Roma - A un anno dalla presentazione del suo rapporto, Mario Draghi è tornato al Parlamento europeo il 16 settembre con un monito netto: “Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando. E non c’è un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”. L’ex presidente della Bce, ed ex presidente del Consiglio italiano,
ha ricordato che “un anno fa abbiamo discusso tre sfide: il modello di crescita dell’Europa era sotto pressione; le dipendenze minacciavano la sua resilienza; e senza una crescita più rapida, l’Europa non sarebbe stata in grado di realizzare le sue ambizioni climatiche, digitali e di sicurezza — per non parlare del finanziamento delle sue società che invecchiano. Nel corso dell’ultimo anno ciascuna di queste sfide è diventata più acuta”. Draghi ha sottolineato come “le fondamenta della crescita europea — l’espansione del commercio mondiale e le esportazioni ad alto valore aggiunto — si sono ulteriormente indebolite”, mentre “la nostra capacità di rispondere è limitata dalle dipendenze, anche quando il nostro peso economico è considerevole”. Il quadro finanziario, ha ammonito, si è aggravato: “La Bce ora stima che i requisiti annuali di investimento per il 2025-31 saranno di quasi 1.200 miliardi di euro, rispetto agli 800 miliardi di un anno fa. La quota pubblica è quasi raddoppiata, dal 24% al 43% — 510 miliardi di euro in più all’anno, poiché la difesa è finanziata principalmente con fondi pubblici”. Di fronte a questa realtà, Draghi ha criticato la lentezza europea: “I cittadini sono delusi da quanto lentamente l’Ue si muove. Ci vedono incapaci di eguagliare la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire — ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento”. E ha aggiunto: “Troppo spesso vengono trovate scuse per questa lentezza. Si dice che sia semplicemente il modo in cui è costruita l’Ue. A volte l’inerzia viene persino presentata come rispetto dello stato di diritto. Questa è compiacenza. Per continuare come al solito significa rassegnarsi a rimanere indietro”. La ricetta, secondo Draghi, richiede “nuova velocità, scala e intensità. Significa agire insieme, non frammentare gli sforzi. Significa concentrare le risorse dove l’impatto è maggiore. E significa ottenere risultati in mesi, non in anni”. Guardando al futuro, ha ribadito: “Per la sopravvivenza dell’Europa dobbiamo fare ciò che non è stato fatto prima e rifiutarci di essere trattenuti da limiti autoimposti”. E ha chiuso con un appello politico: “I cittadini europei chiedono che i loro leader alzino gli occhi dalle preoccupazioni quotidiane verso il loro destino comune europeo e colgano la portata della sfida. Solo l’unità di intenti e l’urgenza di risposta mostreranno che sono pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie”. (NoveColonneATG N. 39 del 18.09.2025)


