Il reportage internazionale del nostro direttore di testata Salvatore Bonura, che ci racconta in prima persona (trovandosi in loco) la situazione attuale in Argentina

Scritto da Salvatore Bonura (foto accanto) - 24 Settembre 2025 A Buenos Aires mi accolgono “los apacho” vestiti di fiori di un rosa vivace e un cielo denso di nuvolaglia che annuncia pioggia.

La città è deserta, solo alcune Avenida brulicano di macchine e di qualche lavoratore che ritorna frettolosamente a casa. Passeggio per le strade e il mio amico Nunzio mi racconta che il giorno prima la città è stata invasa da decine di migliaia di persone: insegnanti e studenti che rifiutano i nuovi tagli alle Università e alla scuola e rivendicano l’istruzione per tutti; medici e personale sanitario che combattono contro i tagli alla sanità, ai reparti pediatrici e ai medicinali salvavita; e poi tanti, tanti pensionati che rifiutano di vivere con meno di duecento dollari al mese. Un’umanità composita e sofferente che ha gridato tutta la sua rabbia nelle principali grandi città dell’Argentina contro il governo Milei e le sue politiche ultraliberiste e le repressioni, spesso violente. Tutto questo lo apprendo anche dai resoconti delle agenzie giornalistiche, oltre che dal mio amico Nunzio, un siciliano giunto in Argentina da Butera ancora bambino, che tra alti e bassi continua a fare l’imprenditore nel campo dei trasporti. E’ ancora Nunzio a dirmi, mentre mi accompagna in albergo, che la città è molto meno sicura di prima, che la crescita della miseria ha fatto crescere la delinquenza anche nei quartieri del centro, che occorre stare attenti. La prova tangibile l’ho avuta davanti all’albergo: tre persone ci hanno avvicinato con fare minaccioso chiedendoci soldi, valige e automobile. Io, abituato a trattare sempre su ogni cosa, avevo accennato ad una trattativa, proponendo loro di accontentarsi di qualche decina di euro, ma per fortuna mentre mi scontravo con il loro rifiuto sono giunti in nostro soccorso Salvatore, un altro mio amico siciliano, e due portieri dell’albergo, di stazza particolarmente robusta, sicchè temendo di avere la peggio gli energumeni si sono allontanati. Nunzio, dopo avermi detto che l’albergo era lontano dal centro (ma vicino alla villa dove è prigioniera Cristina Kirchner, l’ex capo del governo, guardata giorno e notte da migliaia di seguaci), sapendo della mia abitudine a passeggiare anche da solo a qualsiasi ora del giorno e della notte, mi raccomanda vivamente di non provarci neppure. Anche perché – mi dice scherzando – “non puoi contare come Cristina su migliaia di persone che possono garantirti l’incolumità”. La notte feci fatica a prendere sonno perché il viaggio era stato lungo (oltre sedici ore) e molto disagevole, ma l’indomani mi svegliai comunque presto. Feci colazione con una abbondante macedonia di frutta fresca e un bicchiere di latte e uscii con Salvatore e sua figlia Violeta (una studentessa che mi raccontò della possente manifestazione del giorno prima a Rosario, oltre cinquantamila persone, alla quale aveva partecipato direttamente) per andare al sindacato “Luce e Forza” ad incontrare Pablo, un importante dirigente dei “trabayadores“. Pablito, così lo chiamano tutti, mi parla delle elezioni svoltesi qualche giorno prima che hanno sancito una sonora sconfitta da parte del partito del presidente Milei e della speranza che le prossime elezioni legislative di ottobre – che coinvolgeranno tutta l’Argentina – possano scrivere la parola fine alla triste esperienza del governo ultraliberista che sta squassando il paese. Si sofferma sulle condizioni particolarmente difficili nelle quali si dibattono i lavoratori, soprattutto quelli che non godono di nessuna tutela contrattuale e dei pensionati costretti a vivere con pensioni di fame (le minime sono sotto i 150 euro al mese) e che rimangono privati di tanti medicinali. Che sia un momento complicato per il governo di Javier Milei è confermato, oltre che dalla sconfitta elettorale, anche dalla bocciatura di due provvedimenti che il presidente riteneva essenziali per l’equilibrio fiscale e dai cori contro Karina, la sorella, accusata di corruzione (in tanti sostengono che pretende il 10% su tutti i lavori). I deputati le hanno affibbiato l’epiteto di “grande corrotta” e l’hanno accolta cantando in coro Guantanamera, la famosa canzone cubana. I segni della decadenza e della crisi che vive l’Argentina si manifestano attraverso: un calo significativo del turismo; con le centinaia di saracinesche abbassate anche nelle arterie più importanti del centro di Buenos Aires; con le centinaia di cartelli che propongono vendite e affitti di immobili anche nei quartieri del centro; con un vero e proprio esercito di persone che propongono il cambio di moneta; con ristoranti quasi vuoti, con la crescita della delinquenza; con una certa diffidenza dei mercati finanziari che pure avevano dato una certa credibilità a Milei. Parlando con piccoli imprenditori, sindacalisti, lavoratori, giovani, pensionati e uomini di cultura ho avuto l’impressione che la loro speranza sia legata all’esito delle prossime elezioni legislative di ottobre, per intenderci quelle che coinvolgeranno tutta la nazione. L’ultimo giorno del mio soggiorno a Buenos Aires, uno dei miei amici mi informa di una riunione del circolo del PD di Buenos Aires che si tiene nei locali del Partito socialista spagnolo, alla quale mi dice parteciperanno, oltre all’onorevole Fabio Porta, un parlamentare eletto nella circoscrizione del Sud America di origini calatine, anche gli onorevoli Chiara Braga, capogruppo del PD alla Camera dei deputati e Peppe Provenzano, già vice segretario del medesimo partito e attualmente responsabile del dipartimento Affari esteri. Nonostante il cielo minacci vento e pioggia decido di andare; mi messaggio con Alfredo, Salvatore, Maria Rosa e Nunzio (che si offre di venirmi a prendere alle 15.00 in albergo con la sua macchina) e concordiamo di vederci alla riunione del PD. Scendo nella hall dell’albergo, prima dell’ora concordata, mi affaccio sulla strada per saggiare le intenzioni del tempo e incrocio casualmente Marisa Costantino, la vice console onorario di uno dei tantissimi comuni della città di Buenos Aires, una signora di origini vizzinesi che avevo conosciuto nel mio ultimo soggiorno in Argentina. Mi dice che anche lei è diretta alla sede dei socialisti spagnoli perché ha l’esigenza di confrontarsi su alcune questioni legate al voto all’estero con l’onorevole Fabio Porta. Giunto nella sede della riunione, in attesa dell’arrivo dei parlamentari del PD, converso con una signora di origini emiliane che insegna all’università della capitale argentina, che mi parla di alcune opere dello scrittore Giuseppe Bonaviri e di Sebastiano Addamo, l’autore delle opere: “Giudizio della sera”, “La Metafora dietro di noi”, ecc… Prima della riunione intervisto gli onorevoli Braga e Provenzano ai quali chiedo: il motivo della loro presenza in Argentina; una valutazione sulle politiche del governo Milei e sui riflessi che hanno anche nei confronti dei nostri connazionali; le analogie (se ci sono) con le politiche del presidente Giorgia Meloni; nonché quali sono le idee forza della sinistra e del mondo progressista per contrastare le politiche delle forze populiste e ultraliberiste. Interviste che potete ascoltare integralmente. Poiché il giorno dopo devo alzarmi alle quattro e mezza del mattino per prendere il primo aereo per Mendoza decido di rinunciare all’acquisto dei soliti regali e ritorno in albergo, anche perché sta per scatenarsi sulla città un temporale che si annuncia particolarmente intenso. Prima di prendere sonno guardo una miriade di canali televisivi che, oltre a trasmettere partite di calcio, propongono quasi tutte a un ritmo incessante l’immagine del presidente Milei che annuncia, da solo o attorniato dai suoi collaboratori, la “remontada”. Arrivo a Mendoza dopo un volo di due ore. Nella città dove non piove mai (al massimo una o due volte l’anno, ma in modo assolutamente violento), popolata da centinaia di migliaia di alberi, quanti o forse più degli abitanti, attraversata da un sistema di raccolta e di distribuzione delle acque tramite una vastissima rete di canali che si dirama per tutta la città; il cielo annuncia pioggia, nonostante oggi sia arrivata la primavera. Quando scendo dall’aereo un freddo gelido mi ricorda che siamo ai piedi della Cordigliera delle Ande. Nella città del vino, i cui abitanti vivono prevalentemente con i frutti di un’agricoltura moderna, in cui prevale la coltivazione della vite, la vita sembra scorrere tranquilla, sicura. Anche a Mendoza però i segni della crisi sono evidenti: saracinesche di attività economiche definitivamente chiuse, ristoranti e punti di ristoro quasi deserti, arredamenti urbani in stato di abbandono, insicurezza sociale, proteste spontanee e diffuse contro le politiche del governo Milei. Di tutto questo mi parla Josè Luciano Pannocchia, un funzionario di banca di origine italiana (arrivato in Argentina nel 1956 quando era ancora nella pancia della madre), sia alcuni siciliani e un paio di spagnoli che ho incontrato in una partecipatissima iniziativa dell’USEF (Unione Siciliana Emigrati e Famiglie). Josè, che sprizza orgoglio per la sua terra di origine, dopo avermi raccontato del suo unico viaggio fatto in Italia in compagnia della figlia Giulia per realizzare il sogno dei genitori che non riuscirono mai a rivedere i luoghi dove erano nati, mi parla di alcune iniziative del sindacato dei bancari. In particolare mi racconta delle iniziative sociali del sindacato dei bancari, tra le quali una mensa che prima apriva un giorno la settimana e assisteva qualche decina di bisognosi, adesso, invece, apre due volte e dá da mangiare a oltre 350 persone a turno. Mentre sto per congedarmi da José vengo assalito dal suono di centinaia di clacson di tassisti che protestano contro la concorrenza spietata di Uber e delle analoghe piattaforme che operando senza nessuna regolamentazione dicono i tassisti -“li stanno strozzando”. Ma di tutto questo, di una manifestación di pensionati, delle queje e di tanto altro ancora, sempre in riferimento alla situazione argentina, vi parlerò in seguito prima di trasferirmi in Cile.