatto star bene la classe politica, i cittadini, i commercianti

e gli industriali in quasi tutto l’arco istituzionale del secondo Novecento comincia lentamente a vacillare. Nei primi anni Novanta si percepisce nell’aria che la fase decrescente è in arrivo e sarà inarrestabile. È l’inevitabile percorso delle cose, come anche della vita: si inizia, si cresce, ci si espande e - prima o poi - si decade. Già con la scoperta della Loggia Massonica P2 - nei primi anni Ottanta – qualcosa sembrava aver destabilizzato la politica interna, un terremoto che Forlani non riesce a contenere. Tutto si aggiusta, o almeno sembra. Nel 1990 è il turno dello scandalo legato alla Gladio che getta nuove ombre sul sistema istituzionale, ma è soprattutto due anni dopo che avviene il collasso dell’intera classe politica della prima Repubblica. 

Nel febbraio del 1992, da una piccola scheggia milanese partita dall’istituto ospedaliero per anziani Pio Albergo Trivulzio, inizia l’intera operazione denominata “Mani Pulite”, nota anche come Tangentopoli. Mario Chiesa, Presidente di quella casa di cura viene colto in fragrante mentre riceve 7 milioni di lire dall’imprenditore Luca Magni, responsabile dell’impresa di pulizia vincitrice dell’appalto. Magni informa oltre alle Forze dell’ordine anche l’allora Pm Antonio di Pietro, e il 17 febbraio arriva l’arresto preventivo di Chiesa; importante dirigente del Partito socialista di Craxi. “Un mariuolo isolato” afferma Bettino, a voler intendere l’estraneità dei vertici del Partito. Non sarà così. Di lì a poco un vero e proprio domino nei due anni seguenti ricade su tutto il sistema politico italiano. Chiesa non ci sta e - sentitosi tradito - decide di vuotare il sacco. Il dirigente del “Pio Albergo” milanese, ormai abbandonato, attacca tutti, dal suo Partito di riferimento all’intera classe dirigenziale.

I potenti che siedono ai vertici isolano man mano i vari piccoli gregari e inizia un interminabile giro di accuse, controaccuse, vendette e infamie, che portano all’inesorabile teoria del: “muoia Sansone con tutti i filistei”.

L’equilibro durato decenni sembra ormai al collasso e comincia la caccia ai responsabili a suon di arresti e avvisi di garanzia. Democrazia cristiana, Partito liberale italiano, Socialdemocratici e soprattutto il Partito socialista nel mirino, spazzati via con sentenze e condanne, proprio durante la campagna elettorale. Quarant’anni di vita istituzionale del nostro Paese sotto la lente d’ingrandimento della Procura della Repubblica di Milano, guidata dal pool composto tra gli altri da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Ilda Boccassini e diretto da Francesco Saverio Borrelli.

Ad aprile dello stesso anno, in occasione dell’undicesima legislatura – l’ultima prima del crollo totale dei maggiori partiti – si presentano capi lista Arnaldo Forlani per la Dc, Bettino Craxi per il Psi e Achille Occhetto per il neonato Pds. Il leader socialista, sotto propaganda elettorale ed in pole position per Palazzo Chigi, va su tutte le furie accusando la Procura di Milano di strumentalizzare – con questo atteggiamento - la stagione pre-voto, tramite mandati, avvisi e citazioni notificati ad “orologeria” e proprio nei confronti dei principali partiti di Governo. Inizia uno storico botta e risposta a colpi di offese e insinuazioni tra Di Pietro e Craxi che apre una spaccatura tra poteri dello Stato senza precedenti. Qualcuno parla di resa dei conti tra l’apparato giudiziario e la politica, per troppe vicende che hanno contraddistinto la vita istituzionale del nostro Paese.

Quello “sporco affare” della corruzione apparso su tutti i canali televisivi mette a dura prova i vari gruppi parlamentari, nessuno escluso. I risultati di quella tornata, datata 5-6 Aprile 1992, sono chiari ed eloquenti: perdono tutti, dalla Dc dell’uscente Giulio Andreotti che scende per la prima volta sotto il 30%, al Psi, che riduce il consenso di un considerevole 1,2%. Il pentapartito rappresentato dal CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) raggiunge una debolissima maggioranza. Il malcontento e il dissapore dei cittadini per il malaffare uscito alla luce con Mani pulite da un lato fa vincere l’astensione, dall’altro fa emergere il nuovo movimento politico presente nel settentrione fondato da Umberto Bossi e chiamato Lega Nord.

Il 10% dei voti vanno alla compagine del carroccio, un buon risultato ottiene il Movimento Sociale Italiano, mentre deludente l’esito del Pds di Occhetto. Lo scenario appare subito chiaro, gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: quella politica - che tanto aveva costruito negli anni passati - è ormai in piena fase di declino. Gli italiani sanno ora finalmente su chi puntare il dito, il pool ha ottenuto un fantastico risultato mediatico, ma è solo l’inizio.

Tra il 1992 e il 1993, in un’Italia martoriata dalle stragi di Capaci e Via d’Amelio, alle prese con le nuove sofferte elezioni del Presidente della Repubblica che sanciranno Oscar Luigi Scalfaro, e con una delicatissima situazione di Governo nelle mani di Amato, sono tanti gli uomini che cadono sotto la scure di Borrelli e company.

Inutili i discorsi al Parlamento del “buon” Bettino, rivolti anche ai cittadini, come quello del 3 luglio 1992: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Ormai la macchina da guerra del tribunale della “Madonnina” è partita come un rullo compressore. I dati - a fine processo - della famosa inchiesta durata quasi otto anni appaiono impressionanti: dal dopo Chiesa il pool indaga oltre 3000 persone, ne rinvia a giudizio quasi 2500 ottenendo 600 condanne di cui un quarto con sentenza passata in giudicato. Un macigno cade su tutto e tutti. Tra avvisi, arresti e conseguenti dimissioni, sono diversi i nomi noti che finiscono sotto l’ascia degli inquirenti; Claudio Martelli, Ministro di Grazia e Giustizia, il deputato Sergio Moroni e Sisinio Zito per la questione conto protezione, e gli ex sindaci milanesi Carlo Tognoli e Sergio Pillitteri.     

Il nodo cruciale che mette al muro la politica dell’epoca è il finanziamento illecito, quello di cui parla Moroni nella sua missiva alla Camera prima del suicidio, denunciando l’intera faccenda come “il grande velo dell’ipocrisia”. Dulcis in fundo per i socialisti  - il 15 dicembre ’92 - è il turno anche del loro carismatico leader Bettino Craxi. Ce n’è per tutti. Vengono arrestati Epifanio Li Calzi, Sergio Soave, Massimo Ferlini del Pds, nonché Primo Greganti detto il Compagno G, l’ex cassiere del Pci Renato Pollini e l’ex tesoriere Pds Marcello Stefanini.  

Per i Repubblicani i problemi arrivano con l’avviso al Segretario Giorgio La Malfa - il 25 febbraio ’93 - e poche settimane dopo stessa sorte anche per il capo dei liberali; Renato Altissimo. Entrambi si dimettono dall’incarico. Sulla “balena bianca” – il partito più importante dell’era post bellica – già nel maggio del ’92 lo tsunami si abbatte sul suo segretario amministrativo e tesoriere, l’eclettico Severino Citaristi e su Carlo Bernini ex Ministro dei Trasporti. Accuse e contro accuse, decine di autorizzazioni a procedere del Parlamento e le confessioni “salva vita” si sprecano. Anche per gli imprenditori non va meglio; arrestato Giuseppe Garofano della Montedison, Sergio Cusani per la maxi tangente Enimont, Raul Gardini e l’ex presidente Eni Gabriele Cagliari. Quest’ultimi si suicidano nel mese di luglio del ’92, il primo nella sua casa milanese, il secondo a San Vittore. Scalpore anche per l’arresto del Presidente del Tribunale di Milano Diego Curto’, così come clamorose le ammissioni da parte di Altissimo, del socialdemocratico Vizzini e persino di Carlo De Benedetti. Le accuse predominanti per tutti sono corruzione, concussione, finanziamento illecito. Pare sia fisiologicamente inevitabile che dove ci sono molti denari ci sono anche tangenti, corruzione ed illecito. Un meccanismo perverso che è stato parte integrante del sistema Italia per quasi mezzo secolo.

Il potere giudiziario dichiara guerra agli altri poteri dello Stato e sono tanti i responsabili che il pool individua tra le aule parlamentari, nei consigli regionali e provinciali, così come nel mondo dell’imprenditoria, dell’industria e della finanza. C’è però un uomo in particolare che ne paga maggiormente le conseguenze e nell’immaginario collettivo lega per sempre il suo nome al periodo di Mani Pulite. Costui è il potente Bettino Craxi. L’immagine del lancio di monetine fuori del Raphael Hotel di Roma rappresenta, più di ogni altro, l’evento eclatante dell’intera vicenda, divenuto – suo malgrado – il manifesto per eccellenza di quell’Italia politica. 

Il popolo, dopo una breve parentesi con il governo Amato I e con Ciampi, torna ad elezione nel 1994 ma con tutt’altri scenari. I grandi partiti di una volta lasciano il passo alla Lega Nord, alla Rete, al nuovo centro sinistra dell’era moderna e al neonato movimento creato in pochi mesi, Forza Italia, gestito e guidato da un ricco imprenditore lombardo di nome Silvio Berlusconi.

“Roma ladrona” è lo spot di quegli anni. Tangenti, corruzione e marcio nelle Istituzioni. I cittadini vogliono cambiare, sono disinnamorati della politica e sembra sia necessario una ventata di rinnovamento. Vent’anni (e oltre) dopo la storia si ripete ancora: ne sono la riprova l’Expo 2015, il ritorno del “compagno G”, il Mose di Venezia, le spese facili e pazze di tutti i gruppi consiliari regionali e provinciali e una serie di vicende giudiziarie che hanno coinvolto la seconda Repubblica, quella che doveva fare pulizia. E ora - come all’epoca - si parla da un lato di disaffezione, astensione ed assenteismo, dall’altro di voglia di rinascere, di nuovi movimenti che possano dare un colpo di mano al sistema politico, di partiti costituiti da brava gente. Stesse parole sentite più di vent’anni fa, stessa illusione, e l’ipocrisia di cui parlavano Moroni e Craxi persiste ancora, con la differenza che lo stato economico del tessuto sociale del nostro Paese oggi è ben diverso; all’apice della miseria.

Il cerchio si chiude, ma su chi e su cosa? Ancora non è chiaro né chiarito. Il beneficio del dubbio, soprattutto dopo le ultime vicende di cronaca politica, per l’ennesima volta fatta di corruzione, è quanto mai legittimo. Onestamente sembra più una resa dei conti, soprattutto contro colui che è stato una vera e propria spina nel fianco di tutti. Nel mirino c’è il pentapartito, il CAF, ma nello specifico il Sig. Craxi, ritenuto il male supremo di quella classe politica.

Gardini, Cagliari, Moroni e molti altri ci lasciano la vita, e il leader socialista muore lontano dalla sua patria. Vennero cacciati e tacciati di ruberie, venne infangata un’intera classe politica dalla A alla Z e con una furia mediatica estremamente violenta. La collettività - nell’immediato - dimentica quanto quegli uomini siano stati anche dei veri statisti. Sempre tanto facile giudicare a priori. La vicenda Sigonella e il braccio di ferro tra Bettino e la Casa Bianca ne è la concreta riprova. Disse no, quel tipo di no che oggi non ci si permette di dire né ai tedeschi, né agli F35.

Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Bettino Craxi, Sandro Pertini ed Enrico Berlinguer erano politici veri, gente ormai perduta. Oggi quelle stesse persone che erano fuori del Raphael con la monetina in mano, probabilmente rimpiangono non solo questi nomi, ma l’intero sistema dell’epoca che, seppur corrotto era sicuramente produttivo. Di questa fabbrica chiamata Italia che lavorava a pieno ritmo ora vi rimangono soltanto canne fumarie spente; di quei magistrati all’epoca considerati paladini della giustizia ed eroi di un altro tempo restano uomini scesi in politica e successivamente coinvolti in molte vicende giudiziarie piuttosto discutibili. Chiesa, Pillitteri e Citaristi; e l’intero periodo della Prima Repubblica spazzato via come cenere al vento. E quanto di bello fatto?     

La vicenda dell’Mps senese non è da considerarsi meno rilevante rispetto al Banco di Calvi, i tesorieri Lusi, Bel Sito e company non si sono poi dimostrati degli angeli, il disastro dei rimborsi esagerati di tutti i Consigli regionali è alla pari se non peggiore dei finanziamenti illeciti o del conto protezione del PSI. Molti di quei signori che all’epoca erano considerati i “superman” della giustizia, dopo aver cavalcato l’onda del successo, sono oggi odiati altrettanto quanto quei “piduisti” di un tempo. Allora dov’è la giustizia? Cos’è rimasto di quel terremoto istituzionale e soprattutto a cosa ci ha portato? La storia non solo si ripete ma peggiora e fa capire con amarezza quanto sia stata profondamente dubbiosa - almeno negli intenti - quell’operazione tanto rivoluzionaria denominata Mani Pulite. Dai grandi applausi di quei giorni siamo passati - con il trascorrere del tempo - ai mugugni collettivi e soprattutto al grosso dilemma sulla buona fede di alcuni esponenti di quel pool. Nulla è cambiato, tutto è come prima… se non peggio!  - Mirko Crocoli  (Tratto da Prima Repubblica)