DAL MALBEC ALLE PIAZZE IN RIVOLTA: LE CONTRADDIZIONI DI MENDOZA, CITTÀ SVILUPPATASI GRAZIE ANCHE ALLA COMUNITÀ DEI SICILIANI

Scritto da Salvatore Bonura - 30 Settembre 2025 A Mendoza (la patria del Malbec, un vitigno introdotto nel 1868 da un botanico francese, da cui si ricava un vino di colore rosso rubino intenso con un bouquet di prugne e ciliegie, che si abbina a carne rossa e formaggio stagionato), non c’è il traffico di Buenos Aires,

che nelle giornate di pioggia paralizza le arterie principali del grande centro urbano, e non si avverte neppure il clima di insicurezza che si vive nella megalopoli argentina. Tutto sembra scorrere tranquillo, ma sotto il pelo dell’acqua si percepisce il malcontento, la rabbia di chi ha subìto i colpi delle scelte del presidente Milei. Un assaggio significativo l’ho vissuto direttamente seguendo sia lo sciopero di parecchie centinaia di tassisti che hanno bloccato per alcune ore la zona attorno a Plaza Independencia, sia la manifestazione di pensionati, che ha visto insieme ex lavoratori degli istituti di credito, del mondo dell’informazione e della scuola, il cui trattamento pensionistico ha subìto una decurtazione intorno al cinquanta per cento o un congelamento dell’importo dell’assegno. La cosa che mi ha colpito nella manifestazione dei pensionati, svoltasi in piazza San Martin, è stata la presenza massiccia della polizia, disposta attorno a tutta la piazza come a voler incutere paura e a scoraggiare i potenziali partecipanti. Durante queste proteste ho intervistato alcuni dirigenti sindacali, nonché pensionati e tassisti, che potete vedere e ascoltare nelle videointerviste inserite all’interno dell’articolo. Alcuni amici che incontro in una festa annuale di ex bancari e famiglie mi parlano del diffuso malcontento delle classi medie, della condizione delle donne e della speranza che le prossime elezioni legislative di ottobre possano certificare il tramonto della “stella Milei”. Anche di questi contributi potete avere contezza con le video interviste inserite nel corpo dell’articolo. Prima di lasciare Mendoza e trasferirmi in Cile, Josè mi porta in giro per la città. Sostiamo prima per qualche minuto nei pressi di Piazza Italia, dove si può ammirare il monumento a Dante e la riproduzione della barca di Caronte, dopo ci spostiamo in piazza Spagna, dove spiccano le aiuole con gli zoccoli rivestiti di mattonelle di terracotta maiolicata in stile azulejos. Successivamente, dopo aver ammirato alcune delle ultime ville in stile inglese, che ancora non sono state abbattute per fare spazio a ville moderne o ad anonimi palazzoni, sostiamo un bel po’ al Parque General San Martin, da cui si erge il Cerro de la Gloria. In questo immenso spazio verde, progettato dall’architetto di fama mondiale Carlos Thays e dedicato al generale José Francisco de San Martin (il Libertador di Argentina, Cile e Perù che insieme a Simon Bolivar è considerato uno dei personaggi più rappresentativi della storia latina americana), ho ammirato i graziosi roseti, il lago artificiale, sbirciato gli ingressi del museo storico naturale, dello zoo e dell’Università del Cuyo. Poi, dopo aver mangiato una mezza luna e bevuto un caffè in uno dei tanti piccoli bar, siamo ritornati verso il centro. Facendo il percorso inverso, prima costeggiamo un orfanotrofio e un ospedale, costruiti – mi dice José – durante l’era Peron (generale e presidente dell’Argentina dal 1946 al 1955, quando fu rovesciato da un colpo di stato Militare. Rieletto alla stessa carica nel 1973, alla sua morte gli subentrò la terza moglie Isabel Martinez De Peron): edifici che adesso sono in stato di abbandono e in procinto di essere ceduti a qualche speculatore. Successivamente, a causa di una deviazione, passiamo da una delle ville miseria, il corrispettivo delle favelas brasiliane. La riconosco subito dalle casupole edificate mettendo insieme pezzi di muro impastati con terra cruda uniti ad assi di legno o lastre di lamiere rimediati tra le discariche o nei capannoni abbandonati. Dentro questa miriade di minuscole casupole prive di acqua, di rete fognante e di corrente elettrica, vivono migliaia di veri e propri paria. Conversando con José e con tanti altri interlocutori noto che quasi tutti mettono l’accento su cinque questioni:

1. l’aggravarsi della crisi economica, che si manifesta anche con la perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni,

2. l’eccessivo indebitamento della nazione,

3. i tagli alla spesa sociale, in particolare alla sanità e alla scuola,

4. la crescita delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà

5. la criminalità, che aumenta con il crescere delle condizioni di indigenza.

Ma il problema che assilla tutti è quello dell’eccessivo debito pubblico: tutti i miei interlocutori (dipendenti pubblici e privati, lavoratori dell’industria, dei servizi e dell’agricoltura, piccoli imprenditori, giovani e anziani) hanno stigmatizzato la missione (portata avanti proprio nei giorni della mia permanenza in Argentina) del presidente Milei in America per chiedere altri prestiti a Trump. Tutti, sostengono all’unisono, che così facendo si svendono i gioielli di famiglia e il paese nel suo complesso, con conseguenze devastanti sul futuro delle nuove generazioni. L’ultima tappa della mia permanenza in questa accogliente città del vino (sviluppatasi grazie all’intelligenza, al lavoro e ai sacrifici delle numerose comunità provenienti da tante regioni italiane, con in testa quella siciliana) è quella nei luoghi della movida, dove si riuniscono i giovani per divertirsi e fare baldoria. In molti affollano i numerosi locali dove si mangia e si beve, si balla, si ascolta musica, si guardano partite di calcio in televisione, senza interruzione di continuità, si chiacchiera animatamente. Nei tre locali dove mi sono recato c’è un clima allegro, quasi gioioso, velato però da un’aria di malinconia riconducibile forse all’incertezza del futuro. Mi congedo da Mendoza per trasferirmi a Santiago del Cile, con il rimpianto di non aver rivisto l’Aconcagua, la montagna più alta della Cordigliera e di tutto il Continente americano (6.962 metri), meta turistica di livello mondiale; e di non poter rivisitare una delle numerosissime cantine, dove oltre ad ammirare il processo di vinificazione, si possono degustare tantissimi vini e… uscire brilli, o comunque allegri! Con questi pensieri in mente arrivo a notte inoltrata, dopo aver sorvolato le Ande, a Santiago del Cile, dove ho già in programma parecchi incontri, anche con personalità che hanno ricoperto incarichi politici durante la presidenza del compianto Salvator Alliende. Ma di questo, e di tanto altro ancora, vi racconterò nel prossimo reportage. (Salvatore Bonura Hashtag sicilia)