Scritto da Salvatore Bonura 3 Ottobre 2025 Arrivo a Santiago del Cile insieme all’onorevole Fabio Porta, un parlamentare del PD eletto nella circoscrizione dell’America meridionale, e a Salvadores Finocchiaro, responsabile dell’Usef in Sud America, per partecipare ad un’iniziativa sulla cittadinanza e sul turismo delle radici presso il Centro di Cultura Italiana; evento che coinvolge anche il sottoscritto come relatore. L’indomani, dopo aver fatto colazione in un bar accanto all’albergo,

mi metto in collegamento con alcuni amici che masticano un po’ di economia e che non sono quasi mai d’accordo su tante cose, conosciuti in occasione delle mie precedenti incursioni nel Paese più allungato del mondo: si estende per circa 4.300 chilometri. Una caratteristica, questa, che conferisce al Cile una notevole varietà di paesaggi, tra cui il deserto di Atacoma a Nord, la Cordigliera delle Ande lungo il confine orientale e le coste frastagliate e i fiordi della Patagonia al Sud. Ma, tornando ai miei due interlocutori, è importante sottolineare che, nel corso del nostro colloquio, entrambi mi abbiano confermato che l’economia del paese gode ottima salute, con un trend positivo dell’1,8 per cento, e l’inflazione attestata al 4 per cento, mentre nel 2024 era al 6 per cento. Inoltre tutti e due hanno insistito nel sottolineare che il Cile ha una notevole vocazione al commercio internazionale, portando a sostegno della loro tesi il fatto che il Paese ha sottoscritto oltre 30 trattati di libero scambio. Io rilevo quanto detto, ma faccio osservare che nonostante questi risultati positivi che lo collocano tra i paesi economicamente più liberi dell’America latina, il Cile resta uno dei paesi più iniqui al mondo: la ricchezza è concentrata nelle mani di poche grandi famiglie e i servizi essenziali per la popolazione, a partire da quelli della sanità e dell’istruzione, lasciano molto a desiderare. - Pubblicità - Su questo le valutazioni dei miei amici divergono: uno sostiene che la responsabilità risiede nelle politiche portate avanti prima dal governo di Michel Bachelet (ex presidente socialista del Cile dal 2006 al 2010 e dal 2014 al 2018) e poi da quello guidato dal socialista Gabriel Boric. Un governo, quello attuale, privo di una maggioranza parlamentare, costretto continuamente a scendere a compromessi e che per ridurre le diseguaglianze sociali ha cancellato le agevolazioni a favore delle imprese e imposto più tasse ai ricchi. L’altro amico, invece, ritiene che la responsabilità ricade sull’avidità dei detentori di grandi ricchezze che non intendono contribuire a ridurre le disuguaglianze che persistono tra le classi sociali. Nel pomeriggio, prima di recarmi all’istituto Italiano di cultura per l’incontro organizzato dall’Usef e dall’associazione Trinacria, insisto per vedere Pablo, un ricercatore di origine italiana impegnato nel settore dei sondaggi, conosciuto nel 2022 in un incontro organizzato allora nella sede di un patronato sui problemi delle pmi. Ho insistito di vederlo, nonostante i suoi impegni, perché non ho capito – e come me tanti altri soprattutto in Europa – i motivi che hanno portato il 60 per cento dei cileni a bocciare nel 2022 la proposta di una nuova Costituzione che avrebbe dovuto sostituire quella scritta sotto la dittatura di Pinochet. Non riuscivo a capacitarmi su questa questione, anzi mi sembrava assolutamente paradossale che una proposta scaturita sull’onda di una marea di proteste che nel 2019 avevano coinvolto milioni di persone, determinando anche una grande vittoria alle elezioni dello schieramento di sinistra e progressista e la maggioranza nella Assemblea costituente, potesse essere bocciata in maniera così netta. Dal lungo e un po’ contorto discorso fatto da Pablo mi sono convinto che le cause della bocciatura della modifica della Carta costituzionale siano riconducibili a diversi fattori:

• all’eredità del governo di destra che aveva lasciato una situazione economica particolarmente difficile, a cui il governo del presidente Boric non era riuscito, avendo avuto appena pochi mesi dal momento del suo insediamento (marzo) fino alla data delle elezioni (novembre), ad invertire la tendenza e a contribuire ad un risultato diverso;

• alle divisioni dentro lo schieramento progressista;

• alla non accettazione, di una parte consistente della popolazione, dei nuovi diritti introdotti dalla Carta, come il riconoscimento di genere e la nazionalità delle popolazioni indigene.

Ha pesato molto anche la mobilitazione della destra, che per non perdere i privilegi acquisiti durante l’era Pinochet ha schierato tutti i media e investito parecchi soldi. Prima e dopo il convegno sui temi della cittadinanza e del turismo delle radici, impreziosito dalla presenza dell’ambasciatore, del direttore del Centro Italiano di Cultura, e dei rappresentanti di altre associazioni di nostri connazionali, interpello l’onorevole Fabio Porta e il professore Davide Piacenti, un palermitano trasferitosi vent’anni fa in Cile per insegnare storia. Intervisto anche Luciano Valle Acevedo, storico dirigente del partito socialista cileno e politologo che durante la dittatura è stato in esilio in Svizzera e in Italia e Laura Iannicelli, una signora di origine calabrese che si occupa di consulenza alle imprese. Video interviste che potete vedere e ascoltare perché sono inserite nel corpo di questo reportage. L’onorevole Porta, oltre a ribadire le ragioni del suo dissenso sulla nuova normativa riguardante la cittadinanza – che a suo dire – contrasterebbe sia con l’azione portata avanti dalle associazioni dei nostri connazionali, volta a far capire che gli emigrati non sono un peso ma una risorsa, sia con il progetto strategico denominato Turismo delle Radici, ha sostenuto che la nuova normativa, con le restrizioni sullo Ius Sanguinis, sbatterebbe la porta in faccia agli stessi emigrati. Il parlamentare del PD ha anche illustrato un disegno di legge da lui presentato alla Camera dei deputati che attraverso un sistema di agevolazioni e incentivi risponde a tre problemi: lo spopolamento delle zone interne, l’esigenza di tanti figli e nipoti di nostri connazionali di avere un’opportunità di lavoro o di intraprendere nella terra di origine dei propri avi , il bisogno di mano d’opera qualificata di molte aziende italiane. Davide Piacenti, invece, si è soffermato su alcune delle cause che hanno bocciato la proposta di nuova costituzione, sullo scenario che può aprirsi dopo le elezioni del prossimo novembre e sulle condizioni dei nostri emigrati, che sarebbero 150 mila o 400 mila, se si includono gli italoargentini trapiantati in Cile. La sera prima della cena (consumata in uno dei ristoranti tipici di Santiago nelle cui pareti ,oltre a campeggiare le foto di Salvador Allende e Ghe Guevara, fanno bella mostra tantissimi quadri che raccontano lotte, tradizioni e cultura del Popolo cileno), intervisto il politologo Luciano Valle Acevedo che nel passato, oltre ad essere stato un autorevole dirigente del partito socialista cileno, è stato anche governatore di Valparaiso (una città portuale della costa cilena, nota per le ripide funicolari, per le case colorate e per la Sebastiana, l’ex residenza del grande poeta cileno Pablo Neruda, oggi trasformata in museo), e la dottoressa Laura Iannicelli, directora di una società di supporto e consulenza alle imprese. Poiché tanti sondaggi prevedono nelle prossime elezioni una vittoria della destra, a Luciano Valle Acevedo, chiedo se questo possa mettere a rischio la democrazia, chiedo anche i motivi della crisi della democrazia che si manifesta anche in Cile con un forte astensionismo e, se è vero che in una parte, seppure piccola della popolazione, ci sarebbe una certa nostalgia di Pinochet. Luciano Valle sostiene che anche se dovesse prevalere la destra ultra liberista la democrazia non corre alcun pericolo, mentre sull’astensionismo pensa che la causa risieda nel fatto che i partiti, anche quelli di sinistra, non hanno un progetto di nuova società e non ci sono differenze tra i partiti su come affrontare alcune questioni cruciali come la lotta al narco traffico e la sicurezza dei cittadini. Infine mi conferma che la ricchezza è concentrata nelle mani di una decina di famiglie e che ancora oggi l’8-10 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, prima però era il 50 per cento. La directora Iannicelli a una mia precisa domanda sulla condizione della donna, ha risposto che è certamente cambiata molto: ci sono più donne ai vertici della politica, delle istituzioni e delle imprese, ma pesa ancora una certa concezione patriarcale e persistono pure differenze nelle retribuzioni e negli avanzamento di carriera. Infine, a microfoni spenti, mi dice che nel Paese dei pinguini ( è definito così perché ospita diverse specie e colonie in tante località, tra cui la Riserva Naturale di Humbaldt, l’Isla La Magdalena nella Patagonia cilena e il Parco del Pinguino Reale ), è più facile fare impresa per i giovani, che la tassazione non è pesante e che è possibile essere contemporaneamente dipendente pubblico e/o privato e imprenditore, sia esso artigiano, esercente, agricoltore. L’ultimo giorno di permanenza a Santiago avevo deciso di rivisitare la Chascona, una delle tre abitazioni di Pablo Neruda – che definì il Cile ” il Paese inventato da un poeta – per rivedere il paesaggio cittadino dall’alto del colle di San Cristobal e il Museo della Memoria e dei diritti umani, purtroppo però una pioggia violenta durata oltre cinque ore mi ha costretto a rifugiarmi dentro il vecchio mercato del pesce. L’unica consolazione è stata quella, visitando il palazzo presidenziale della Moneda dove l’11 settembre del 1973 fu ucciso il presidente eletto in libere elezioni Salvador Allende, di notare che ancora oggi, a distanza di più di cinquant’anni, tantissimi cileni e moltissimi turisti si fanno ritrarre davanti alla grande statua a lui dedicata. (Hashtag sicilia)